Il 29 giugno 1868 Pio IX indisse un concilio ecumenico da celebrarsi in Vaticano a partire dall’8 dicembre 1869. La sacra assise nella mente di Pio IX voleva anche essere un’occasione per attuare il ritorno alla comunione con la Sede Apostolica e all’unità della Chiesa Cattolica di tutti coloro che si professavano in qualche modo cristiani. Così l’8 settembre 1868 il Pontefice si rivolgeva anzitutto “a tutti i Vescovi delle Chiese di Rito orientale non in comunione con la Sede Apostolica” la lettera “Arcano divinae“, a cui fece seguito, il 13 dello stesso mese, la lettera “Iam vos omes” rivolta ai Protestanti. Ripercorriamo queste vicende, attingendo alla Storia del Concilio ecumenico Vaticano scritta su documenti originali di Eugenio Cecconi, prima canonico poi arcivescovo della Metropolitana Fiorentina.
«Nell’adunanza stessa in cui si parlò la prima volta dell’invito agli Orientali, fu studiato con pari amore il modo di richiamare al cattolicismo i Protestanti. Costoro han perduto la trasmissione del sacerdozio, ossia della potestà d’Ordine, a differenza degli scismatici di rito orientale, presso i quali la sacerdotal successione si conserva. Non poteasi, dunque, tenere la stessa condotta a riguardo d’entrambi. Mancando i primi di veri Vescovi e di preti, non sono agli occhi della Chiesa cattolica che puri laici. Ad essi, perciò, fu stabilito che sarebbe diretto un atto pontificio per invitarli, con paterno affetto, a tornare in seno della Chiesa cattolica nell’occasione del Concilio ecumenico. Siffatte deliberazioni riportarono, come quelle relative agli Orientali, il pieno gradimento del Santo Padre, il quale, nell’udienza del 23 marzo 1868, accennò al suo divisamento di non omettere per mezzo dei Prelati cattolici qualche conveniente pratica ancora coi Protestanti. Quindi il 18 maggio successivo, incaricò il cardinal Prefetto di Propaganda di scrivere a monsignor Enrico Edoardo Manning, arcivescovo di Westminster, affinché si adoperasse presso gli Anglicani di più gran conto per renderli favorevoli alla santa proposta … Il 19 luglio dell’anno 1868 la Congregazione approvò i vari articoli che servir doveano alla redazione della lettera. L’incarico di prepararli era stato affidato ai Cardinali nominati di sopra. Non pertanto il Sommo Pontefice, prima di apporre la sua firma al Documento da essi redatto e dalla Commissione centrale pienamente approvato, volle avere l’autorevole avviso di monsignor Manning, cui il continuo contatto coi Protestanti poneva in grado di conoscere meglio che altri i loro gusti e le loro tendenze. Quindi il cardinal Patrizi, per ordine del Santo Padre, inviò al detto Prelato una copia a stampa della lettera proposta. Questi non tardò a rispondere; lodandola molto per il modo ond’essa era stata concepita e scritta. La data appostavi dal Santo Padre fu quella della domenica fra l’ottava della Natività di Maria, che è il giorno sacro al santissimo Nome di lei e in quell’anno cadeva il 13 settembre. Già era stabilito che tale atto pontificio verrebbe dopo la lettera agli Orientali, per evitare che questi ultimi si credessero dalla Chiesa Romana posti alla pari coi Protestanti» [1].
Ecco il testo della paterna lettera di Pio IX [2]
A tutti i Protestanti e agli altri acattolici.
Il Papa Pio IX.
Tutti voi sarete senz’altro a conoscenza che Noi, innalzati, pur senza alcun merito, a questa Cattedra di Pietro e posti quindi a capo del supremo governo e della cura dell’intera Chiesa Cattolica dallo stesso Signore Nostro Gesù Cristo, abbiamo ritenuto opportuno convocare presso di Noi i Venerabili Fratelli Vescovi di tutto il mondo e di riunirli, nel prossimo anno, in Concilio Ecumenico, per approntare, con gli stessi Venerabili Fratelli chiamati a condividere la Nostra sollecitudine pastorale, quei provvedimenti che risulteranno più idonei e più incisivi sia a dissipare le tenebre di tanti pestiferi errori che ovunque, con sommo danno delle anime, ogni giorno più si affermano e trionfano, sia a dare sempre più consistenza e a diffondere nei popoli cristiani, affidati alla Nostra vigilanza, il regno della vera fede, della giustizia e dell’autentica pace di Dio.
