Di seguito il testo della bolla “Omnipotens Sermo Dei” con cui Gregorio XV decise la canonizzazione di Teresa d’Avila, madre e maestra dei Carmelitani Scalzi.

GREGORIO VESCOVO
SERVO DEI SERVI DI DIO

A perpetua memoria

L’onnipotente Parola di Dio, che dal seno del Padre discese in queste profondità per liberarci dal potere delle tenebre, compiuto il tempo della sua missione, mentre passava da questo mondo al Padre, per diffondere nel mondo intero la Chiesa dei suoi eletti che aveva acquistato con il suo sangue e per istruirla con la parola di vita, per confondere la sapienza dei sapienti e distruggere ogni malvagità, che si levava contro Dio, non scelse molti nobili, né molti sapienti, ma i disprezzati del mondo, perché portassero a compimento il suo ministero, per il quale erano predestinati dai giorni dell’eternità, non attraverso la sublimità del discorso, né con parola di umana sapienza, ma nella semplicità e nella verità. Inoltre, nelle generazioni successive, quando, secondo i tempi prestabiliti, egli si degnò di visitare il suo popolo per mezzo dei suoi servi fedeli, assunse a tale ministero i più semplici e umili, attraverso i quali accordò grandi favori alla Chiesa Cattolica, rivelando loro secondo la sua parola, i misteri del regno celeste nascosti ai sapienti e agli intelligenti, illuminandoli inoltre con i doni ei celesti carismi, perché sostenessero la Chiesa con gli esempi di ogni genere di virtù e di opere buone e la ornassero con lo splendore dei segni.
Ma ai nostri giorni ha operato una grande vittoria per mano di una donna; ha suscitato infatti nella sua Chiesa, come una nuova Debora, la vergine Teresa la quale, dopo aver conseguito una stupenda vittoria sulla sua carne con la perpetua verginità, sul mondo con l’ammirabile umiltà e su tutte le insidie del diavolo con le numerose ed eccelse virtù, accingendosi alle più illustri imprese ed elevandosi al di sopra della condizione e della portata del suo sesso con la grandezza del suo coraggio, cinse di forza i fianchi e irrobustì il suo braccio, e formò un esercito di valorosi che combattessero con armi spirituali per la casa del Dio degli eserciti e per la sua Legge e i suoi comandamenti. Perché potesse portare a compimento un’opera così ardua, il Signore la ricolmò con lo spirito di sapienza e di intelligenza e con i tesori della sua grazia, perché il suo splendore rifulgesse per tutta l’eternità nella casa di Dio come una stella nel firmamento.
Giudicammo dunque essere degno e conveniente di decretare con apostolica autorità che colei, che Dio e l’unigenito Figlio suo Gesù Cristo nostro Signore degnarono di mostrare al suo popolo come una sposa ornata di corona e abbigliata dei suoi gioielli per la gloria dei miracoli, assecondando la nostra sollecitudine pastorale per la Chiesa universale, alla quale presidiamo benché senza i meriti che lo giustifichino, venga onorata e venerata come santa ed eletta di Dio, affinché tutti i popoli confessino il Signore nelle sue meraviglie, ed ogni carne conosca che nei nostri giorni le sue misericordie non sono venute meno; in modo che, sebbene a causa del peso dei nostri peccati egli ci visiti talora con la verga del suo sdegno, non trattiene però nella sua ira le sue misericordie, mentre nelle nostre afflizioni ci rinvigorisce con nuovi soccorsi e va moltiplicando i suoi amici, che difendano e proteggano la Chiesa con il sostegno dei loro meriti e delle loro intercessioni.
E perché tutti i fedeli cristiani comprendano quale abbondanza del suo spirito Dio ha riversato sulla sua serva, e di conseguenza come la devozione vada di giorno in giorno crescendo a suo riguardo, con questa lettera manifestiamo quali delle sue più insigni virtù e le altre meraviglie che il Signore ha operato con la sua mano siano da annoverare.
