Da una dispensa distribuita a una classe liceale
Nel canto IX del Purgatorio vediamo Dante e Virgilio varcare la porta del secondo regno. A guardia di essa vi sta un angelo splendente (vv. 79-81).
Questo spirito porta in mano la spada (vv. 82-84), simbolo della divina giustizia e della Parola di Dio, e sta in cima a tre gradini (vv. 93-102, che significano i tre momenti del sacramento della Confessione – la contrizione del cuore, la confessione orale, la soddisfazione con le opere – così come li descrive san Tommaso d’Aquino (Summa Theologiae, III, q. 90, a. 2): ), cui l’Alighieri attinge spesso e volentieri come discepolo da maestro.
L’angelo si trova all’apice dei gradini e distribuisce equamente la penitenza da fare a ciascuna delle anime purganti che gli si presentano dinnanzi. I suoi piedi poggiano su una lastra di diamante (vv. 103-105). Questa pietra preziosa richiama la fermezza, come abbiamo in Ezechiele 3, 9: “Ut adamantem et ut silicem dedi faciem tuam: ne timeas eos, neque metuas a facie eorum” (Come diamante, più dura della selce ho reso la tua fronte. Non li temere, non impaurirti davanti a loro). Vi è però anche un richiamo velato alla fermezza dell’apostolo Pietro cui fu detto: “Tu es Petrus, et super hanc petram ædificabo Ecclesiam meam, et portæ inferi non prævalebunt adversus eam” (Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa). Questo passo si rivelerà ben più importante di quello di Ezechiele, come si vedrà in seguito.
Virgilio dice a Dante di prostrarsi per chiedere all’angelo di aprire porta: “che ‘l serrame scioglia” (v. 108). Si noti l’uso del verbo sciogliere, molto importante per l’insegnamento sacro su cui è costruito il testo. Esso infatti richiama quelle parole che Gesù rivolge a san Pietro in San Matteo 16, 19: “Et quodcumque ligaveris super terram, erit ligatum et in cælis: et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in cælis” (E tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli). “Le parole sciogliere e legare presso i rabbini e i dottori Giudei contemporanei di Gesù Cristo, avevano il senso di permettere, dichiarar lecito, e di proibire, dichiarare illecito” ed afferiscono alla sfera dei peccati e della loro remissione.
Il pellegrino esegue quanto ordinatogli dalla sua guida: chiede perdono dei peccati, riceve l’iscrizione di sette P sulla fronte e l’invito a purificarsi (vv. 109-114).
A questo punto il poeta ritorna a descrivere lo spirito beato (vv. 115-117). Esso ha un abito del colore della cenere, simbolo patente di penitenza e due chiavi.
Si tratta delle chiavi di cui in San Matteo 16, 19 leggiamo che Gesù Cristo fece promessa di collazione a san Pietro: “Et tibi dabo claves regni cælorum” (A te darò le chiavi del regno dei cielii).
Queste Chiavi indicano il supremo potere di giurisdizione su tutta la Chiesa affidato da Cristo solamente a Pietro e, nella persona di Pietro, ai suoi successori, i Romani Pontefici. Il fatto che questo potere di legare e sciogliere in virtù delle Chiavi, cioè “il diritto e l’autorità di governare la Chiesa, e la più ampia potestà legislativa e giudiziaria, non che il potere di infiggere pene ecc., la facoltà di rimettere o ritenere i peccati anche più gravi”, così propria del Pietro (e dei suoi successori), che precisa l’angelo: “Da Pier le tegno” (v. 127).
Egli esercita il potere della Chiavi in dipendenza da Pietro perché da lui l’ha ricevuto. Perché solo a Pietro l’ha ricevuto. Nel Vangelo infatti anche agli Apostoli vien dato questo potere di legare e sciogliere (vedi San Matteo 18, 18), ma dopo Pietro e in subordine a lui, cui solo fu conferito il primato di giurisdizione.
Così in questo canto “penitenziale” il Poeta esprime alcune verità fondamentali della fede cattolica:
il primato di Pietro e dei suoi successori, i Romani Pontefici;
l’affidamento da parte di Cristo di questo potere di giurisdizione al solo Pietro e ai suoi successori nella Sede Romana;
la comunicazione di questo stesso potere ai vescovi e agli altri ministri sacri sempre e solo attraverso il Romano Pontefice;
la necessità del possesso del potere di giurisdizione per poter confessare validamente.
Giuliano Zoroddu
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Immagine: Raffaello, Volto di Dante, particolare del Parnaso, 1511, Stanza della Segnatura, Palazzo Apostolico Vaticano (fonte ilgiornaledellarte.com)