Un amico sacerdote ci ha inviato una preziosa meditazione dei misteri gaudiosi del Rosario che volentieri condividiamo con voi lettori, cogliendo l’occasione per ribadire l’importanza irrinunciabile della devozione mariana per il cattolico. Le Edizioni Radio Spada per facilitare e arricchire questo cammino verso la Madre di Dio, e quindi verso Dio stesso, hanno pubblicato diversi volumi, tra cui l’utilissimo Libro d’Oro di Maria Santissima – Il trattato della vera devozione alla Santa VergineLe Glorie di Maria, una Nota su Maria Corredentrice e le principali devozioni mariane per salvare noi stessi e il nostro prossimo.


“Ora parliamo di […] misteri che sono chiamati gloriosi. Cosa possiamo trovare più urgente per staccarci dalla vita e farci sospirare dopo il Cielo? In questi misteri, Gesù Cristo ci appare senza soffrire e impossessandosi di una felicità infinita che si è guadagnato per tutti noi. […] Vedete la Vergine Santa, che il suo divin Figlio viene a cercare con tutta la corte celeste… Possiamo trovare qualcosa che possa portarci meglio a Dio? (San Curato d’Ars)


Primo mistero glorioso: La risurrezione di Nostro Signore


È risorto come aveva detto! (Mt 28,6)


DALLA MORTE DI GESÙ ALLA SUA RISURREZIONE
Dopo la morte di Nostro Signore, gli Apostoli furono completamente scoraggiati. Sono sopraffatti dal rimorso e paralizzati dalla paura di essere arrestati a loro volta. Le sante donne sono profondamente rattristate da ciò che hanno visto e udito. Aspettano fino alla fine del sabato per rendere il loro ultimo omaggio a Nostro Signore. I nemici di Nostro Signore, d’altra parte, pensano di aver finito con il cosiddetto re dei Giudei. Sono soddisfatti e sperano di riguadagnare l’influenza che avevano perso tra la gente.

L’ANGELO DELLA RESURREZIONE
La mattina di Pasqua, mentre i soldati romani erano al sepolcro, “ci fu un grande terremoto; poiché un angelo del Signore discese dal cielo e, avvicinandosi, rovesciò la pietra e vi si sedette sopra. Il suo volto era come un fulmine e i suoi vestiti come neve. A causa sua, le guardie furono terrorizzate e divennero come morte» (Mt 28,2-4).
Nostro Signore è già risorto quando appare l’angelo, ed è inviato proprio per mostrare il sepolcro vuoto. La posizione seduta dell’angelo mostra l’atteggiamento di un conquistatore che calpesta i suoi nemici sconfitti. Il suo volto ricorda Gesù stesso nel giorno della Trasfigurazione. Il fulmine evoca il cielo e la neve, la terra. L’angelo viene ad annunciare l’unione trovata tra cielo e terra. Così il duplice aspetto esteriore del suo volto e della sua veste esprime su di noi l’effetto della risurrezione di nostro Signore, cioè la nostra riconciliazione con Dio. Alla vista dell’angelo, i soldati sono in preda a un panico irresistibile. Sono terrorizzati e si ritrovano sdraiati a terra, senza potere, o almeno senza osare alzarsi.

L’ARRIVO DELLE SANTE DONNE
Pochi istanti dopo, Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salomè, che era andata di sabato sera a comprare le erbe per imbalsamare Gesù (Mc 16,l), arrivarono al sepolcro. Sono partiti la mattina presto. L’amore non si trascina. Non aspetta che gli venga chiesto di agire. Indovina i bisogni della persona amata e si affretta a provvedere a loro. Ecco perché tornano alla tomba con le mani cariche di profumi. Questi profumi sono l’immagine delle loro virtù. Lungo la strada, “si dicono: ‘Chi prenderà la pietra dalla parte anteriore dell’ingresso del sepolcro?’ (Mc 16,3).
Maria Maddalena arriva per prima. Vede la pietra rovesciata e la tomba vuota. Cos’è successo? Il suo primo riflesso è quello di andare alla ricerca di San Pietro. Corre da lui e da quell’altro discepolo che Gesù amava. Ella disse loro: «Hanno tolto il Signore dal sepolcro e noi non sappiamo dove l’hanno posto» (Gv 20,1-3).
Tuttavia, le altre donne arrivano a turno, quando sorge il sole. Guardano e vedono anche il blocco di roccia, che è enorme, rotolato indietro. Entrati nel sepolcro, non trovano il corpo di Gesù. Sono costernati (Lc 24,2-4), o piuttosto perplessi (secondo il testo greco).
Ma all’improvviso due uomini apparvero accanto a loro, vestiti con abiti splendenti. Spaventati, piegano la fronte verso terra. “Per te”, disse l’angelo seduto alla destra, “non temere! So che state cercando Gesù di Nazaret che fu crocifisso. Perché cercate in mezzo ai morti colui che è vivo? Egli non è qui, ma è risorto come ha detto. Venite a vedere il luogo in cui è stato depositato. Ricordate come ve ne parlò quando era in Galilea: “Il Figlio dell’uomo deve essere consegnato nelle mani dei peccatori, crocifisso e risorgere il terzo giorno”. Ed ora andate senza indugio ad insegnare ai suoi discepoli e a Pietro che è risorto. Egli sarà davanti a voi in Galilea. Lì lo vedrete, come lui stesso vi ha detto. Questo è il messaggio che dovevo trasmettervi» (Mt 28,5-8; Mc 16,67; 24, 5-8).
Qui appare il contrasto tra l’effetto prodotto dagli angeli sui soldati e sulle donne sante. Mentre i soldati sono spaventati dagli angeli, le sante donne sono invece rassicurate da loro: “Per te, non temere”. Gli stessi spiriti angelici producono effetti opposti sulle anime! Questo è ciò che accadrà alla fine dei tempi. Nel Giorno del Giudizio, Nostro Signore sarà fonte di grande gioia per i giusti, ma fonte di terrore per i peccatori.
“Non temere, so che stai cercando Gesù”. Non abbiamo nulla da temere finché cerchiamo il Signore, da qui l’esortazione della Chiesa nel tempo pasquale: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose dall’alto, dove Cristo siede alla destra di Dio, gustate quelle dall’alto, non quelle della terra» (Col 3,1-2).
Gli angeli annunciano alle donne la risurrezione di Nostro Signore e ne dimostrano la veridicità con argomenti inconfutabili.
“Si è rialzato come ha detto.” Nostro Signore ha predetto la Sua risurrezione, ha appena adempiuto questa profezia.
“Vieni a vedere il luogo dove è stato depositato.” La tomba vuota dimostra che è davvero risorta.
Le donne «ricordate dunque le parole di Gesù» (Lc 24,8).
L’angelo può ora affidare alle sante donne la missione di trasmettere la buona novella agli Apostoli. Ma «tutti commossi e tremanti di timore e di gioia, uscirono di corsa dal sepolcro e il terrore li portò a non dire nulla a nessuno» (Mc 16,8). Lasciano la tomba sotto l’effetto di questo doppio sentimento di paura e gioia. Una volta riacquistata la calma, svolgeranno la loro missione presso gli Apostoli.