Teresa nacque ad Avila nel regno di Castiglia, nell’anno della nostra salute 1515, da genitori di nobile stirpe, come pure distinti per integrità di vita. Da essi allevata nel timore del Signore, fin dalla tenerissima età diede ammirabili prove della sua futura santità. Infatti, avendo letto gli atti dei santi martiri, fu il suo cuore a tal punto penetrato dal fuoco dello Spirito Santo che, con il fratello germano, pure lui bambino, fuggì di casa per andare in Africa, dove spargere il sangue e dare la vita a testimonianza di Gesù Cristo. Ma essendo stata distolta dal suo disegno per volere di uno zio, e piangendo continuamente la perdita di quella fortunata occasione, compensò l’ardente desiderio del martirio con elemosine e altre opere pie. E quando giunse all’età di vent’anni, si consegnò tutta al servizio di Cristo e abbracciando la vocazione divina con la quale da lui era stata chiamata, si consacrò tra le monache dell’Ordine mitigato di Santa Maria del Monte Carmelo affinché, piantata nella casa del Signore, fiorisse negli atri della casa del nostro Dio. Emessa la professione in quel monastero, per diciotto anni afflitta da gravi malattie e tormentata da molte tentazioni, senza mai trovare alcuna consolazione celeste, ella sopportò tutto, grazie all’aiuto del Signore, con tale costanza che, per questa prova della sua fede, riconosciuta ancora più preziosa dell’oro purificato dal fuoco, fu trovata degna di onore, di lode e di gloria nella rivelazione di Gesù Cristo.
E poiché per erigere il sublime edificio delle virtù cristiane, va posto il fondamento della fede, Teresa lo collocò così fermo e stabile al punto che, secondo la parola del Signore, si deve paragonare a quell’uomo saggio che ha edificato la sua casa sulla roccia. E infatti, come ella stessa sovente attestò, credeva e venerava con fermezza i santissimi misteri della Chiesa e tutti gli altri dogmi della nostra religione cattolica, che qualsiasi altra cosa non poteva raggiungere per lei maggiore certezza. Rischiarata dalla luce della fede, contemplava tanto distintamente con gli occhi dell’anima nella sacratissima Eucaristia il corpo di nostro Signore Gesù Cristo, da affermare che non aveva nulla da invidiare a coloro che avevano visto il Signore con gli occhi del corpo. Quanto alla virtù della speranza, essa l’aveva viva nel Signore, al punto da deplorare incessantemente la sua prigionia in questa presente vita mortale, poiché le impediva di stare per sempre con il Signore. E non di rado cadeva in estasi, mentre considerava nel suo cuore le delizie della patria celeste, con un tale trasporto da goderne nella carne. Ma fra tutte le altre virtù di Teresa soprattutto risplendette l’amore di Dio che a tal punto arse nel suo cuore che i confessori della stessa Teresa ne ammiravano e celebravano la carità, propria non di uomo ma di un cherubino. Una virtù che anche il Signore nostro Gesù Cristo accrebbe mirabilmente con molte visioni e rivelazioni. Una volta, datale la destra e mostrandole il chiodo, la prese in sposa e si degnò di rivolgersi con queste parole: “D’ora innanzi come vera sposa tu avrai cura del mio onore; giacché io sono tutto tuo e tu sei tutta per me”. Ella vide pure un angelo che le trafiggeva le viscere con un dardo ardente: da allora grazie a questi doni celesti la fiamma dell’amore divino occupò a tal punto il suo cuore che, guidata da Dio, emise l’assai arduo voto di compiere sempre ciò che era più perfetto e quanto avrebbe creduto tendere alla maggior gloria di Dio. Anzi, dopo la sua morte, in una visione, manifestò a una monaca che la vita l’aveva lasciata non in conseguenza di una malattia, ma per il fuoco consumante dell’amore divino.
Con molte prove fu manifesto che amò il prossimo con una carità incessante; ma soprattutto che desiderava ardentemente la salvezza delle anime. Ella piangeva continuamente le tenebre in cui vivevano gli infedeli e gli eretici; e per ottenere la loro conversione offriva a Dio digiuni, discipline e molte altre mortificazioni del proprio corpo. Questa santa vergine aveva deciso in cuor suo di non lasciare trascorrere giorno senza aver reso una dimostrazione di carità, nella quale anche Dio le prestava aiuto; e infatti, con il suo sostegno, non le mancò mai l’occasione di doverla esercitare.
Quanto all’amore verso i nemici, in modo mirabile imitò il Signore Nostro Gesù Cristo, poiché sopportando con rassegnazione le avversità e le persecuzioni più orribili, tuttavia amava quelli che la perseguitavano e pregava per coloro che la odiavano. Anzi, le ingiustizie e gli oltraggi che sopportava le davano occasione per esercitare il suo amore e la sua carità: alcuni personaggi illustri avevano il costume di dire che chi voleva essere amato da Teresa doveva offenderla e farle del male per metterla in condizione di giovare loro.
