Nota di RS: continua con un nuovo nome una rubrica storica e la collaborazione di un grande amico di RS con il nostro blog. Ne sono ovviamente onorato e auguro a quest’appuntamento di crescere e fiorire sulle nostre pagine virtuali. Sono certo che, data l’acribia e la DEDIZIONE del suo curatore, essa manterrà una moderata continuità, malgrado questi tempi bellici e infelici, frantumati e irregolari. Buona lettura! (Piergiorgio Seveso, Presidente SQE della Fondazione Pascendi ETS)

di Cardinale Albus

nella festa della Dedicazione delle Basiliche dei Ss. Pietro e Paolo in Roma

Mentre il primo millennio di storia cristiana volgeva al crepuscolo, una lucerna irradiava il fulgore dalla Roma eterna: il grande e dottissimo papa Silvestro II, sedente sulla cattedra di san Pietro dal 999 al 1003. Di stirpe aquitana Gerberto attinse alla sapienza sacra e classica presso i monaci di St-Géraud d’Aurillac. Il conte catalano Borrel, ammirato dalla sua inusitata cultura, patrocinò il soggiorno del giovane chierico nella sua terra: Gerberto vi apprese con particolare ardore le arti aritmetiche e astrologiche di marca greca e araba, tanto che gli si deve la messa a punto dell’abaco e del primo orologio nell’Europa cristiana. Divenuto maestro (scholasticus) della cattedrale di Reims e successivamente abate di Bobbio, fu dunque elevato alla dignità pontificia nel 999 grazie al sostegno della corte imperiale del giovane Ottone III di cui fu precettore. Pur conducendo la barca di san Pietro con prudenza e attenzione nei confronti delle istanze del sovrano sassone, fu fermo nel garantire le prerogative della Chiesa romana sia nell’Urbe sia nell’orbe; in particolare risalta il legame con gli Ungari e massime con santo Stefano, primo re di quel popolo convertito, battezzato e incoronato nell’alveo della religione cristiana.

Degno di riverenza e stima per quanto operato nel corso della sua vita terrena, purtuttavia, mirabile e strabiliante è quanto concerne la morte e le vicende delle sue spoglie. Il 3 maggio 1003, mentre cantava messa nella basilica di S. Croce in Gerusalemme, fu colto da un forte malessere. Il 12 maggio morì e fu sepolto nei pressi del Laterano, fino al secolo seguente vera e propria necropoli pontificia. Quando il corpo si spense si accese la fiaccola della leggenda, al cui baluginio contribuirono non solo le credenze popolari dell’Urbe, ma anche le calunnie contro la Sede romana proferite da scherani e cani da guardia dei partigiani imperiali prima e dei mesti e lugubri falsari di marca protestante poi. La maldicenza giunse al tal segno che Silvestro fu accusato di praticare le arti magiche e la negromanzia. Taluni cronisti del XII secolo narrano, addirittura, che il papa dell’anno Mille fosse uso consultare un cranio abitato da un demone: questi avrebbe predetto a Silvestro la morte in Gerusalemme, cosa che in un certo qual modo accadde, giacché morì, udendo voci giunte dall’Inferno, nella basilica di S. Croce, sita sulla terra proveniente dalla Palestina e dove sono custodite le reliquie della Vera Croce –. La testa parlante era con ogni probabilità uno strumento di origini antichissime: un eolipila. Essa consisteva in una sfera riempita di acqua i cui bollori producevano fischi e sibili che certamente ricordano voci dall’Oltretomba.

In ogni caso, misteriose e inspiegabili risultano alcune questioni riguardanti la sua sepoltura in Laterano. Per lungo tempo si è creduto che le sue ossa tremassero ogni qualvolta si fosse avvicinato il pio transito di un pontefice; allo stesso modo, dal suo sepolcro è testimoniata una stillata di acqua in prossimità del decesso di un papa o di un cardinale: nel primo caso si trattava di poche gocce che inumidivano il terreno, nel secondo un vero e proprio profluvio. Fededegno è certamente quanto riportato dal canonico lateranense Cesare Maria Antonio Rasponi, nel 1648, durante ampi lavori che coinvolsero il sotterrano dell’antico patriarchio: Trovammo il corpo di Silvestro racchiuso in un’urna di marmo, interrata alla profondità di dodici palmi: era intatto, avvolto nelle vesti pontificali, le braccia disposte in croce, il capo coperto dalla sacra tiara;

ma in un istante quel corpo si dissolse nell’aria, che ancora restò impregnata dei soavi profumi posti nell’urna: null’altro rimase che la croce d’argento e l’anello pastorale.

E, ancora oggi, come sa chi ha la ventura di vagare tra le maestose vie dell’Urbe, non meno che la radiosa magnificenza delle vestigia antiche, l’ombra della Roma che ormai più non si vede sussurra storie come quella di Silvestro II, dalla cui figura umana, caduca e passeggera, traluce come in filigrana il sempiterno lume dell’origine divina del sommo pontificato.

Fonte: Pope Silvester II. and the Devil. Miniature from Martinus Oppaviensis’ Chronicon pontificum et imperatorum, Cod. Pal. germ. 137, Folio 216v, ~1460. (wikipedia free use)

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