SAN PIETRO E SAN GIOVANNI AL SEPOLCRO
Tuttavia, Pietro e l’altro discepolo [avvertito da Maria Maddalena] se ne erano andati subito, ed entrambi cominciarono a correre verso la tomba. Ma l’altro discepolo corre più veloce di Pietro e arriva per primo al monumento» (Gv 20,3-4). Giovanni, più giovane di Pietro e la cui coscienza non è appesantita dal rimorso, arriva per primo.
“Dopo essersi chinato, vede i panni per terra; Ma non entra. Pietro, che lo segue, arriva presto ed entra nel sepolcro. Si inchina e vede i teli a terra e anche il sudario che copriva il capo di Gesù, piegato e posto, non con il lino, ma in un luogo separato. Allora il discepolo che è arrivato per primo entra a sua volta» N 20,5-8).
Giovanni si ferma, preso dallo stupore e dall’emozione prodotta dall’avvicinamento al divino. Aspetta che Pietro entri nel sepolcro, sia per la sua commozione, sia per rispetto verso il capo degli Apostoli. Pietro, da parte sua, non esita un attimo, entra subito con la sua abituale irruenza e come uomo risoluto. La descrizione di San Giovanni della tomba esclude il furto del corpo di Gesù. I ladri che rompono i sigilli, irrompono e hanno fretta di fuggire con il corpo non avrebbero agito con questa delicatezza. Avrebbero dovuto prima prendere il controllo del luogo e sconfiggere i soldati che stavano di guardia vicino alla tomba. Non avrebbero avuto il tempo di mettere via il sudario e il sudario.
“Vede e crede. Non capivano ancora la Scrittura che Gesù doveva risorgere dai morti” (Gv 20,8-9). Questa visione del sepolcro è come un lampo rivelatore. Giovanni ricorda le profezie dell’Antico Testamento, le profezie di Nostro Signore, e vede il loro adempimento presente. Ha davanti a sé tre prove inconfutabili: la pietra non sigillata, la tomba vuota e i teli mortuari accuratamente messi a parte. Secondo San Giovanni Crisostomo e la maggior parte dei commentatori, egli crede nella risurrezione di Nostro Signore. «I discepoli tornano a casa» (Gv 20,10) e «Pietro rimane stupito di quanto è accaduto» (Lc 24,12). La difficoltà che gli Apostoli hanno avuto nel credere ci conferma nella fede. Non era la fede cieca che li portava a credere, ma fatti innegabili. Pietro medita piamente su ciò che ha appena visto.

L’APPARIZIONE A MARIA MADDALENA
Maria Maddalena, nel frattempo, nonostante la tomba vuota, rimase quando gli Apostoli tornarono a casa. Piange ad alta voce, arrendendosi liberamente al suo dolore. Cerca il corpo del Salvatore ma non lo trova, ma continua la sua ricerca senza sosta. I suoi desideri, ritardati nel godimento del loro oggetto, diventano ancora più ardenti, e nel loro ardore afferreranno ciò che cercano. All’inizio vede due angeli che la consolano, poi incontra Nostro Signore in persona che prende per il giardiniere. Gli disse: “Signore, se l’hai tolto, dimmi dove l’hai messo e io andrò a prenderlo”. (Gv 20,15) Di fronte a tale determinazione, Nostro Signore si rivela a lei. Le disse: “Maria!” Il 20, 16) Questa semplice parola è pronunciata con un tale accento di bontà, dolcezza, amore che Maria Maddalena
scorge in essa l’amore che Nostro Signore ha per lei. Quest’unica parola è veramente la grazia della sua vita. È la ricompensa della sua ricerca ansiosa ma allo stesso tempo così piena d’amore. Di fronte a tale grazia, che cosa gli dice? “Rabboni”, il mio maestro (16). Si legge tutta la sua anima, con i suoi sentimenti di fede, amore, dolce gioia che la vista di Nostro Signore gli ispira. “‘Maria’ dice tutto di Gesù per Maddalena; ” Rabboni” dice tutta Maddalena per Gesù. »

PEDAGOGIA DIVINA
Ammiriamo, per concludere, la pedagogia divina. Il buon Dio non ha fretta, si prende il suo tempo, se gli è permesso di esprimersi in questo modo. Agisce per fasi. In effetti, i primi episodi sopra descritti sono sì una prova della risurrezione di Nostro Signore, ma con una dimostrazione in modo negativo. La tomba vuota, i teli piegati, le profezie di Nostro Signore, tutto questo annuncia la sua risurrezione, ma il buon Dio nella sua condiscendenza farà molto di più.
Le successive apparizioni di Nostro Signore a sua Madre, a Santa Maria Maddalena, alle altre sante donne, agli Apostoli e a molti altri testimoni sono la prova positiva della sua risurrezione. Questa prova è tanto più evidente perché Nostro Signore non è apparso una volta, ma diversi, in vari luoghi e questo, durante quaranta giorni. E non si è mostrato a queste persone solo fisicamente. Mangiava davanti a loro, si lasciava toccare, tante prove più convincenti degli altri.

VIVERE LA VITA DI GESÙ RISORTO
Lasciamoci attrarre dal Signore risorto. Dopo la Sua risurrezione, Egli condusse una nuova vita. Abbiamo ricevuto questa nuova vita come seme nel battesimo, essendo la grazia una partecipazione alla vita stessa di Dio. Questa vita nuova è soprattutto una vita di fede. La fede è una luce che illumina la nostra vita e le dà tutto il suo significato. Lo spirito di fede ci impegna a vivere più vicini a Dio.
Poiché la fede è un dono di Dio, preghiamo spesso: “Signore, io credo, ma accresci la fede in me”. Poiché la risurrezione di Nostro Signore è l’immagine della risurrezione delle anime, questo mistero ci invita anche a pregare specialmente per la conversione dei poveri peccatori.

Secondo Mistero glorioso: l’Ascensione


Mentre li benediceva, si separò da loro e fu portato in cielo (Lc 24,51).


L’ASCENSIONE DI GESÙ AL CIELO
Dopo essere apparso più volte alle sante donne, agli Apostoli e a tanti altri fedeli, Nostro Signore appare un’ultima volta ai suoi discepoli riuniti nel Cenacolo. Poi, con grande solennità, parte e porta con sé la strada del Monte degli Ulivi. Che momento solenne!
Possiamo immaginare l’emozione degli Apostoli e delle sante donne durante questa processione, durante gli ultimi momenti trascorsi in compagnia di Gesù. Nostro Signore ha certamente colto l’occasione per fare loro le sue ultime raccomandazioni.
Ma presto sta lentamente salendo con il suo potere, con le sue forze, al cielo. Tutti gli occhi convergono su di lui fino a quando una nuvola luminosa lo avvolge al punto che non riescono più a discernerlo.
Sono così toccati, soggiogati, stupiti da questo spettacolo che rimangono lì, con la testa rivolta verso il cielo, così che due angeli appaiono loro per riportarli alle realtà di questo mondo: “Perché stai qui a guardare il cielo? Gesù, che vi ha lasciati per ascendere al cielo, scenderà come voi l’avete visto ascendere” (At 1,11).

LO SCOPO DELLA VITA
Il mistero dell’Ascensione mostra ciò per cui l’uomo è stato creato. Dio lo ha creato per il Cielo, e il tempo che trascorre qui sulla terra gli è dato per permettergli di meritarlo.
La durata della vita è variabile: alcuni vivono vent’anni, altri quarant’anni, cinquanta, settanta, ottanta, alcuni raggiungono il secolo. Ma, in ogni caso, l’uomo si ritrova presto nell’eternità, e in un’eternità felice o infelice. Le scelte di vita devono essere fatte sulla base di questo.
Quando l’uomo si rende conto di essere una creatura di Dio e che Dio lo ha tanto amato, ha già il desiderio di corrispondere a questo amore con amore. Ma quando considera la brevità della vita e l’incertezza dell’ora della morte, vede in esse ulteriori ragioni per rendere la sua vita qualcosa di bello, grande, gradito a Dio.
Sì, il mistero dell’Ascensione mette in luce la ragione più profonda della vita. L’uomo non è fatto per la terra, ma per il Cielo. La vera vita non è la vita terrena, ma la vita benedetta del Cielo. La vita sulla terra è solo un passaggio, un pellegrinaggio. Come dice san Giovanni: «Ella passa, figura di questo mondo» (1 Gv 2,17). Tutto il comportamento del cristiano, del cattolico, dipende da questa verità. Sfortunatamente, troppo spesso è facile
dimenticarlo. L’uomo tende ad attaccarsi incondizionatamente a certe persone o beni materiali, il che lo allontana da Dio, suo fine ultimo.