Riguardo ai voti, che nella professione religiosa aveva promesso a Dio, furono da lei adempiuti con zelo e diligenza scrupolosi; non solo sottomise tutte le sue azioni esteriori alle decisioni dei superiori con la più grande umiltà di spirito, ma fece solenne proponimento di uniformare alla loro volontà anche ogni suo pensiero. E di questo lasciò dei luminosi esempi. Talvolta, per comando dei suoi confessori, che sospettavano che fosse ingannata da un angelo di tenebre, umilmente derise e trattò con disprezzo il Signore Gesù Cristo che spesso le appariva, non senza una grande ricompensa per così profonda obbedienza. In virtù di questa sottomissione, ella gettò alle fiamme un libro che aveva composto sul Cantico dei Cantici, ripieno di insigne pietà, e ciò per obbedire al suo confessore. Aveva l’abitudine di dire che essa poteva ingannarsi nel distinguere le visioni o le rivelazioni, ma non nel mostrarsi obbediente ai suoi superiori. Amò così tanto la povertà, al punto che non solo si guadagnava il vitto con il lavoro delle sue mani, ma se vedeva qualche religiosa indossare un abito meno decente del suo, subito scambiava con quella il proprio abito; e se qualche volta accadeva che le venisse a mancare il necessario, ella mirabilmente gioiva ed esultava e rendeva grazie a Dio come se avesse ricevuto un insigne beneficio. Ma fra le altre virtù, con cui si distingueva come una sposa ornata magnificamente da Dio, effulse l’integerrima castità, che coltivò in modo esimio, cosicché non solo mantenne fino alla morte il proposito concepito fin dalla fanciullezza di conservare la verginità, ma conservò libera da ogni macchia l’angelica purezza del corpo e del cuore. Ella ornava queste insigni virtù con una magnifica umiltà di cuore; e infatti, essendo l’anima favorita di giorno in giorno da carismi, ella pregava il Signore che ponesse un termine alle sue grazie, e che non dimenticasse così presto le rilevanti offese. Desiderava ardentemente gli insulti e gli affronti; aborriva non solo gli onori mondani ma anche desiderava restare sconosciuta agli uomini. La pazienza invincibile di questa santa vergine la attesta quella voce mediante la quale spesso esclamava al Signore: “Signore, o patire o morire”.
Oltre ai favori compartitili dalla divina bontà, con cui l’Onnipotente volle ornata questa sua amata come con gioielli preziosi, la arricchì abbondantemente anche di altre grazie e di doni. La colmò infatti di uno spirito d’intelligenza che non solamente lasciò alla Chiesa di Dio esempi di buone opere, ma la irrigò di una pioggia di celeste sapienza, avendo scritto libri di teologia mistica e altri ricolmi di grande devozione, dai quali le menti dei fedeli ricavano frutti abbondanti e sono sommamente stimolate a desiderare la patria celeste.
Istruita da questi doni celesti e illuminata dalla forza divina, ella cominciò un’opera difficilissima assai per chiunque, ma alquanto utile e proficua per la Chiesa di Cristo. Fece nascere la riforma dell’Ordine Carmelitano, e vi riuscì, non solo riguardo alle donne, ma si applicò pure egregiamente anche al ramo maschile. Andò fondando in tutta la Spagna e in altri luoghi della cristianità molti monasteri di religiosi e religiose, sebbene priva di denaro e di mezzi, confidando soltanto nella misericordia di Dio, in quanto non solo si trovava sprovvista di qualunque altro soccorso umano, ma sovente incontrando anche la resistenza e l’opposizione dei principi e dei potenti di quel tempo. E tuttavia, mentre il Signore confermava la sua opera, i monasteri misero radici e intrapresero una crescita e infine produssero frutti abbondanti nella casa di Dio.
Dio volle evidenziare le grandi virtù di Teresa con dei miracoli già nel tempo della sua vita. Noi ne citeremo alcuni nella presente lettera.
Essendovi una grande carestia di grano nella diocesi di Cuenca e trovandosi nel monastero di Villanueva de la Jara appena tanta farina sufficiente per mantenere per lo spazio di un mese diciotto religiose, per i meriti e l’intercessione di questa santa Vergine, Dio onnipotente, che nutre coloro che in lui sperano, la moltiplicò talmente che, nel corso di sei mesi, per quanto ne adoperassero abbondantemente per il mantenimento delle serve di Dio, non venne mai meno fino al tempo del nuovo raccolto.