Riponendo piena fiducia nello strettissimo e amabilissimo patto di unione che in modo mirabile lega a Noi e a questa Sede gli stessi Venerabili Fratelli, come testimoniano le inequivocabili prove di fedeltà, di amore e di ossequio verso di Noi e verso questa Nostra Sede, che mai tralasciarono di offrire nel corso di tutto il Nostro Supremo Pontificato, nutriamo la speranza che, come avvenne nei secoli scorsi per gli altri Concili Generali, così, nel presente secolo, il Concilio Ecumenico da Noi convocato possa produrre, con il favore della grazia divina, frutti copiosi e lietissimi per la maggior gloria di Dio e per la salvezza eterna degli uomini.
Sostenuti dunque da questa speranza, sollecitati e spinti dalla carità di Nostro Signore Gesù Cristo, che offrì la sua vita per la salvezza di tutto il genere umano, non possiamo lasciarci sfuggire l’occasione del futuro Concilio senza rivolgere le Nostre paterne e Apostoliche parole anche a tutti coloro che, quantunque riconoscano lo stesso Gesù Cristo come Redentore e si vantino del nome di cristiani, non professano tuttavia la vera fede di Cristo e non seguono la comunione della Chiesa cattolica. Così facendo, Ci proponiamo con ogni zelo e carità di ammonirli, di esortarli e di pregarli perché considerino seriamente e riflettano se la via da essi seguita sia quella indicata dallo stesso Cristo Signore: quella che conduce alla vita eterna.
Nessuno potrà sicuramente mettere in dubbio e negare che lo stesso Gesù Cristo, al fine di applicare a tutte le umane generazioni i frutti della sua redenzione, abbia edificato qui in terra, sopra Pietro, l’unica Chiesa, che è una, santa, cattolica e apostolica e che a lei abbia conferito il potere necessario per conservare integro ed inviolato il deposito della fede; per tramandare la stessa fede a tutti i popoli, a tutte le genti e a tutte le nazioni; per tradurre ad unità nel suo mistico corpo, tramite il battesimo, tutti gli uomini con il proposito di conservare in essi, e di perfezionare, quella nuova vita di grazia senza la quale nessuno può meritare e conseguire la vita eterna; perché la stessa Chiesa, che costituisce il suo mistico corpo, potesse persistere e prosperare nella sua propria natura stabile ed indefettibile fino alla fine dei secoli, e offrire a tutti i suoi figli gli strumenti della salvezza.
Chiunque poi fissi la propria attenzione e rifletta sulla situazione in cui versano le varie società religiose, in discordia fra loro e separate dalla Chiesa cattolica, la quale, senza interruzione, dal tempo di Cristo Signore e dei suoi Apostoli, per mezzo dei legittimi suoi sacri Pastori ha sempre esercitato, ed esercita tuttora, il divino potere a lei conferito dallo stesso Signore, dovrà facilmente convincersi che in nessuna di quelle società, e neppure nel loro insieme, possa essere ravvisata in alcun modo quell’unica e cattolica Chiesa che Cristo Signore edificò, costituì e volle che esistesse. Né si potrà mai dire che siano membra e parte di quella Chiesa fino a quando resteranno visibilmente separate dall’unità cattolica. Ne consegue che tali società, mancando di quella viva autorità, stabilita da Dio, che ammaestra gli uomini nelle cose della fede e nella disciplina dei costumi, li indirizza e li governa in tutto ciò che concerne la salvezza eterna, mutano continuamente nelle loro dottrine senza che la mobilità e l’instabilità trovino una fine. Ognuno può quindi facilmente comprendere e rendersi pienamente conto che ciò è assolutamente in contrasto con la Chiesa istituita da Cristo Signore, nella quale la verità deve restare sempre stabile e mai soggetta a qualsiasi mutamento, come un deposito a lei affidato da custodire perfettamente integro: a questo scopo, ha ricevuto la promessa della presenza e dell’aiuto dello Spirito Santo in perpetuo. Nessuno poi ignora che da questi dissidi nelle dottrine e nelle opinioni derivano divisioni sociali, traggono origine innumerevoli comunioni e sette che sempre più si diffondono con gravi danni per la società cristiana e civile.
Pertanto, chi riconosce la religione come fondamento della società umana, dovrà prendere atto e confessare quale grande violenza abbiano esercitato sulla società civile la discrepanza dei principi e la divisione delle società religiose in lotta fra loro, e con quanta forza il rifiuto dell’autorità voluta da Dio per governare le convinzioni dell’intelletto umano e per indirizzare le azioni degli uomini, tanto nella vita privata che in quella sociale, abbia suscitato, promosso ed alimentato i lacrimevoli sconvolgimenti delle cose e dei tempi che agitano e affliggono in modo compassionevole quasi tutti i popoli.