LA FELICITÀ DEL CIELO
Per arrivare a preferire i beni invisibili ai beni sensibili, i beni spirituali ai beni materiali, il Cielo alla terra, è bene considerare la natura della felicità eterna.
La fede mi dice: “Non temere, non deviare su una strada perduta e incerta sottomettendoti a Dio e amandolo con tutto il cuore. Al di là dei pochi anni deperibili che trascorrete qui sulla terra, c’è una nuova vita, di cui questa è solo la rappresentazione e l’immagine. Quaggiù, sei solo un viaggiatore, ma lassù, oltre le stelle, oltre tutti gli spazi sono patrimonio e patria. E in questa patria troverete la felicità. I santi ne sono così convinti che disdegnano il nostro povero mondo esclamando: “Terra, quanto mi sembri insignificante, quando contemplo il Cielo! »
Ma come descrivere le meraviglie dell’Aldilà? Come ritrarre questa visione, queste gioie ineffabili? Purtroppo possiamo parlarne solo in parabole, usando immagini molto imperfette, molto crude, molto difettose. Tuttavia, proviamo a dire qualche parola al riguardo.

IL SOGNO DI UN ARTISTA
Per descrivere la natura della felicità del Cielo, immagina un artista eccezionale che decide di realizzare il sogno della sua vita, il capolavoro dei capolavori.
Mette in campo tutti i suoi talenti, tutta la sua energia, tutte le sue capacità, tutta la sua fortuna per realizzare il suo progetto. Una volta terminato, il suo dipinto è superbo, tutti lo applaudono, lo ammirano, lo riempiono di onore e gloria, ma lui, con stupore di tutti, rimane insoddisfatto. La realtà rimane molto al di sotto del suo sogno. Ecco perché, lottando con i suoi limiti, è abbattuto, è demoralizzato, è scoraggiato.
Se, padrone della natura, l’artista fosse riuscito ad elevarla all’altezza dei suoi sogni, allora avremmo un’opera molto più sublime, molto più bella, molto più maestosa, non solo di quella che ha fatto, ma di tutte quelle che sono esistite ed esisteranno. In questo caso, naturalmente, l’artista sarebbe felice del suo capolavoro, assaporerebbe pienamente il riposo. Avrebbe raggiunto il suo ideale. Attraverso questo esempio, forse pensi di capire cosa deve essere il Cielo. Dici a te stesso che il Paradiso è l’ideale di felicità che un uomo può concepire. Beh, no! Perché questa felicità, così magnifica, così sublime, che concepisci rimane una felicità umana. Ora, “il cielo non è l’ideale di un’intelligenza umana: è l’ideale di Dio.
Come Dio è superiore all’uomo, così è il suo ideale al di sopra di ciò che la mente più sublime e penetrante riuscirebbe a concepire. Non è quindi possibile avere un’idea esatta del Cielo perché il Cielo è un ideale divino e non un ideale umano.

ALLA SCUOLA DI SAN PAOLO E SAN GIOVANNI
Cerca di far cogliere a un cieco la bellezza del mondo visibile. Potresti trovare le parole più evocative, più eloquenti, più suggestive, non riuscirai a fargli scoprire il fascino delle bellezze dell’universo. Bene! il divario è ancora maggiore tra le bellezze della terra e quelle del Cielo che tra le tenebre di un cieco e le bellezze luminose dell’universo. Per questo san Paolo, dopo essere stato trasportato al terzo cielo, si accontentò di dire: «Ciò che l’occhio non ha visto, ciò che l’orecchio non ha udito, ciò che non è salito al cuore dell’uomo, questo è ciò che Dio ha preparato per quelli che lo amano» (1 Cor 2,9).
San Giovanni, nel frattempo, aveva lo stesso privilegio sull’isola di Patmos. Il buon Dio lo fece intravedere come un’ombra o un riflesso della vita eterna. Per far capire un po’ quello che vedeva, San Giovanni, nell’Apocalisse, disegnò immagini della natura. Queste immagini non devono essere interpretate in modo materiale, ma contengono analogie sorprendenti. Si può scoprire una pallida rappresentazione della gloria e degli splendori del Cielo. In breve, il Cielo è tutte le nostre ricchezze, tutti i nostri piaceri, tutte le nostre unioni, ma infinitamente più di tutte le nostre ricchezze, tutti i nostri piaceri, tutte le nostre unioni.
Quando immaginate gli eletti in Cielo, sottili, immortali, impassibili, rivestiti di una luce soffusa, o piuttosto di una gloria divina, non vi sbagliate, il Cielo è ancora quello, ma è infinitamente più di questo.
Infine, quando paragonate la felicità del Cielo alle più inebrianti e gentili prese dell’anima, ad una gioia sempre nuova, liberata da ogni afflizione e passione e che sostiene tutta l’eternità nella sua intensità e forza, non siete nutriti da una speranza ingannevole.
Il cielo sono le nostre prese e tutte le nostre gioie, ma le nostre prese e gioie esaltate oltre ogni misura, esempio ed espressione, e questo perché i beni che Dio prepara per noi superano tutto ciò che i nostri sensi possono percepire, tutto ciò che la nostra esperienza riuscirà ad acquisire, tutti i pensieri della nostra mente e i desideri del nostro cuore. Il cielo è un regno così straordinario, una beatitudine così trascendente che Dio ne ha fatto l’oggetto esclusivo dei suoi pensieri. Tutta la creazione e la redenzione sono ordinate lì. Tutto ciò che esiste, esiste per gli eletti (2 Tm 2,10), cioè per la loro felicità eterna. Cos’è il Paradiso? “Il cielo è l’ideale di Dio, il resto della sua
intelligenza. Diciamo di più: lui è il resto del suo cuore. Questo è ciò che il buon Dio ha preparato per coloro che lo amano. Come mai la mamma ha amato il suo figlio più affascinante, così il buon Dio la ama predestinata.

ENTRARE NELLA GIOIA DI DIO
Vedendo con quale amore i suoi eletti lo amavano quando erano sulla terra, il buon Dio, che è infinitamente ricco e infinitamente generoso, grida: “Ora tocca a me… Sta a me donarmi senza misura, senza restrizioni a coloro che si sono dati a me. Quando entreremo in cielo, il Signore ci dirà: «Siete stati fedeli in poche cose, io vi stabilirò su molte: entrate nella gioia del vostro maestro» (Mt 25,21 e 23). Entrare nella gioia di Dio è entrare nella sua felicità, è partecipare alla sua felicità o, come dice Elisabetta della Trinità, è «fondersi con colui che amiamo, essere simili a Lui perché lo vediamo così com’è». Così, “la vita eterna è un matrimonio, un matrimonio in cui l’anima abbraccerà il suo Creatore con un abbraccio eterno, senza mai sentire affievolirsi la presa di quel giorno, quando la prima volta si unisce a lui e lo preme contro il suo seno”.