Anna della Trinità, monaca del convento di Medina del Campo, era afflitta da grave erisipela al volto e da febbre. Teresa dapprima l’accarezzò, toccando poi leggermente la parte malata: “Coraggio, figlia mia – disse ella –, Dio ti libererà, spero, da questa malattia”. E subito la febbre e ogni altro male disparvero.
Alberta, priora dello stesso monastero, era in pericolo di vita a causa della pleurite e della febbre. Ma la santa vergine Teresa, avendo toccato la parte dove perseverava il male, le annunciò che ella era stata risanata e le comandò di alzarsi. Ella, perfettamente guarita, subito si alzò dal letto lodando Dio.
Finalmente, essendo giunto il tempo in cui doveva ricevere dalla mano di Dio la corona di gloria, tanto per le fatiche sopportate in suo onore, quanto per le opere buone compiute per l’utilità della Chiesa, cadde gravemente ammalata in Alba. Durante il tempo della sua malattia si tratteneva con le consorelle di frequente sull’amore divino con parole chiaramente meravigliose, rendendo spesso grazie a Dio per averla accolta nella Chiesa Cattolica; e raccomandando come beni insigni la povertà e l’obbedienza dovuta ai superiori. Poi, avendo ricevuta con tutta umiltà e proprio con amore celeste il sacro viatico del suo pellegrinaggio e il sacramento dell’estrema unzione, tenendo in mano l’immagine di Cristo crocifisso, ella s’involò alla patria celeste.
Con molti segni Dio manifestò quale sublime grado di gloria avesse elargito in cielo a Teresa: infatti molte monache religiose e timorate di Dio videro lo splendore della sua gloria. L’una vide sopra il tetto della chiesa, nel coro e al di sopra della cella dove essa era morta, una moltitudine di luci celesti. Un’altra scorse vicino al suo letto Cristo Signore in grande splendore circondato da una numerosa corona di angeli. Un’altra ancora vide una moltitudine di persone vestite di bianco entrare nella sua cella e porsi intorno al letto. Ve ne fu una altresì che al momento in cui rendeva lo spirito vide uscire dalla sua bocca una bianca colomba che volava in cielo. Un’altra vide partire dalla finestra una luce simile al cristallo. Persino un albero vicino alla sua camera, coperto di calce e ostruito da un muraglia, e inaridito da molti anni, senza tenere conto della stagione e della natura si trovò, al momento in cui ella spirò, improvvisamente carico di fiori. Dopo l’estremo trapasso il suo corpo apparve di una singolare bellezza, senza alcuna ruga, d’una candidezza meravigliosa, simile agli abiti e alle tele di cui faceva uso nel tempo della sua malattia, esalando un odore soave e delizioso, con grande sorpresa e ammirazione di tutti.
Dio operò altresì molti altri miracoli per i meriti della sua serva, che resero glorioso il suo ingresso in cielo. Una monaca che da lungo tempo soffriva di un male alla testa e agli occhi, prese la mano della vergine defunta e, portatala alla testa e agli occhi, fu guarita immediatamente. Un’altra, parimenti, baciando i suoi piedi, recuperò il senso dell’odorato che aveva perduto e percepì corporalmente l’olezzo dei profumi che per virtù di Dio tramandava il suo sacrosanto corpo.
Il suo corpo fu posto in un feretro di legno senza alcun medicamento, e seppellito profondamente sottoterra, mentre la fossa era riempita di grosse pietre e di calce. Eppure usciva dal sepolcro un profumo intenso e meraviglioso, tanto che fu deciso di riesumare il sacro corpo. Fu trovato integro, incorrotto e elastico come se fosse stato seppellito da poco, e cosparso inoltre da un liquore odoroso che continua a trasudare permanentemente fino ad oggi, volendo così Dio rendere testimonianza con un continuo miracolo della santità della sua serva. Perciò il suo corpo, rivestito di nuovi abiti, dato che i precedenti erano stati consumati dalla putredine, fu posto in un nuovo feretro e di nuovo collocato nello stesso luogo. Rimastovi per lo spazio di tre anni, fu poi aperto per trarne quel prezioso cimelio e trasferirlo ad Avila. Esaminato di frequente, per ordine dei delegati apostolici, esso fu sempre ritrovato incorrotto, elastico, cosparso dello stesso liquore e tramandando il medesimo profumo.
