Volentieri offriamo ai lettori questo prezioso estratto del vol. X della Storia universale della Chiesa: Le guerre di religione, le controversie dottrinali, le grandi missioni. Si tratta di un curioso esempio storico di apostolato, ben lontano da ogni ecumenismo indifferentista.
[…] I maggiori ostacoli per i missionari erano la divisione delle caste indiane, il divieto alle classi superiori di comunicare con le inferiori, il disprezzo verso i paria e verso gli Europei. I primi predicatori francescani e gesuiti non ne avevano fatto conto e per la più parte non avevano convertito che gente dell’infima classe.
Il P. Gonsalvo Fernandez predicava al popolo di Madura quasi senza frutto. Questa circostanza, del cristianesimo venuto in disprezzo ai grandi, fece nascere un nuovo disegno. Il gesuita Roberto Nobili, nato da una ragguardevole famiglia di Roma, era giunto nel 1606 col provinciale del Malabar, Alberto Laerzio, nel regno di Madura sulla costa di Coromandel. Or egli a fine d’impedire che Cristo non fosse tenuto dai grandi come il Dio solamente dei paria e stimando che si dovesse cominciare con una efficace conversione delle classi più alte, di consenso del vescovo di Cranganor si accostò ai bramini, prese a portarne l’abito e a tenere in tutto il loro modo di vita, astenendosi anche dai pesci.
Egli imparò il sanscrito e la lingua tamulica; praticava le più rigide penitenze dei saniassi, ovvero sanias (astinenti, nasirei), disputava coi bramini, e si conformava alle loro idee con lo scansare il commercio dei paria. Valendosi poi di un’opinione dominante che vi fossero state nell’India quattro vie di verità e una fosse andata perduta, egli affermava di essere venuto appunto per mostrare questa via smarrita, che era la più sicura.
L’opportunità del suo metodo fu confermata dall’esito: già nel 1609 il Nobili aveva guadagnato in Madura un settanta bramini. Ma egli procedeva con somme cautele: ai segni particolari di distinzione scambiò significato; alle vecchie frasi usate per i dogmi cristiani ne sostituì delle più eleganti; fece strettissima proibizione di portar cenere e altri simboli d’idolatria. Ben presto il Nobili si vide intorno schiere di convertiti. Ma il suo metodo commosse a scandalo i francescani, e anche alcuni gesuiti. Gregorio XV però nel 1621 si dichiarò favorevole; ed esso anche poi fu seguito come l’unico idoneo per giungere al fine. Il P. Nobili morì il 16 gennaio 1656.
A lui successe Giovanni de Britto, figlio di un viceré dell’India, nato nel 1647 a Lisbona. Egli battezzò molte migliaia di pagani, fu più volte perseguitato e posto ai tormenti; infine per vendetta di una donna messo a morte il 4 febbraio 1673 (il 18 maggio 1852 fu beatificato da Pio IX).
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Immagine: Select specimen from various Hindu castes, 1874