LE PRIMIZIE DELLA VITA ETERNA
Il buon Dio, avendo tanta sete di unirsi a noi, non ha aspettato che il Cielo entrasse in noi.
Dal battesimo, la nostra anima è stata trasformata, abbellita, profondamente nobilitata, al punto che d’ora in poi abbiamo dentro di noi ciò che ci renderà felici in Cielo. Solo questa grazia santificante, che ci rende partecipi della vita di Dio e che si trasformerà in gloria in Cielo, è un tesoro nascosto, inaccessibile ai sensi, raggiunto solo dalla fede. Ecco perché, invece di vivere di esso, possiamo, ahimè! ignorando questo tesoro. È possibile cercare la nostra felicità altrove, in ciò che lusinga la nostra vanità, la nostra sensualità o il nostro orgoglio. E si può anche perdere la grazia attraverso il peccato mortale.

PARADISO O INFERNO
Ogni giorno, centinaia di migliaia di persone lasciano questa terra per apparire davanti a Dio. Coloro che qui sulla terra hanno creduto e sperato in Gesù Cristo e sono morti nel Suo amore ricevono poi il frutto del loro lavoro. Vanno dritti in Paradiso se le loro anime sono immacolate, e vanno in purgatorio se hanno ancora peccati da espiare. Per quanto riguarda coloro che hanno vissuto lontano da Dio, le loro anime cadono nell’inferno eterno. Che terribile disgrazia! Riflettiamo su questa tragedia e chiediamo a Dio la grazia di darle il posto che merita nella nostra vita in modo che possiamo con la nostra preghiera e il nostro esempio allontanare le anime dall’inferno e attirarle in Paradiso.

SPERANZA E DESIDERIO DEL CIELO
“Quanto era necessario – esclama Bossuet – che Gesù tornasse al Padre suo! O fiducia, o
Consolazione dei fedeli! Gesù Cristo è il loro avvocato e avvocato. [. . . ] Poiché abbiamo un tesoro così grande in Cielo, eleviamo ad esso i nostri cuori e le nostre speranze. »
Verso la fine della sua vita, san Paolo diceva ai Filippesi: «Dimenticando ciò che è dietro, tendendo verso ciò che è avanti, corro verso la meta verso la ricompensa alla quale il buon Dio mi chiama lassù in Cristo Gesù» (Fil 3,13-14). Come lui, pensiamo solo al Cielo, cerchiamo solo il Cielo, viviamo solo per il Cielo. Ancora qualche istante e tutto ciò che deve finire non ci sarà più, qualche sforzo e avremo raggiunto la meta, alcune battaglie e vinceremo la vittoria, qualche sacrificio e ci troveremo tutti, se saremo fedeli, nella Gerusalemme celeste.

Terzo mistero glorioso: La Pentecoste


Quando i giorni di Pentecoste furono compiuti, i discepoli erano tutti nello stesso luogo. Improvvisamente, arrivò un rumore simile a quello di un vento impetuoso, e riempì tutta la casa in cui vivevano. Poi […] furono tutti riempiti di Spirito Santo.

L’INVIO DELLO SPIRITO SANTO
Nel suo discorso dopo l’Ultima Cena, Nostro Signore disse ai suoi Apostoli: «Lo Spirito Santo, che il Padre vi manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa» (Gv 14,26). Egli dice: «Il Padre vi darà lo Spirito Santo perché abiti in voi» On 14,16). Nostro Signore annuncia l’invio dello Spirito Santo, il dono dello Spirito Santo, un dono, non temporaneo, non fugace, non transitorio, ma duraturo, permanente, dal quale rimane la Parola. Rimanere è vivere, rimanere, abitare. Questo è il piano di Dio. Nostro Signore, una volta asceso al Cielo, mandò lo Spirito Santo ai suoi Apostoli per prolungare la sua azione
divino su di loro e di non lasciarli orfani.

UNA PRESENZA PIÙ PROFONDA DELLO SPIRITO SANTO
Che cosa significa questo invio dello Spirito Santo? Dio Padre non manda lo Spirito Santo nell’uomo come un capitano manda un soldato a compiere tale missione. Infatti, non c’è inferiorità nelle varie Persone divine. Le tre Persone sono perfettamente uguali tra loro. Dicendo che il Padre manda suo Figlio, o che il Padre e il Figlio mandano lo Spirito Santo, vogliamo semplicemente chiarire l’origine del dono. Vogliamo designare la priorità originaria. Essendo il Padre la fonte del Figlio, il Padre ha generato suo Figlio, si afferma che manda suo Figlio. Allo stesso modo, lo Spirito Santo procedendo dal Padre e dal Figlio, come affermato nel Credo, si dice che lo Spirito Santo è inviato dal Padre e dal Figlio.
L’invio dello Spirito Santo non implica quindi un’inferiorità dello Spirito Santo rispetto al Padre e al Figlio, né implica un’anteriorità del Padre e del Figlio rispetto a lui, poiché è da tutta l’eternità che procede dal Padre e dal Figlio.
Né la venuta dello Spirito Santo nell’uomo significa che lo Spirito Santo si muova, poiché è ovunque, né che si separi dal Padre e dal Figlio, poiché da tutta l’eternità le tre Persone divine sono inseparabili. Ciò significa che lo Spirito Santo si rende presente nell’anima dei giusti in modo più intimo.
Quando due amici che si incontrano parlano tra loro ed esprimono il loro affetto l’uno per l’altro, è per loro il più alto grado di presenza reciproca. Questo è ciò che lo Spirito Santo fa nell’uomo, ma per rendere possibile questo scambio, la sua prima funzione è quella di elevarlo al suo livello. In effetti, non ci può essere amicizia tra esseri di diversa natura. Non ci può essere amicizia tra un uomo e un fiore, poiché non appartengono allo stesso ordine. Ora, per natura, Dio è infinitamente al di sopra dell’uomo. Poi, nella misura in cui Dio vuole stabilire un affare di amicizia con lui, lo eleva a sé. Gli dona tutto ciò che gli è indispensabile perché sia posto allo stesso livello delle tre Persone della Santissima Trinità, perché possa conoscerle e amarle, come esse si conoscono e si amano.

LA TRASFORMAZIONE OPERATA NEL BATTESIMO
La meravigliosa trasformazione che permette all’uomo di avere rapporti intimi con Dio avviene nel battesimo. In quel giorno, l’uomo riceve la grazia santificante, che è partecipazione alla vita stessa di Dio, e riceve lo Spirito Santo.
Così, da quel giorno, Dio non si accontenta di essere nella sua anima come un gioiello inerte nel suo caso. Fa molto di più, agisce in lui. Lo Spirito Santo, presente nell’anima, vi ha depositato la grazia santificante, che è in lui principio di vita. Ha posto nella sua mente la luce della fede, che è un raggio della luce in cui Dio conosce se stesso. E ha messo nella sua volontà la carità soprannaturale, che gli permette di amare Dio come ama se stesso. Così, per grazia, c’è nell’anima una nuova presenza di Dio, la presenza della Santissima Trinità conosciuta e amata in modo soprannaturale, perché lo Spirito Santo non è solo nell’anima, è accompagnato dal Padre e dal Figlio. La missione o invio dello Spirito Santo nell’anima è questa: Dio, già presente in lei come in ogni Creatura, si è reso presente nel giorno del battesimo in un altro modo, permettendole di conoscerlo e amarlo in modo soprannaturale. La Santissima Trinità non si mosse. Lo Spirito Santo non si mosse. Le tre Persone si sono rese presenti nell’anima in modo nuovo, facendosi conoscere e amare in modo soprannaturale. Questa missione dello Spirito Santo nell’anima è invisibile ed è chiamata a rinnovarsi. Così, ad esempio, la festa di Pentecoste attualizza questa presenza dello Spirito Santo, la rende più attiva, più attiva, più efficace nelle anime ben disposte.
Il battezzato, dunque, ha la possibilità e la vocazione di agire non solo come uomo ragionevole, che è già buono, ma come figlio di Dio, secondo queste parole di san Paolo: «Questi sono veramente figli di Dio che si lasciano condurre dal suo Spirito» (Rm 8,14). Agire da figlio di Dio, per san Paolo, significa lasciarsi muovere, lasciarsi guidare dallo Spirito Santo.