È per questo motivo che quanti non condividono “la comunione e la verità della Chiesa Cattolica” [S. Agostino, Epist. 61, 223] debbono approfittare dell’occasione del Concilio, per mezzo del quale la Chiesa Cattolica, che accoglieva nel suo seno i loro Antenati, propone un’ulteriore dimostrazione di profonda unità e di incrollabile forza vitale; prestando orecchio alle esigenze del loro cuore, essi debbono impegnarsi per uscire da uno stato che non garantisce loro la sicurezza della salvezza. Non smettano di innalzare al Signore misericordioso fervidissime preghiere perché abbatta il muro della divisione, dissipi la caligine degli errori e li riconduca in seno alla santa Madre Chiesa, dove i loro Antenati trovarono salutari pascoli di vita; dove, in modo esclusivo, si conserva e si trasmette integra la dottrina di Gesù Cristo e si dispensano i misteri della grazia celeste.
È dunque in forza del doveroso Nostro supremo ministero Apostolico, a Noi affidato dallo stesso Cristo Signore, che, dovendo espletare con sommo impegno tutte le mansioni del buon pastore e seguire ed abbracciare con paterno amore tutti gli uomini del mondo, inviamo questa Nostra Lettera a tutti i cristiani da Noi separati, con la quale li esortiamo caldamente e li scongiuriamo con insistenza ad affrettarsi a ritornare nell’unico ovile di Cristo; desideriamo infatti dal più profondo del cuore la loro salvezza in Cristo Gesù, e temiamo di doverne rendere conto un giorno a Lui, Nostro Giudice, se, per quanto Ci è possibile, non avremo loro additato e preparato la via per raggiungere l’eterna salvezza. In ogni Nostra preghiera e supplica, con rendimento di grazie, giorno e notte non tralasciamo mai di chiedere per loro, con umile insistenza, all’eterno Pastore delle anime l’abbondanza dei beni e delle grazie celesti. E poiché, se pure immeritevolmente, adempiamo sulla terra all’ufficio di Suo vicario, con tutto il cuore attendiamo a braccia aperte il ritorno dei figli erranti alla Chiesa cattolica, per accoglierli con infinita amorevolezza nella casa del Padre celeste e per poterli arricchire con i Suoi tesori inesauribili. Proprio da questo desideratissimo ritorno alla verità e alla comunione con la Chiesa cattolica dipende non solo la salvezza di ciascuno di loro, ma soprattutto anche quella di tutta la società cristiana: il mondo intero infatti non può godere della vera pace se non si fa un solo ovile e un solo pastore.
Generalmente i protestatati risposero alle paterne lettere con ostilità o con con indifferenza. La protesta della adunanza di Worms ci dà un assaggio delle idee del protestantesimo germanico.
«Noi protestanti, riuniti oggi in Worms, rispettando pienamente i diritti di coscienza de’ nostri confratelli cristiani cattolici, coi quali vogliamo vivere in pace; ma nel tempo stesso intimamente convinti delle benedizioni religiose, morali, politiche e sociali prodotte dalla Riforma, di cui ci gloriamo altamente; ci sentiamo spinti per debito di coscienza a protestare in modo pubblico e solenne contro la pretensione contenuta nelle così dette Lettere apostoliche del 13 settembre 1868, di rientrare, cioè, nella comunione. della Chiesa romano-cattolica. Sempre e di buon grado disposti a riunirci co’nostri confratelli cristiani cattolici sulle basi del puro Vangelo, protestiamo oggi, non meno energicamente di quello che fecero trecentocinquant’anni fa, Lutero a Worms e i nostri padri a Spira, contro ogni tutela gerarchica e sacerdotale, contro ogni coazione di mente ed ogni oppressione di coscienza, segnatamente contro i principii sovversivi dello Stato e ripugnanti alla civiltà, espressi nell’ enciclica papale dell’8 dicembre 1864 e nell’ annessovi Sillabo» [3].
[1] E. Cecconi, Storia del Concilio ecumenico Vaticano scritta su documenti originali, parte I, Antecedenti del Concilio, Vol. 1, Roma, Tipografia Vaticana, 1872, pp. 133-134.
[2] vatican.va
[3] E. Cecconi, Storia del Concilio ecumenico Vaticano scritta su documenti originali, parte I, Antecedenti del Concilio, Vol. 2, Sezione Prima – Narrazione, Roma, Tipografia Vaticana, 1879, p. 255.
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