Nel corso degli anni, Dio ha manifestato agli uomini la gloria della sua serva con continue grazie, che egli accordò in forza della sua intercessione a quelli che si erano raccomandati fervorosamente alle sue preghiere.
Un fanciullo dell’età di quattro anni aveva il corpo rattrappito e deforme da non poter camminare, né tantomeno muoversi restando coricato. Avendo sortito dalla nascita questa deformità, non ne risentiva alcun dolore, per cui lo giudicarono affatto incurabile; ma essendo stato portato per nove giorni nella camera dove la santa Vergine aveva abitato durante la sua vita, egli provò in sé una forza straordinaria e si trovò repentinamente risanato e gagliardo, e in grado di camminare sulle sue gambe, e cominciò a raccontare, suscitando la meraviglia di tutti, di avere ottenuto la perfetta guarigione per l’intercessione della madre Teresa di Gesù.
Una monaca, Anna di San Michele, pativa da due anni dolori acutissimi a causa di tre cancri che la affliggevano al petto: non solo non poteva dormire, ma nemmeno flettere il collo né alzare le braccia. Avendo applicato una particella delle reliquie di santa Teresa al petto ed essendosi raccomandata con tutto il cuore al suo patrocinio, fu guarita in un momento: non solo svanì ogni piaga dal suo corpo, ma anche da altre infermità che la travagliavano nel cuore da lungo tempo.
Francesco Perez, rettore di una chiesa parrocchiale, era tormentato da un ascesso che gli si era formato alla bocca dello stomaco, così che il braccio si era rattrappito al punto che da cinque mesi non poteva celebrare il santo sacrificio della messa. Poiché gli umani rimedi si erano rivelati inutili, ricorse all’aiuto divino e, alzando gli occhi al monte di Dio, ottenne la salute. Portando sul petto con una mano una lettera scritta dalla Vergine Teresa, fu guarito dal male che aveva in quella parte; avendo poi visitato il sepolcro della Vergine, e applicando il braccio che si custodisce in Alba al suo ancora rattrappito, sperimentò ancora la forza divina risanatrice ritrovandosi perfettamente risanato.
Giovanni de Leyva aveva un terribile mal di gola, che gli impediva perfino di respirare; era ridotto all’estremo, quando, avendo preso un fazzoletto di cui si era servita santa Teresa, lo pose fiduciosamente sulla parte malata; preso dal sonno e risvegliatosi poco dopo, si trovò all’improvviso guarito, confessando di dover la guarigione ai meriti della beata Teresa.
Dato che la santità di Teresa era già celebrata da tutte le nazioni e il suo nome tenuto in grande onore dai fedeli cristiani, poiché il Signore operava per sua intercessione tanti miracoli che andavano aumentando di giorno in giorno e con essi la venerazione per lei, per l’autorità dell’ordinario furono celebrati diversi processi in varie parti della Spagna che furono trasmessi a questa Santa Sede. E su istanza di Filippo III, re cattolico di Spagna, di illustre memoria, discusso diligentemente l’affare tanto dalla Sacra Congregazione dei Riti che dalla Rota, il nostro predecessore Paolo V, di felice memoria, permise a tutti i frati dell’Ordine Carmelitano che si celebrasse in suo onore l’Ufficio come di una Vergine.
Avendo lo stesso re Filippo di nuovo supplicato il già nominato Paolo V, nostro predecessore, in favore della canonizzazione della beata vergine Teresa, lo stesso Paolo affidò di nuovo l’affare ai cardinali della Sacra Congregazione dei Riti che decretarono di doversi compiere nuovi processi per comando dell’autorità apostolica e incaricarono in forza della medesima autorità a questo scopo il cardinale Bernardo Rojas, di buona memoria, arcivescovo di Toledo, e i venerabili fratelli, i vescovi di Avila e di Salamanca, i quali compiuta con grande cura la loro missione, trasmisero tutti gli atti allo stesso Paolo V nostro predecessore. A quel punto egli diede mandato ai tre uditori delle cause del palazzo apostolico, Francesco arcivescovo titolare di Damasco, ora cardinale di santa romana Chiesa, Giovanni Battista Coccina, decano, e Alfonso Manzanedo di esaminare con somma cura questi atti e dargliene il parere. Considerata attentamente ogni cosa, come richiesto dall’importanza della questione, riferirono al predecessore Paolo V, che la santità della vita e i miracoli della beata vergine Teresa erano pienamente giustificati e che tutto quanto si richiede dai sacri canoni per la sua canonizzazione era stato ampiamente adempiuto, così da poter procedere oltre. Affinché la cosa proseguisse con quella prudenza richiesta da un affare così importante, il suddetto Paolo V tuttavia ordinò ai nostri diletti figli cardinali di santa romana Chiesa della Congregazione dei Sacri Riti, che di nuovo rivedessero i processi con grande diligenza e prendessero esatta cognizione dell’intera causa.