SORGENTE VIVA
Quali effetti producono in coloro che si lasciano guidare dallo Spirito Santo? I due segni che simboleggiano lo Spirito Santo lo indicano.
Il primo segno è l’acqua. L’acqua è un simbolo dello Spirito Santo. È cantato nel Veni Creator. Lo Spirito Santo è chiamato fons vivus, “fonte vivente”. Sgorgava nelle nostre anime come una fonte vivente, quando l’acqua scorreva sulla nostra fronte al battesimo.
L’acqua simboleggia la vita. Nella Sacra Scrittura: Quando gli ebrei erano nel deserto, si trovarono senz’acqua e la loro sete era così ardente che attaccarono Mosè, il loro capo. Di fronte al loro lamento e al loro sussurro, Mosè cominciò a pregare e fece scaturire dalla roccia un’acqua miracolosa, abbondante al punto che tutti gli ebrei poterono bere a sazietà salvando così la loro vita (Nm 20,2-13).
Allo stesso modo, nel Vangelo di san Giovanni, viene raccontato l’episodio dell’incontro di Nostro Signore e della Samaritana al pozzo di Giacobbe. Nostro Signore chiede alla Samaritana di bere e, partendo da quest’acqua materiale, rilancia gradualmente la conversazione. Egli promette al suo interlocutore acqua che deve essere fonte di sorgente per la vita eterna (Gv 4,7-14). Ora, dice sant’Agostino, “ciò che il Salvatore promise a questa donna fu l’effusione sovrabbondante dello Spirito Santo che doveva saziare la sua anima”.
Già al battesimo di Nostro Signore nel Giordano, lo Spirito Santo discese su di lui sotto forma di colomba, manifestando chiaramente il legame tra l’acqua del battesimo e la venuta dello Spirito Santo (Mc 1,9-11).
L’acqua battesimale rappresenta lo Spirito Santo, perché ciò che l’acqua naturale produce sul corpo, lo Spirito Santo produce sull’anima. L’acqua purifica e disseta principalmente la sete. Ora l’acqua della grazia purifica le nostre anime. La grazia svolge un ruolo medicinale. Guarisce gli affetti disordinati, rinfresca gli animi con l’ardore della tentazione. Ha quindi un’azione purificante. Inoltre, l’acqua disseta, disseta. Nostro Signore disse alla Samaritana: «Chi beve l’acqua che gli do non avrà più sete» On 4,13). La sete di amare e di essere amati è gradualmente soddisfatta dal contatto vivificante e corroborante dello Spirito Santo con l’anima. Così è giusto che lo Spirito Santo sia chiamato “fonte di vita”, “fonte viva”.

IL FUOCO DELLO SPIRITO SANTO
Un altro nome altrettanto rilevante per lo Spirito Santo è quello del fuoco. Lo Spirito Santo è chiamato con il nome di fuoco nella stessa preghiera del Veni Creatore, perché è apparso sotto forma di lingue di fuoco nel giorno di Pentecoste (At 2,3). Perché il fuoco? Il fuoco consuma, brucia, distrugge ciò che incontra, ma illumina, riscalda, accende. Ora, ciò che il fuoco produce sui corpi, lo Spirito Santo produce sulle anime. Qui troviamo la duplice azione dello Spirito Santo, l’operazione di purificazione e quella di santificazione. In che modo lo Spirito Santo purifica, illumina e rafforza? Egli agisce nell’anima con la sua semplice presenza. La presenza dello Spirito Santo e di tutta la Santissima Trinità nell’anima è portatrice di grazie, è sorgente di santità.

I DONI DELLO SPIRITO SANTO
Per rafforzare l’organismo spirituale, illuminare la mente, rafforzare la volontà, canalizzare la sensibilità, lo Spirito Santo agisce non solo direttamente sulle anime, ma anche attraverso i suoi doni. I doni sono disposizioni abituali che consentono all’anima di ricevere i suggerimenti dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo lo incoraggia ad avanzare verso Dio, e i suoi doni sono come ricevitori che gli permettono di individuare, ricevere, catturare le sue ispirazioni.
Per esempio, quando pensiamo a Dio, a volte Dio ci sembra distante, nascosto. E un giorno, mentre preghiamo, improvvisamente ci rendiamo conto che Dio è davvero vicino a noi. Sentiamo quasi visibilmente la Sua presenza nel profondo della nostra anima e il Suo amore per noi. Questo è un effetto del dono della pietà. Il dono della pietà ci riempie di affetto per Dio e ci fa vedere in Lui un Padre.
Oppure, un giovane equilibrato con tutti i segni della vocazione non può decidere la questione. E improvvisamente ha una grande certezza di essere chiamato da Dio. Questa convinzione gli dà grande pace nell’anima e gli dà la forza di superare tutti gli ostacoli per entrare in seminario. Questo è un effetto del dono del consiglio.
Forse anche voi avete sentito un tale passo del Vangelo che conoscete bene, ma senza che vi abbia toccato particolarmente, e un giorno, quando lo sentite, siete colpiti da ciò che sentite o leggete, e questa luce è profondamente impressa nella vostra anima. È il dono dell’intelligenza che vi ha appena illuminato.
Così, di fronte a tutte le necessità della vita cristiana, i doni dello Spirito Santo permettono di entrare in contatto con il divino più efficacemente che con le sole virtù naturali e soprannaturali.
Come le virtù, doni le facoltà perfette, l’intelligenza, la volontà, la sensibilità, ma, a differenza delle virtù, è meno l’uomo che agisce che Dio che opera in lui.

LE SETTE VELE DELLA NOSTRA BARCA
I maestri della vita spirituale paragonavano i doni alle vele della nave. Mentre la nave dotata di semplici remi si muove solo con difficoltà e lentezza, quella il cui vento gonfia le vele corre veloce sulle onde112. Se il marinaio allunga le vele della sua barca, deve essere trasportato dal vento. Così l’anima, grazie ai doni, ha la capacità di lasciarsi guidare dallo Spirito Santo e di produrre atti molto più virtuosi di quelli che produrrebbe senza questo aiuto divino.
Dio ha comunicato all’anima dal battesimo, e in pienezza alla cresima e alla Pentecoste, i doni dello Spirito Santo, perché vuole che il fedele si santifichi non solo con l’esercizio delle virtù ordinarie, ma anche con l’aiuto del suo Santo Spirito.
Sarebbe un errore credere che i doni dello Spirito Santo opererebbero solo nei santi. Nel piano di Dio, se tutti i fedeli in stato di grazia sono in possesso dei doni dello Spirito Santo, è perché i Suoi doni sono necessari per la loro santificazione.
Ma la loro efficacia nella nostra anima dipende dalla nostra ricettività. Se i doni dello Spirito Santo sono i veli dell’anima, possiamo, ahimè! Lasciateli piegati. Possono rimanere abbassati dal nostro egoismo, dalla nostra negligenza, dalla nostra autostima, dall’attaccamento disordinato che abbiamo a noi stessi o alle altre creature. Sta a noi impiegarli mettendo Dio al centro della nostra vita.
Lasciate che lo Spirito Santo invada le nostre anime per purificarle e santificarle. Viviamo nella Sua privacy per soddisfare le Sue aspettative e realizzare i Suoi disegni su di noi.

