del Guelfo Rosa
Alla fine lo hanno dato su Sky e, pur senza particolare entusiasmo, me lo sono visto. Come sempre accade in questi casi, la gente segue il “caso cinematografico” per 2-3 settimane, poi evapora tutto. E ora che tutti parlano d’altro posso trattarne con più tranquillità.
Premessa I: nella recensione non chiamerò Pio IX col titolo di Beato non perché non ne abbia un’immensa stima, ma per il fatto che la Chiesa deve ancora dare il suo giudizio su quel titolo, attribuito attualmente solo dalle autorità neomoderniste. Col consueto metodo del colpo al cerchio e del colpo alla botte, il Papa Re fu “beatificato” da ecclesiastici che facevano tutto l’opposto del suo insegnamento. Sulla crisi nella Chiesa, sull’infallibilità e sul magistero rimando all’ottimo Parole chiare sulla Chiesa. Perché c’è una crisi, dove nasce e come uscirne. Chi vuole mettere in ordine le idee lo legga.
Premessa II: nella recensione non mi occuperò di questioni storiche (ma solo del prodotto cinematografico in quanto tale). Ci sarebbe molto da dire e già altri qui su Radio Spada hanno analizzato il tema, anche prima che tornasse di moda (vedere, con Ilaria e Monica, Il caso Mortara: il bimbo ebreo che scelse il Papa e con Roselli e Seveso l’episodio dedicato de L’Alabarda Podcast). Ribadisco: le cose da affrontare sarebbero tante, ma questo vale per ogni ricostruzione storica. Su Pio IX si potrebbe ricordare, con San Giovanni Bosco nella sua Storia d’Italia, il grande entusiasmo che la sua figura destò nei primi anni di regno (vedere ad esempio «Gli stessi ebrei si andavano persuadendo che Pio IX fosse il Messia da loro aspettato»). Nel film si fa un brevissimo accenno ai plausi dei primi anni ma poco importa ai fini della presente recensione.
Bene, andiamo a sodo: la pellicola nella sua foga anticlericale ha coloriture pacchiane, con percorsi prevedibili. È talmente caricaturale (religiosi cattolici spesso torvi e inespressivi) da rendere difficoltoso l’immaginarne una parodia.
Un prete ad un certo punto canta da cani, ma così da cani da far rivalutare i cori di zitelle nelle parrocchie moderniste. Probabilmente era voluto. Pio IX non assomiglia fisicamente all’originale ed è rappresentato come psicotico. Ma come psicotico dà un risultato grossolano, poco credibile. L’incubo sulla circoncisione del Papa sembra uscito da un horror pensato male. A tratti ci si può interrogare sul genere del film: Storico? Grottesco? In ogni caso inferiore alla commedia italiana anni ‘70.
Pur cercando di toccare la parte bassa della psiche con scene strappalacrime, dopo un po’ annoia. Forse, proprio per rompere la noia e la prevedibilità, i personaggi a volte si comportano da pazzi, ma il risultato complessivo è una fetecchia. Dal film, in sostanza, non escono benissimo né Edgardo, né la comunità ebraica romana.
Ovviamente non manca mai il condimento obbligatorio in questi casi: un po’ di risorgimento tricolor-savoiardo. Ah, a proposito: proprio in questi giorni ricorre l’anniversario (22 ottobre 1867) dell’attentato dei terroristi filo-garibaldini alla caserma pontificia Serristori. Morirono venticinque Zuavi – 16 italiani e 9 francesi – e due civili romani, Francesco Ferri e la piccola figlia Rosa. Di loro e di mille altre trame ordite nelle logge contro il Trono di Pietro, anche ben precedenti (vedere: La rivoluzione guardata negli occhi. Un libro che spiega il passato e racconta il futuro), non troverete ovviamente traccia. Di questo però non faccio, strettamente parlando, una “colpa” al regista perché il film parla soprattuto di altro.
La fotografia, ben fatta, lascia trasparire la grandezza immortale della Chiesa. Persino la figura dell’Inquisitore di Bologna, Padre Pier Gaetano Feletti (vedere l’articolo: Padre Pier Gaetano Feletti, l’ultimo Inquisitore di Bologna) per quanto banalizzata, non viene del tutto offuscata nella sua verticalità.
La pellicola può fare breccia (e la parola breccia non è scelta a caso) giusto nella mente di qualche signorina del ceto medio semicolto, che dopo aver pianto pensando al bimbo Edgardo, corre in piazza a manifestare per il “diritto” delle donne ad ammazzare i bambini direttamente nella pancia materna o per quello di due ricchi sodomiti di comprarli direttamente dalla partoriente, con tanto di contratto d’affitto uterino. Che poi, se le piangenti signorine suddette chiedessero al non più bimbo Edgardo (divenuto poi Padre Pio Maria Mortara) cosa pensasse della vicenda si sentirebbero rispondere con lodi a Pio IX. E invece di lacrimare su di lui, dovrebbero farlo su loro stesse.
In sintesi e in conclusione, per citare Il secondo tragico Fantozzi (1976), questo film è un po’ come La corazzata Potëmkin, ovvero:
una c. pazzesca.
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