Ora, avendo Paolo V concluso il suo pellegrinaggio terreno, e noi, sebbene privi di meriti, per la sola bontà divina essendo stati chiamati al governo della Chiesa, abbiamo creduto necessario dare compimento a questo affare per accrescere l’onore divino e per l’utilità della santa Chiesa. E abbiamo creduto inoltre che sarebbe stato un grande mezzo per alleviare le calamità dei nostri tempi se fosse accresciuta la devozione dei fedeli cristiani verso i santi e gli eletti di Dio, poiché essi avrebbero interceduto per noi in così gravi necessità. Pertanto noi ordinammo ai suddetti cardinali di eseguire al più presto quanto era stato loro comandato dal nostro predecessore. La qualcosa fu eseguita con grande diligenza ritenendo all’unanimità che si dovesse canonizzare la Santa Vergine. Il nostro venerabile fratello, il cardinale Francesco Maria Del Monte, vescovo di Porto, espose dinanzi a noi, nel nostro Concistoro, il sommario di tutti i processi e il suo parere e quello dei suoi colleghi. Dopo aver ascoltato tutto questo, i rimanenti cardinali che erano presenti si pronunciarono con un parere unanime di procedere oltre. Avendo allora il diletto figlio Giulio Zambeccari, avvocato della nostra aula concistoriale, perorato nel concistoro pubblico in favore della sua canonizzazione e avendoci umilmente supplicato a nome di Filippo re cattolico di Spagna, carissimo figlio in Cristo, perché ci degnassimo di procedere ad essa, Noi su una cosa così rilevante abbiamo vivamente esortato per le viscere di Cristo i venerabili fratelli nostri cardinali di Santa Romana Chiesa e i vescovi presenti in curia affinché, perseverando nelle preghiere, nei digiuni e nelle elemosine e con noi piegando le loro anime davanti a Dio, implorassero il Dio Padre della luce, perché emettesse dall’alto la sua luce e la sua verità per condurci a conoscere e a portare a compimento la sua volontà e il suo beneplacito. Perciò, convenuti al concistoro semipubblico tenutosi in seguito, convocati non solamente i cardinali, ma anche i patriarchi, gli arcivescovi e i vescovi che si trovano nella nostra curia, e alla presenza anche dei notai della sede apostolica e degli uditori delle cause del sacro palazzo, essendo stati richiamati molti fatti relativi all’insigne santità della serva di Dio, alla quantità e fama dei miracoli e alla devozione dei popoli verso di lei in tutta la cristianità; dopo avere esposte le istanze che ci furono inoltrate, non solo a nome di grandissimi re, ma ancora a nome del nostro carissimo in Gesù Cristo, Ferdinando re dei Romani eletto imperatore, e di moltissimi principi cristiani, tutti concordi e unanimi nel benedire Dio che rende onore ai suoi fedeli, fummo del parere che si dovesse canonizzare la beata Teresa e ascriverla nel novero delle sante Vergini.
Perciò udito l’universale consenso, nell’affetto più profondo del cuore abbiamo esultato nel Signore e ci siamo rallegrati nella sua salvezza, rendendo grazie a Dio e al suo divin Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, per aver guardato con misericordia la sua Chiesa, ed averla voluta rischiarare di tanta gloria. Pertanto abbiamo stabilito il giorno della canonizzazione e ingiunto ai nostri fratelli e figli di perseverare nelle preghiere e nelle elemosine, affinché nel momento di compiere un’opera così importante, lo splendore del Signore Dio nostro sia sopra di noi, perché diriga l’opera delle nostre mani a portare a compimento la sua volontà.