Quarto mistero glorioso: L’Assunzione


Chi è colui che sorge dal deserto, sostenuto dal suo Amato? […] Sorge come l’alba, bella come la luna, luminosa come il sole, potente come un esercito. (Ct 8,5-6,10)

LA BELLEZZA DI MARIA IN CIELO
L’Assunzione si riferisce all’ascesa trionfale della Madonna, anima e corpo, al Cielo.
Con un cuore solo e un’anima sola, vogliamo, o Madonna, ammirare il tuo splendore e rallegrarci in esso, vogliamo pregarti e lodarti in unione con gli omaggi che ricevi incessantemente nella tua beata eternità.
Dal giorno della tua Immacolata Concezione, la Chiesa ha cantato della tua perfetta bellezza: tota pulchra es Maria, “sei tutta bella, o Maria”, sei immacolata, immacolata, piena di grazia. La tua bellezza è un puro riflesso della perfetta bellezza del tuo Creatore.
Se questa era già la vostra perfezione al momento del vostro concepimento, che parlerà del vostro splendore alla fine della vostra esistenza terrena, voi che non siete mai stati al di sotto di ciò che Dio si aspettava da voi, voi che non avete cessato di crescere ad un ritmo d’amore durante il vostro soggiorno terreno!
È perché la vostra bellezza non può essere perfettamente definita che la Chiesa usa le immagini per cantarla: “Un grande segno è apparso nel cielo: è una donna. Il sole lo avvolge, la luna è sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle» (Ap 12,1).
Le anime che hanno avuto il privilegio di contemplarvi sono unanimi nel cantare il vostro splendore che supera ogni bellezza creata. Santa Bernadette lo proclamò senza mezzi termini: “Non riesco a trovare nessuna bella vergine dopo aver visto l’originale”.
Mentre contempliamo la Madonna, rallegriamoci della sua felicità. Anche se non possiamo renderci conto esattamente della sua intensità, della sua estensione, possiamo conoscere la causa, la fonte. Vediamo dunque da dove viene la gloria della Madonna. Questo rafforzerà la nostra virtù di speranza. Il cammino intrapreso dalla Santissima Vergine rivelerà la via da seguire per accedere alla felicità del Cielo.

LA FEDELTÀ DELLA SANTISSIMA VERGINE MARIA
Perché la Santissima Vergine ricevette tanta gloria in Cielo?
Naturalmente si sarebbe tentati di credere che se è stata accolta con tanto onore, tanta solennità, tanto splendore, è perché è la Madre di Dio.
Certamente, la sua dignità di Madre di Dio la pone al di sopra di tutti gli angeli e i santi. Ma non è solo l’essere Madre di Gesù secondo la carne che l’ha resa così grande, è anche la sua totale fedeltà alla grazia. Conoscete quel passaggio in cui una donna gridò quando vide Nostro Signore: “Beato il grembo che ti ha portato e il grembo che ti ha nutrito!” (Lc 1,1,27). Questa donna credeva che la felicità di Maria venisse solo dalla sua maternità: “Beati i grembi che ti hanno portato”. Cosa gli dice Nostro Signore? “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (LC 11,28).
“Sembra che Gesù stia trascurando ciò che questa donna ha detto alla gloria di Maria. Non è che lui la contraddica. Ma non vuole che lei si fermi qui. Raddrizza la sua fede iniziale, la volge risolutamente verso realtà spirituali, che intravedeva solo oscuramente, e di cui i privilegi esterni di Maria erano solo il sacramento sensibile. »
La Vergine Santa ha ascoltato attentamente la Parola di Dio e ne ha fatto tesoro in lei. Due passi della Sacra Scrittura lo menzionano: il primo, durante la visita dei pastori alla mangiatoia; la seconda, dopo il recupero del Bambino Gesù nel Tempio. Maria «custodiva tutto questo nel suo cuore» (Lc 2,19 e 51). Così, tutto è stato vissuto da Maria sotto lo sguardo di Dio, sia i misteri gaudiosi della sua vita, come la nascita di suo Figlio, sia i misteri dolorosi, come la perdita del suo bambino nel Tempio.
I giusti vivono per fede”, dice san Paolo (Rm l, 17; Gal 3,11). Fu alla luce della fede che la Madonna analizzò tutti gli eventi della sua vita. E vivendo di questa fede, era fedele. Questa è la prima fonte dei meriti di Notre-Dame. Mantenendo costantemente la sua vita interiore, avanzò con coraggio e perseveranza in un passo d’amore verso il Cielo.

IL TRIONFO DELL’UMILTÀ
Un’altra virtù che elevò Maria a un così alto grado di gloria fu la sua umiltà. Certo, è lodevole fare il bene, seguire i comandamenti di Dio, praticare la giustizia, esercitare la carità, ma non basta.
La natura umana è tale che si può perdere gran parte dei propri meriti attribuendo indebitamente a se stessi il bene compiuto. Così accade spesso all’uomo di rubare la gloria di Dio con l’autocompiacimento in se stesso, con una certa soddisfazione di sé che lo porta ad ammirarsi o a vantarsi del bene che fa.
Ora, in Maria, niente del genere. Certamente riconosce il bene che è in lei, ma, lungi dall ‘appropriarsene, lo attribuisce solo a Dio: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente, santo è il suo nome” (LC, 49).
Mentre Elisabetta attribuisce la felicità di sua cugina alla sua fede in Dio: “Beati voi che avete creduto!” (Lc 1,45), Maria lo attribuisce alla sua bassezza. Lo canta nel suo Magnificat: «Poiché ha gettato gli occhi sull’umiltà del suo servo, tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). Nel momento in cui Maria fu elevata al rango di Madre di Dio, si chiamò serva di Dio.
“Che cos’è dunque, in senso stretto, l’Assunzione di Maria? Non accontentiamoci più di dire che è il giorno della sua incoronazione e del suo trionfo: diciamo che è l’incoronazione e il trionfo della sua umiltà. Oggi possiamo applicare alla Beata Vergine ciò che San Paolo disse dell’Ascensione di Nostro Signore: “Chi è asceso, se non colui che era disceso in precedenza? (Ef 4,9); che significa: “Ti chiedi perché oggi Maria sale al Cielo? Bene! ricordate che se essa ascende al di sopra di tutte le creature, è perché prima lei, che era la più santa e la più perfetta, non si era mai considerata l’ultima delle servitrici di Dio. Chi ascende al Cielo? È colei che in precedenza era discesa dalla sua umiltà. Il Signore dirà: «Chi si alza sarà abbassato, chi si abbassa sarà innalzato» (Mt 23,12).
Questo, dunque, è il duplice fondamento della glorificazione di Maria: la sua fedeltà e umiltà, frutti della sua vita nascosti in Dio.

