Pier Luigi Piras, autore per le Edizioni Radio Spada di Corsica: battaglie e solitudini, ci invia in esclusiva questo interessante articolo su ciò che sta accadendo in Corsica.


di Pier Luigi Piras

“Sotto a chi tocca!”, “A qui le tour?”. Sembrerebbe questa la battuta tagliente più di moda da una decina di giorni circa in Francia. Sarcasmo amaro e paura per le possibili conseguenze sul piano della tenuta del sistema statuale, commisti alla consapevolezza di quanta faciloneria ci sia nelle boutades degli uomini politici più in vista, avvezzi alla promessa esplosiva specie se il prossimo turno elettorale non è poi così lontano. Ma la battuta potrebbe seriamente avere un senso di realtà pesante: a quale dipartimento toccherà in sorte, dopo la Corsica, di ricevere dal vertice delle istituzioni repubblicane una assunzione d’impegno così roboante? Sono di certo tante le collectivités connotate culturalmente in maniera forte dentro e fuori il tracciato fisico-politico dell’Héxagone (la parte continentale della Francia metropolitana).

Secondo il racconto di Esiodo, Pandora, prima bellissima donna affetta dal piccolo difetto della mortalità, secondo la tradizione mitologica greca, essendo donna ed essendo mortale si fece sopraffare dalla curiosità, contravvenendo alla volontà di Zeus e non resistette alla tentazione, aprendo quello scrigno così interessante che anziché contenere buon grano celava tutti i “mali” del mondo, i quali, simili a un fiume in piena, fuoriuscirono con virulenza e invasero la dimensione umana, impossessandosene. Lo scoperchiamento del pithos voluto da Emmanuel Macron, con la sua visita ufficiale sull’Isola di fine settembre (dal 27 al 29, con le tappe di Ajaccio, Bastia e Bonifacio), mostra come molti o troppi nodi ininscioglibili siano da tempo venuti al pettine. Il Presidente, infatti, ha a bell’apposta rotti gli indugi, armato di tracotante, spavalda provocatorietà di sarkosyana memoria, promettendo ai còrsi la tanto agognata “autonomia”, annunciando una conseguente importante modifica nel dettato costituzionale, in nome della innegabile specificità regionale. Più o meno, come si promettesse, da parte di uno scaltro venditore di fumo, a un inguaribile egotista il dono dell’immortalità. Col pericolo di innescare nell’animo dell’individuo dalla psicologia piegata al culto narcisistico di sé una reazione a catena poi incontrollabile, con ogni probabilità molto violenta. Il male dei mali dello Stato nazionale francese, goffamente nascosto per secoli, al punto da riuscire a farlo passare, specie col mezzo della propaganda, come il bene dei beni, è il suo essere composto nell’intimo da una molteplicità di popoli diversi nella profondità delle loro vicende storiche, popoli talvolta inassimilabili gli uni agli altri, nonostante la decisa azione centripeta d’origine massonico-illuminista, napoleonica, della amministrazione parigina. La “giacobinizzazione” è il processo con cui è stato reso possibile un tentativo politico a tutta prima irrealizzabile: con l’imposizione di un potente apparato istituzionale innervato di ideologia si è riusciti, dal ricco centro della Capitale, negli ultimi 234 anni, a tenere insieme una disparata congerie di territori e di genti, applicando dappertutto le stesse leggi basate sugli stessi valori. Una applicazione che, naturalmente, non in modo sistematico ha sortito l’effetto della assimilazione incondizionata dei princìpi sottesi.

Non per nulla, a poche ore dal colpo (se tale può essere considerato) messo a segno da Gilles Siméoni, le président de l’exécutif de Corse, il bretone Loïg Chesnais-Girard, alla guida del corrispondente Consiglio esecutivo della sua “regione”, ha sùbito avanzata la relativa richiesta con le dovute forme istituzionali, intervenendo a Saint-Malo, dove si svolgeva il Congrès des Régions, cercando con decisione di far valere le sue ragioni e prendendo in contropiede una disarmata Élisabeth Borne, primo ministro in carica dal maggio 2022. “On ne peut avoir des élus avec plus d’autonomie d’action en Corse, et maintenir les autres dans un centralisme inefficace et d’un autre âge”, ha commentato Chesnais-Girard. Come Christine Tasin ha rilevato, nell’editoriale di Résistance Républicaine del 3 ottobre, occorrerebbe chiedersi fino a che punto il Presidente possa essere oggi consapevole di avere azionato, con la sortita ajaccina, una serie di ingranaggi che potrebbero portare al disfacimento della grande macchina dello Stato? E nel caso fosse effettivamente consapevole, almeno in parte, che tipo di sentimento potrebbe albergare nel suo animo? Forse di gioia malcelata?