Finalmente essendo stato eseguito tutto ciò che dalle sacre Costituzioni e dalla consuetudine della Chiesa romana si richiedeva, oggi nella sacra basilica del Principe degli apostoli, noi ci siamo radunati con i nostri venerabili fratelli cardinali, nonché i patriarchi, gli arcivescovi, i vescovi, i prelati della curia romana, gli ufficiali e i nostri familiari, il clero secolare e regolare, ed una grandissima moltitudine di popolo. Ripetute le domande per il decreto di canonizzazione, in nome del nostro carissimo figlio in Gesù Cristo, Filippo re cattolico, da parte del nostro amatissimo figlio Ludovico Ludovisi, cardinale del titolo di Santa Maria Transpontina, nostro nipote secondo la carne; per mezzo di Giulio, l’avvocato sunnominato per detta canonizzazione, dopo aver cantato le sacre preghiere e litanie, ed avendo implorato umilmente la grazia dello Spirito Santo, ad onore della santa e indivisa Trinità e ad esaltazione della fede cattolica, con l’autorità di Dio Padre onnipotente e del Figlio e dello Spirito Santo, con quella dei santi Apostoli e la nostra, con il consiglio e il consenso unanime dei nostri venerabili fratelli cardinali di Santa Romana Chiesa, dei patriarchi, degli arcivescovi e dei vescovi della curia romana, decretiamo che la vergine Teresa di buona memoria, nata ad Avila, della quale si sono constatate e si constatano la piena santità della vita, la purezza della sua fede e l’eccellenza dei suoi miracoli, debba essere riconosciuta come santa; e stabiliamo che ella debba essere annoverata nel catalogo delle sante Vergini come noi dichiariamo, decretiamo e ammettiamo secondo la forma della presente lettera e abbiamo ordinato e ordiniamo a tutti i fedeli in Gesù Cristo di riverirla e di onorarla come veramente santa.
Stabiliamo pure che in tutte le chiese si possano erigere e consacrare in suo onore templi ed altari nei quali si offrano sacrifici a Dio; e che tutti gli anni il 15 di ottobre, giorno in cui ella fu trasportata alla gloria celeste, il suo ufficio possa essere celebrato come a una santa Vergine come è prescritto dal Breviario romano. Con la stessa autorità noi abbiamo rimesso e rimettiamo misericordiosamente in nostro Signore a tutti i fedeli in Gesù Cristo veramente pentiti e confessati, che tutti gli anni alla medesima festa visiteranno il sepolcro ove riposa il suo corpo, un anno e una quarantena, e a quelli che lo visiteranno nell’ottava di questa festa, quaranta giorni di penitenza ad essi imposta o dovuta in altro modo.
Finalmente avendo reso grazie a Dio cui è piaciuto illuminare la sua Chiesa di questa nuova e sublime luce, e dopo aver cantato in onore di santa Teresa la solenne orazione delle sante vergini, abbiamo celebrato la messa all’altare del principe degli apostoli, con la commemorazione di questa santa vergine; e abbiamo concesso a tutti i fedeli presenti l’indulgenza plenaria di tutti i loro peccati.
È dunque ragionevole che per un sì gran beneficio, con ogni umiltà tutti benediciamo e glorifichiamo Colui al quale si deve ogni benedizione, onore, gloria e potenza nei secoli dei secoli, implorando da Lui con continue preghiere che per l’intercessione della sua eletta, distogliendo la faccia dai nostri peccati, abbia pietà di noi, ci difenda e ci mostri la luce delle sue misericordie, e invii il suo santo timore a quei popoli che non lo conoscono, affinché sappiano non esservi altro Dio che il nostro Dio. Nondimeno, siccome è difficile che le presenti nostre lettere possano diffondersi in tutti i luoghi ove sarebbe necessario, è nostra volontà che dappertutto si debba prestare fede ugualmente alle copie, come quelle stampate sottoscritte con la firma del pubblico notaio, e munite del sigillo di qualche persona costituita in dignità ecclesiastica, come si farebbe con le presenti se fossero prodotte o mostrate. Che nessuno dunque osi disconoscere questo documento della nostra definizione, determinazione, iscrizione, ordine, comando, statuto e volontà o contravvenirvi con temerario ardire. Che se qualcuno avesse la presunzione di osare tanto, sappia che egli incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei santi apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma in San Pietro, nell’anno dell’Incarnazione di nostro Signore 1622, il dodicesimo giorno di marzo, e secondo del nostro pontificato.

GREGORIO
VESCOVO DELLA CHIESA CATTOLICA


Testo latino in Opere complete della S. M. Teresa di Gesù.

fonte: carmeloveneto.it
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