UN ESEMPIO DA SEGUIRE
Questo è ciò che deve rafforzare la nostra virtù della speranza. “Se Maria fosse nella gloria solo perché è la Madre del Redentore, sarebbe per noi motivo di onorarla, di riverirla e di celebrare con sentimenti di rispetto e di religione il giorno solenne del suo trionfo; Ma in tutto questo non ci sarebbe nulla che possa suscitare la nostra speranza. »
Ma poiché è venuto in Cielo attraverso un cammino che possiamo intraprendere noi stessi, la sua glorificazione è davvero un motivo per noi di sperare.
Ognuno di noi può dire a se stesso: “Io posso, secondo la misura delle grazie che ricevo, essere fedele al mio Dio, come lo fu Maria. Posso ascoltare la Parola di Dio con lo stesso spirito, con la stessa docilità di Maria. Posso obbedire alla voce interiore che mi parla, con la stessa prontezza di Maria. »
Certamente Dio non mi ha affidato tanti talenti come a Maria, ma mi ha assicurato che bastava essere fedeli in poche cose per ricevere molto (Mt 25,21). Non posso eguagliare Maria o essere così ricco di meriti, ma posso praticare l’umiltà come lei. Sarà per me, come lo fu per lei, la via della gloria, perché al Giudizio Universale sarò nella sua stessa misura. “La fedeltà e l’umiltà sono ciò che deve essere messo sulla bilancia dove un giorno saremo pesati.

LA GRAZIA DI UNA BUONA MORTE
Durante il quarto mistero glorioso, chiediamo la grazia di una buona morte. Questa è la grazia delle grazie perché è essa che determinerà il nostro destino per l’eternità. Una delle missioni del sacerdote è proprio quella di disporre le anime a ricevere questa grazia, soprattutto donando loro l’estrema unzione. Nel conferire questo sacramento, il sacerdote è spesso testimone dei meravigliosi effetti che produce. Oggi, quando tante anime muoiono senza sacramenti per mancanza di zelanti ministri, supplichiamo Dio di suscitare molte sante vocazioni. Quanto ai genitori che esitano a far entrare il loro bambino in seminario, meditino sulla parola che può essere rivolta a Dio, all’approssimarsi della morte, a coloro che hanno dato un sacerdote alla Chiesa: “Signore, posso aver fatto molti errori, ma ti ho dato uno dei miei figli. Proprio ora un sacerdote, che è vostro, ma che è anche mio, sta per celebrare per me la Messa dei defunti. Non potete non ascoltare la sua preghiera; Non puoi separarmi da Lui per l’eternità.»

Quinto mistero glorioso: L’Incoronazione della Beata Vergine


Un grande segno apparve nel cielo: è una donna vestita di sole, la luna sotto i suoi piedi e sulla sua testa una corona di dodici stelle. (Apocalisse 12, l)


MARIA REGINA
San Bernardo diceva: De Maria numquam satis, “della Beata Vergine, non si può mai parlare abbastanza”.
Le qualità, le virtù, lo splendore, la maestà, la bellezza della Regina del Cielo non saranno mai perfettamente descritte. È veramente il capolavoro, il gioiello della creazione. La sua bellezza supera di gran lunga quella del più grande santo e persino del più grande serafino.
Contempliamo l’accoglienza che Maria ricevette in Cielo con l’Assunzione e l’incoronazione. Quando la Madonna è arrivata in Cielo, una volta resi i primi omaggi, una volta manifestati i primi segni di amore e venerazione, Nostro Signore certamente si è avvicinato a lei per condurla al suo trono, stabilito al di sopra di tutte le creature.
Sfortunatamente, le parole non riescono a descrivere questo spettacolo. Se è vero, come dice san Paolo, che «l’occhio dell’uomo non ha visto, l’orecchio dell’uomo non ha udito, il cuore dell’uomo non ha sperimentato ciò che Dio ha preparato per coloro che egli ama» (1 Cor 2,9), che cosa dobbiamo pensare dell’accoglienza che il Signore ha riservato alla sua Madre Santissima? Bisognerà aspettare che il Cielo si renda conto della portata degli onori resi da Nostro Signore alla Sua Beata Madre.
Gesù allora la fece Regina del Cielo e della Terra. D’ora in poi tutto ciò che Nostro Signore potrà ottenere con la sua onnipotenza, Maria potrà ottenerlo con le sue suppliche. Per questo è giustamente invocata come “onnipotenza supplica”.
Questo titolo di Regina del Cielo, la Beata Vergine lo deve alla sua qualità di Madre di Dio. È la maternità divina che è all’origine di tutti i privilegi della Madonna, dalla sua Immacolata Concezione alla sua Assunzione e regalità.
Ma questo non è l’unico motivo che ha portato la Beata Vergine ad essere incoronata in Cielo dal suo divin Figlio. Infatti, come dice San Paolo di Nostro Signore: “Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Ecco perché Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome. (Fil 2:8-9) Nostro Signore fu esaltato in proporzione al suo grado di obbedienza.
Ora, la Beata Vergine ha condiviso tutta questa obbedienza a Dio. Più di ogni altra creatura, ha sempre detto sì a Dio. Così meritava con la sua obbedienza di essere incoronata Regina del Cielo, come Nostro Signore meritava con questa stessa virtù di essere il Re immortale.

LA DONNA DELL’APOCALISSE
Quando non riusciamo a descrivere perfettamente realtà che sono al di là di noi, ricorriamo a immagini, rappresentazioni sensibili. Così, per rappresentare la portata del trionfo della Madonna in cielo, la Chiesa applica a lei queste parole del libro dell’Apocalisse: “Un grande segno apparve nel cielo: una donna vestita di sole, la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo, una corona di dodici stelle” (Ap 12,1).
Questa “donna vestita di sole” è la Beata Vergine. Il sole rappresenta Nostro Signore Gesù Cristo, che è chiamato il “Sole di giustizia”. San Paolo diceva ai suoi fedeli: «Rivestitevi del Signore Gesù Cristo» (Rm 13,14). Considerava Nostro Signore come un indumento. Allo stesso modo, la Madonna era come avvolta dalla divinità. A causa dell’intimità che la univa al suo divin Figlio, era tutta penetrata dai raggi divini.
Questa donna del libro dell’Apocalisse ha la luna sotto i piedi. La luna è sia il simbolo della corruzione, del cambiamento, sia la figura della Chiesa.
La Beata Vergine ha la luna sotto i piedi per manifestare la sua costanza, la sua uguaglianza di umore, la sua fedeltà. Non era versatile, rimaneva sempre al di sopra del cambiamento e della corruzione. Mosè vide un roveto ardente ardere senza bruciare. Questo cespuglio era una rappresentazione della Beata Vergine, che non doveva né perdere la verginità con la sua maternità, né conoscere la corruzione della tomba. Lungi dall’essere lunatica, la Beata Vergine è sempre rimasta costante nella sua fedeltà a Dio e al suo divin Figlio.
La luna rappresenta anche la Chiesa. A questo proposito, la Vergine Santa, “vestita di sole”, appare come mediatrice tra Nostro Signore, “Sole di giustizia”, e la Chiesa, di cui è la figura. Abbiamo ricevuto Nostro Signore attraverso la Beata Vergine ed è anche attraverso di Lei che ritorneremo a Dio.

LE DODICI STELLE
Cosa significano le stelle che coronano la sua testa? San Bernardo risponde: “Credo di poter dire che queste dodici stelle rappresentano le dodici prerogative che sono riservate a Maria”. Inoltre, meditando sul mistero dell’incoronazione della Madonna al cielo, contempliamo le prerogative che le sono valse tale diadema. Il santo monaco di Chiaravalle chiarisce il suo pensiero: “Vedo in essa brillare di particolare splendore prima la nascita di Maria, poi il saluto dell’angelo, in terzo luogo la venuta dello Spirito, in quarto luogo l’ineffabile concezione del Figlio di Dio. E trovo ancora uno splendore straordinario nel primo voto di verginità, nella maternità immacolata, nella gravidanza senza fatica, nel parto senza dolore. Infine, il cantore di Maria presta particolare attenzione a quattro virtù sulle quali è bene soffermarsi, vale a dire “mitezza piena di riserbo, pia umiltà, fede magnanima, martirio del cuore.»
Perché soffermarsi più particolarmente su queste quattro note distintive che guardano al cuore della Beata Vergine? Certamente le prime grazie sono abbastanza sublimi, ma rimangono privilegio esclusivo della Madonna, mentre le ultime quattro virtù sono alla portata di ogni anima di buona volontà.