Il passaggio centrale dell’intervento di Macron, durato poco più di mezz’ora, dallo scranno principale nell’emiciclo della Assemblea di Corsica di Aiacciu, la mattina di venerdì 28 settembre 2023, mentre fuori una lunga estate calda cercava di rendersi infinita, denota chiaramente una sorta di gioco delle tre carte: “Ayons l’audace de bâtir une autonomie a la Corse dans la République. Cette autonomie doit être le moyen pour construire ensemble l’avenir, sans désengagement de l’Etat. Ce ne sera pas une autonomie contre l’Etat, ni une autonomie sans l’Etat. Mais une autonomie pour la Corse et dans la République”. Il tutto e il niente in poche righe. Ciò dopo una introduzione mirata al ricordo della improvvisata resistenza sull’Isola contro il nazionalsocialismo tedesco, a ottant’anni da quegli avvenimenti che chiusero la stagione delle guerre mondiali: una astuta captatio benevolentiae, “per rendere omaggio allo slancio irresistibile della Corsica verso la Repubblica”. In estrema sintesi: se si dà autonomia deve esserci necessariamente lo Stato. Lo stesso Stato che c’era prima e che sempre dovrà rimanere. Solo forse un po’ incipriato.

È lo Stato repubblicano che concede e dosa, dal centro, il grado ben definito di autonomia alle comunità locali.  Una autonomia, perciò, tutta da inventare, vista l’impostazione genetica con cui la République venne concepita, con tutte le difficoltà del caso, come ha intitolato l’immagine in copertina, ritraente un impettito Presidente al centro fra Gilles Siméoni e Marie-Antoinette Maupertuis, Corse Matin nell’edizione del 29 settembre. Siméoni ha quindi dichiarato a freddo: “(…) un des critères essentiels d’une  véritable autonomie, c’est la compétence législative sans laquelle il ne saurait y avoir, pour nous, de point d’équilibre” (Intervista di Jean Marc Raffaelli, “Corse: La véritable autonomie, c’est le pouvoir législatif”, La Tribune, 10 ottobre 2023).

Da inventare sarà quindi la sostanza e la forma dell’articolo da inserire in Costituzione, in cui si dovrà designare la specificità della comunità còrsa. Una solenne promessa, pronunciata con tono aulico e carezzevole, con pause studiate da primo recitante, molto difficile però da realizzare, data la salda ossatura centralistica dell’impianto con cui lo Stato è costruito in Francia; una previsione di criticità e difficoltà messa prontamente in luce dai maggiori quotidiani europei. Una coccola riservata alla schiera dei nazionalisti che ambirebbero alla separazione politica, ma che, sfrontatamente, sono rimasti in gran numero seduti all’ingresso in aula dell’illustre ospite continentale. “En l’absence de toute possibilité d’échanges et de prise de parole, les élus de l’Assemblée de Corse sont convoqués dans leur propre hemicycle, ce matin, afin d’assister au rang de simples spectateurs à un discours du Président de la République française”, aveva annunciato con chiarezza l’associazione Corsica Libera, la mattina del 28 settembre.

Les élus corses et le gouvernement ont six mois pour parvenir à un accord”: o si quaglia adesso o salta il tavolo apparecchiato, per il tramite del ministro dell’Interno Gérald Darmanin, già all’indomani della tragica scomparsa di Yvan Colonna, nel marzo 2022, nella struttura del carcere di Arles.

