Nel corso del suo viaggio in Mongolia, Francesco ha citato un passo del celebre gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955). Teilhard, evoluzionista e panteista per esplicita professione, rappresenta l’incarnazione perfetta del modernista, così come lo descrive san Pio X nella Pascendi: “Quanto poi all’immanenza, non è agevole determinare ciò che per essa intendano i modernisti; giacché diverse sono fra essi le opinioni. Altri la pongono in ciò, che Dio operante sia intimamente presente nell’uomo, più che non sia l’uomo a sé stesso; il che, sanamente inteso, non può riprendersi. Altri pretendono che l’azione divina sia una coll’azione della natura, come di causa prima con quella di causa seconda; e ciò distruggerebbe l’ordine soprannaturale. Altri per ultimo la spiegano in modo da dar sospetto di un senso panteistico; il che, a dir vero, è più coerente col rimanente delle loro dottrine”. Per via del suo panteismo le opere del padre Teilhard furono condannate dal Sant’Offizio con un monitum del 30 giugno 1962 in quanto contenenti “ambiguità ed anche errori tanto gravi, che offendono la dottrina cattolica”. Ma è una particolarità bergogliana questa menzione ricorrente di un gesuita che diceva di sé stesso: “Io sono innanzi tutto ed essenzialmente un panteista nato!”? Per niente e lo dimostra un documento del Pontificio Consiglio per la Cultura del 2017 relativo alla richiesta fatta dallo stesso perché fosse ritirato il monitum del 1962. Come al solito si manifesta quella continuità fra Bergoglio e i suoi predecessori fino a Paolo VI, che è la continuità del Vaticano II e dell’errore modernista.

Il Monitum è stato semplicemente superato dalla realtà, perché le nostre conoscenze odierne sull’origine dell’uomo e sulla Bibbia sono andate oltre le polemiche che stanno alla base del Monitum. Basti pensare, per esempio, all’intervento di Giovanni Paolo II alla Pontificia Accademia della Scienze nel 1996, nel quale egli dichiarava che «oggi […] nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione una mera ipotesi». Oppure si pensi alla “complessificazione” di cui parlava Teilhard, divenuta oggi un dato acquisito dalla biologia.
È chiaro che il tentativo di interpretazione filosofico-teologica proposto da Teilhard appare alquanto difettoso in alcuni punti, e che l’imprecisione del suo linguaggio non sempre aiuta a una sua corretta comprensione, come hanno riconosciuto alcuni grandi teologi e ammiratori della sua opera – basti citare il Card. Henri de Lubac, teologo, confratello ed estimatore di Teilhard nell’opera Il pensiero religioso del P. Teilhard de Chardin. Ma ciò che rimane valido è il tentativo di cercare una visione unificata, di integrare il dato scientifico e quello biblico, la materia e lo spirito, non come la giustapposizione di elementi estrinseci, ma come parte di un unico progetto. È, però, importante in questa prospettiva conservare la distinzione tra i diversi approcci della scienza e della teologia.
Il Magistero, inoltre, ha accolto sempre più, sia pure in maniera indiretta, elementi della visione teilhardiana. Il pensiero del P. Teilhard, ad esempio, ebbe un influsso determinante nell’impianto della Costituzione conciliare Gaudium et spes, né sono mancati espliciti rimandi alla sua visione da parte di J. Ratzinger (Theologische Prinzipienlehre), Paolo VI, Benedetto XVI (Omelia nella Celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Aosta, 24 luglio 2009) e ultimamente Francesco (Enciclica Laudato Si’, nota 53), che hanno citato pubblicamente il pensiero di Teilhard.
Significativo è stato Paolo VI che, pochi anni dopo il Monitum, parlava di Teilhard come di «uno scienziato che aveva saputo, scrutando la materia, trovare lo spirito, e che aveva dato una spiegazione dell’universo capace di rivelare in esso la presenza di Dio, la traccia di un Principio Intelligente e Creatore» (cfr. Allocuzione, 24.2.1966, Insegnamenti , IV [1966], 992-993).
Da molto tempo Teilhard è letto e studiato, senza gli eccessi di entusiasmi a suo favore oppure contro le sue tesi, ma con uno spirito più critico e sereno, che permette di valutarne appieno la portata, l’originalità e anche le criticità.
Dal punto di vista delle azioni simboliche, la cancellazione del Monitum sarebbe un gesto eloquente di incoraggiamento al dialogo mutuo tra scienza e fede.

TESTO COMPLETO


San Pio X condanna l’ecologismo panteista bergoliano


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