DISCREZIONE
La Beata Vergine era discreta. Non si è diffuso all’esterno in chiacchiere vane. Nei Vangeli, le parole della Madonna sono menzionate solo in quattro circostanze.
La prima volta è il giorno dell’Annunciazione. Ella risponde all’angelo, ma solo dopo che egli stesso le ha parlato due volte (Lc 1,28.32).
Poi, alla cugina Elisabetta, parla di nuovo quando, lodata dalla cugina, si affretta a riferire le lodi a Dio attraverso il suo Magnificat (Lc 1,46-55).
La terza volta fu quando il nostro Signore dodicenne la lasciò con San Giuseppe in angoscia per tre giorni quando rimase nel Tempio. Gli esprime il suo dolore, non comprendendo il suo atteggiamento verso di lui (Lc 2,48).
Infine, l’ultima volta è alle nozze di Cana, e lì interviene solo per carità verso gli sposi e gli invitati (Gv 2,3-5).
Altrimenti, per tutta la vita di Nostro Signore, non appare. Rimane nascosto. Sa molto più delle altre sante donne e degli Apostoli su Gesù e Dio, ma invece di
diffondendosi verso l’esterno, “custodisce tutte queste cose nel suo cuore”, come riferisce san Luca (Lc 2,19 e 51).
Ciò dimostra che la Beata Vergine era un’anima di profonda vita interiore. Meditava gli avvenimenti riguardanti suo Figlio, discernendo in essi la volontà di Dio. Li comprendeva alla luce della fede, sia gli eventi felici, come la nascita del Figlio, sia le prove come quella della sua scomparsa nel Tempio. Era sempre alla luce di Dio che giudicava gli eventi della sua vita quotidiana.
Un ultimo esempio mostra la discrezione della Madonna. Negli Atti degli Apostoli si fa menzione del ritiro nel Cenacolo che seguì l’Ascensione di Nostro Signore, ma nella designazione delle persone presenti, la Beata Vergine, che avrebbe dovuto essere nominata per prima, è menzionata per ultima (At 1,14). Questo per dire come ha saputo per tutta la vita di mettersi all’ultimo posto! La Beata Vergine era dunque discreta, autoreferenziale, interiore. Per essersi mostrata l’ultima delle creature, meritava di diventare la loro sovrana.

UMILTÀ
A sua discrezione, la Beata Vergine si unì alla più profonda umiltà. Questa umiltà si nota non solo nella sua propensione al silenzio, ma anche nelle sue parole.
Quando l’angelo la proclama Madre di Dio, lei risponde semplicemente che è sua serva.
Quando sua cugina la loda, rimanda tutte le lodi a Dio: “L’anima mia magnifica il Signore] che ha abbassato gli occhi al suo umile servo” (LC l, 47-48).
La sua umiltà non è ristrettezza mentale o meschinità. Al contrario, è la fonte della più grande generosità e gli permetterà di fare grandi cose.
La falsa umiltà usa la sua debolezza come pretesto per capitolare allo sforzo, per rassegnarsi alla minima difficoltà, mentre la vera umiltà conosce i suoi limiti, ma si affida a Dio per superare gli ostacoli che incontra sul suo cammino.

FEDE
Discrezione, umiltà, fede straordinaria… Eva era stata tentata dall’ascolto della voce del demonio, e la Madonna fece ammenda per la sua colpa credendo alla parola dell’angelo che annunciò che sarebbe diventata Madre di Dio senza perdere la verginità. È per questa virtù che la cugina Elisabetta lo loda: “Beati voi che avete creduto che si sarebbe adempiuto ciò che vi è stato annunciato da Dio!” (Lc 1,45).
La Madonna conserverà la fede per tutta la vita, specialmente nel tragico momento della Passione, quando tutto sembra essere finito dal punto di vista umano. La fede gli permetterà di stare ai piedi della croce. Ecco perché gli viene attribuito il merito di aver sconfitto, con la sua fede infallibile, tutte le eresie del mondo intero.

IL MARTIRIO DEL CUORE
Infine, alla sua fede, Maria si unì al martirio del cuore.
La Beata Vergine sopportò nel suo cuore tutto ciò che Nostro Signore soffrì nel suo corpo.
Ogni madre degna di questo nome non può rimanere indifferente alla sofferenza del suo bambino, della carne della sua carne.
Che pensare allora del dolore della Madonna nel vedere il suo Figlio Unigenito schiacciato dalla sofferenza? E non dobbiamo credere che questa sofferenza fosse temporanea. Fin dalla sua infanzia, conosceva le profezie e già soffriva al pensiero dell’ingratitudine degli uomini di fronte al Dio-Uomo. Ma questa sofferenza aumentò quando divenne sua Madre. Quando il profeta Simeone le predisse che una spada di dolore avrebbe trafitto la sua anima,
comprese la causa e l’entità della sofferenza che l’attendeva. Più considerava la bontà di suo Figlio verso gli uomini, più soffriva pensando all’intensità dei tormenti che le sue creature le avrebbero inflitto.
Il Venerdì Santo, la sua sofferenza è al suo apice. Dopo aver seguito il suo divin Figlio sul doloroso cammino del Calvario e aver assistito alla sua crocifissione, si trova ai piedi della croce. Vede suo Figlio coronato di spine, sfigurato, coperto di ferite dalla testa ai piedi. Sente le bestemmie e le parolacce del suo popolo.
Nel cuore di sua madre, è pienamente in comunione con le sue sofferenze. Come dice Bossuet, “il Padre e il Figlio hanno un solo trono, la Madre e il Figlio la stessa croce”. Basta una croce per crocifiggere il Figlio e la Madre. Non dimentichiamo che il sangue che suo Figlio versa è il suo stesso sangue. La Vergine subisce così un vero martirio, e ciò che dà valore alle sue sofferenze è la libera accoglienza del disegno di Dio. Ai piedi della croce, offre le sue sofferenze per la salvezza del mondo.
La conversione del ladrone avviene per i meriti di Nostro Signore, ma anche per la preghiera di Maria. Per questo, dopo aver detto al buon ladrone: «Oggi sarai con me in Paradiso» (Lc 23,43), Nostro Signore si rivolge a sua Madre per chiederle di diventare nostra Madre. Riprendendo fiato, abbassa gli occhi verso sua Madre e San Giovanni, e pronuncia queste meravigliose parole: “Donna, ecco tuo figlio”; poi disse a San Giovanni: «Ecco tua Madre» (Gv 19,26-27). Il discepolo amato ai piedi della croce rappresenta i peccatori giusti e pentiti. D’ora in poi, potremo diventare figli di Maria.

IMITIAMO MARIA
Mostriamo alla Madonna il nostro amore per Dio seguendola sulla via della discrezione, dell’umiltà, della fede e della croce. Cerchiamo di essere anime interiori, mostriamo umiltà nel riconoscere le nostre debolezze, cresciamo nella fede, specialmente in questo secolo in cui tanti uomini e donne vivono lontani da Dio, e infine accogliamo con docilità il mistero della croce nella nostra vita. Così, saremo in grado di onorare la Beata Vergine qui sulla terra e meritare di accedere alla felicità eterna del Cielo.


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