Ma tutto il processo resta in sé disperatamente complicato, con un grado altissimo di distanza dei presupposti, incomunicabilità e conflittualità. Non ci si intende sui fondamentali. Ci si avvita sui fraintendimenti. Non si vuole considerare il fatto per cui una autonomia così, sebbene concessa con estrema magnanimità, comunque fatta scendere dall’alto, non potrà placare gli animi e le snervanti tensioni che li tormentano. Anzi, potrebbe venire presa come un grave insulto, per quelli che sono i valori della Tradizione locale. Perché con ogni probabilità l’autonomia non è la soluzione, per tanti soggetti coinvolti. Fra l’8 e il 9 ottobre, infatti, come tutta risposta, réponse cinglante,  alla visita di Manu (come viene soprannominato con irriverenza il Presidente), allo scoccare delle 23:00, sui litorali còrsi si è rivissuta una scintillante Nuit Bleue: in ben sedici diverse località, da Lecci a Ghjsunaccia, da Lucciana a Brandu, da Santa Riparata di Balagna a Villanova Alata, da Bastelicaccia a Vighjaneddu, il redivivo Fronte di Liberazione Nazionale della Corsica (FLNC), vocato irrimediabilmente alla clandestinità, ha rivendicato una impressionante serie di attentati (più di venti) contro abitazioni singole di proprietà di cittadini “continentali”, quasi sempre seconde case per le vacanze. Fatte tutte letteralmente saltare per aria, con generose dosi di esplosivo. Nessuna persona è rimasta ferita ma i danni materiali sono ingenti. Fra gli edifici presi di mira, unica eccezione rispetto alle villette di un certo prestigio, anche un vecchio ufficio delle imposte da tempo in disuso. Nel volantino di rivendicazione si legge: “Nous n’avons pas de destin commun avec la France. Revendiquons la série d’actions de la nuit du 08 au 09 octobre 2023. A Francia Fora! A populu fattu bisognu à marchjà. A raggione hè a nostra forza”.

Non pochi, fra cui anche i “poveri” legittimi proprietari costretti a rovistare ora fra le macerie, hanno quindi pensato che Macron avrebbe fatto meglio a starsene tranquillo nella sua residenza parigina. Come minimo, una quota importante dell’opinione pubblica sensibile alla “questione còrsa” ha interpretato il discorso di Emmanuel Macron decisamente non all’altezza delle aspettative, come fra gli altri anche Paul-Félix Benedetti, membro di Core in Fronte, ha sottolineato.

Ciò che si rischia è, ancora una volta, una recrudescenza degli atti dimostrativi realizzati con metodiche violente. Il governo pone sul piatto una ipotesi di autonomia ma tanti sull’isola sognano la piena libertà che coinciderebbe con l’indipendenza. Nessuno può però ritenere possibile che il centro del potere politico parigino possa ammettere come legittima l’affermazione dell’istanza indipendentista, per cui si dovrebbe rinunciare a un territorio strategicamente fondamentale e alle sue acque circostanti. La logica è quella di una battaglia contro il sistema di colonizzazione culturale attuato attraverso le metodiche della lenta quanto inesorabile trasformazione del paesaggio, fisico e simbolico, in senso brutalmente turistico: laddove, il sottinteso, da parte dei separatisti isolani, è quello di voler urlare la propria rabbia per essere costretti ancora a subire l’espropriazione della terra, quantunque pagata a prezzi salati dagli investitori venuti dal continente. L’esercizio del potere politico da parte degli organi dello Stato centrale, pur potendo efficacemente realizzare col tempo un legame di dipendenza economica con i còrsi, non è riuscito a conquistarli e assoggettarli in maniera totalizzante, a causa delle profonde, incolmabili differenze storico-culturali, imperniate sul sentimento di Fede nel caso degli isolani: per questa ragione, a cominciare dall’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, con il famigerato rapporto dell’Hudson Institute, prese avvìo il profondo processo di cambiamento che avrebbe dovuto trasformare l’Isola selvaggia abitata da pastori coriacei e resistenti in un insieme di luoghi ameni aperti all’invasione dei viaggiatori per diletto, dodici mesi all’anno. L’unico modo considerato praticabile per cercare di “civilizzare” un popolo, rendendolo mansueto e adattabile alle forme giuridiche della République.

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Immagine: FLNC militants during firearms training, 24 June 2018, Mighty.GermanyCC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons.