Sintesi della 693°conferenza di formazione a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, non tenuta in seguito alla parziale chiusura dell’Ateneo a causa di Coronavirus, preparata nella festa del Corpus Domini 2022 e pubblicata nella Dedicazione della Arcibasilica Lateranense 2023. Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso). La conferenza numero 694 è stata la terza puntata del Cineforum Antagonista “Libertà progresso orrore” con la proiezione de “La rabbia” di Giovannino Guareschi e Pierpaolo Pasolini.
William Prescott(1796-1859) fu un puritano americano, discendente da due casate (i Prescott e gli Hickling) appartenenti all’ aristocrazia democratica che si era consolidata nella temperie della Rivoluzione americana e di quella francese. Figlio dell’ avvocato William Prescott e di una nobildonna, Catherine Hickling, poteva vantare la discendenza come pronipote dal colonello William Prescott, uno dei primi colonizzatori della Nuova Inghilterra.
Decise di non seguire la professione del padre e di lasciare gli studi letterari che aveva intrapreso per alcuni anni, al seguito del maturare di una fortissima passione per la storia, segnatamente per l’ epoca della conquista spagnola e della colonizzazione del Nuovo Mondo.
La sciagura della perdita della funzionalità di un occhio( la progressione della malattia porterà alla perdita anche dell’altro occhio e al decesso) costrinse Prescott a coltivare la sua passione storica con una contemplazione sedentaria, rinunciando dunque all’esplorazione attiva.
Possiamo dunque immaginare in quale condizione di sacrificio e difficoltà egli portò a compimento voluminose opere come la ” Storia del Regno di Ferdinando II e di Isabella di Castiglia”( 1838) e ” la Conquista del Messico”(1843)(1).
Il suo paziente lavoro di ricostruzione storica richiese di doversi procurare fonti storiche provenienti da tutte le parti del mondo, sotto forma di manoscritti, tomi in folio, epistolari, etc.
In merito alla fondazione delle colonie e alla conquista del Messico e del Perù, le fonti procurate da Prescott constavano, computando tutti i documenti inediti(istruzioni alla Corte, giornali militari e privati, etc) di ben ottomila pagine in folio.
La consultazione delle fonti, dato che Prescott era ipovedente, richiese di stipendiare a domicilio un gruppo di lettori, nonché l’uso di uno scrittoio ideato per ciechi che comunque non gli consentiva di prendere visione dell’elaborato scritto
.
La conquista delle Indie aveva suscitato l’ interesse anche dell’esploratore spagnolo Solis e del teologo scozzese e rettore dell’ Universita’ di Edimburgo William Robertson(1721-1793).
Ma la narrazione di Robertson alla fine non fu esaustiva, sia perché era concepita solo come una sezione di un’ opera più estesa, sia perché Robertson non era in possesso di materiali storici sufficienti per la ricostruzione; infatti mentre al Prescott era stato concesso il permesso di accedere alla Reale Accademia di Storia di Madrid (presso cui erano depositati i manoscritti del celebre storiografo delle Indie don Juan Baptista Munoz(1745-1799), incrementati peraltro da quelli raccolti dal Presidente dell’Accademia Vargas Ponce), tempo addietro il teologo scozzese non poté beneficiare di questo permesso.
Altre fonti antiche utili per la ricostruzione della storia e civiltà degli Indiani citate dal Prescott :
– nel 1836, esattamente ventidue anni prima della pubblicazione dalla ” Conquista del Messico” di Prescott, era stata pubblicata a Città del Messico la “Historia Antigua” di di don Mariano Veytia(1718-1780), una fonte decisamente antica in merito alla Storia dell’Antico Messico. L’opera comprende soltanto il periodo tra la prima occupazione dell’Anahuac ad opera dei ” conquistadores” e la metà del XV secolo.
La morte precoce di don Mariano Veytia gli impedì di estendere la cronaca al periodo successivo, ma Orteaga, suo editore si adoprç a colmarne le lacune e a fornire degli approfondimenti storici. Oggi don Mariano Veytia e la sua opera sono pressoché fuori dai riflettori della pubblicistica, anche perché i suoi scritti rimasero per lo più a livello di manoscritti, che circolavano quasi esclusivamente nel vicereame e che, anziche’ venir divulgati, erano destinati a rimanere nella ristretta cerchia di studiosi con i quali Veytia aveva corrispondenza epistolare tra cui l’ antiquario italiano e cultore di civiltà precolombiane Boturini(4).
– spesso consultato nell’opera è anche Toribio de Benavante (1482-1569) più noto come “Motolinia”(5), cultore della ” storia degli Indios, uno dei dodici missionari francescani che su richiesta di Cortez erano stati inviati nella Nuova Spagna dopo la conquista nel 1525. I lunghi viaggi in Messico, Nicaragua, Guatemala consentirono a Toribio di attingere a cospicue fonti per la sua opera. Prescott descrive in linea generale l’ operato di questo missionario caritatevole e attento ai bisogni materiali e spirituali degli Indios, intento al proselitismo a mezzo della parabola e non già della spada, nondimeno fa anche menzione dell’acerrima rivalità che intercorreva tra lui e l’ allora vescovo di Chiapas, Bartolome’ de las Casas contro cui spedì in patria un reclamo.
Prescott non prende una posizione né a favore dell’uno né a favore dell’altro, nondimeno la tua testimonianza induce a presupporre che tra i missionari i conflitti non fossero rari, anche tra coloro che, almeno apparentemente, erano accomunati da una pedagogia di evangelizzazione simile, ad esempio Toribio de Benavante e Bartolome’ de las Casas.
A numerose altre fonti ha attinto Prescott per la composizione della sua monumentale opera, ma per ovvie ragioni di esposizione sintetica non è possibile citarle tutte; la ” Historia Chichimeca” composta da Fernando de Alva Ixtilxochitl, scrittore originario di Texcoco vissuto a cavallo tra XV e XVI secolo è un riferimento frequentemente consultato dal Nostro.
Ixtilxochitl aveva peraltro una discendenza diretta dai sovrani del regno locale, possedeva dimestichezza nella lingua spagnola e in quella messicana, nonché una notevole capacità di decifrazione degli gli antichi geroglifici. Compose a partire da fonti autentiche varie opere in castigliano sulla storia primitiva della razza dei Toltechi e dei Tezcocani, di cui la più meditata e completa è la già citata ” Historia Chichimeca” e la narrazione si estende dalla storia dei questi popoli primitivi sino al sovvertimento dell’Impero azteco ad opera di Cortes.
La recensione del Prescott sulla “Historia Chichimeca” è favorevole per quanto riguarda la ” buonafede” e ” semplicità” delle “Relaciones”, ma tuttavia ne denuncia le frequenti esagerazioni critiche sugli avvenimenti,sopratutto quando cresce la distanza temporale del periodo in esame, e una certa imprecisione nel fornire la cronologia degli avvenimenti(6).
Ma indubbiamente la fonte principale cui Prescott attinse fu la “Historia general de las Indias” di frate Bartolome’ de las Casas (1484- 1566) al tempo ancora in stato di manoscritto, suddivisa a sua volta in tre volumi distribuiti in parecchie sezioni, e configurante la storia coloniale del Nuovo Mondo dalla scoperta di Cristoforo Colombo sino all’anno 1520.
Non mi sono cimentato nel calcolo delle citazioni, giudizi, sentenze pronunciate dal de las Casas sull’ opera di colonizzazione presenti nell’opera di Prescott, ma esse sono numerosissime. È importante rimarcare questo dato perché esso non è affatto marginale e contribuisce a informare il giudizio stesso del Prescott sull’impresa dei “conquistadores” spagnoli .
La recensione del Prescott della “Historia general de las Indias” è abbondantemente positiva, permeata da ” un linguaggio che sale all’eloquenza e sviluppa i non compresi al tempo principi di diritto naturale” e tuttavia Prescott rileva uno ” stile arduo, sconnesso ed estremamente diluito”, nonché ” abbondanza di ripetizioni e digressioni irrilevanti”(7).
Il Nostro non manca di accennare nel suo profilo dedicato al de Las Casas alla controversia di filosofia del diritto che aveva visto contrapposti durante il XVI secolo Sepulveda e Las Casas stesso; sostenendo il primo che i “diritti politici” avessero a proprio fondamento e condizione l’ aver abbracciato la religione di Cristo Re, di contro il secondo invece che essi fossero una prerogativa iscritta nel diritto naturale di tutte le genti, a prescindere dal credo religioso.
Per ragioni di ovvia obiettività storica, Prescott non può passare sottosilenzio la pratica rituale dei sacrifici umani agli Dei che vigeva presso gli antichi messicani, di cui anzi egli fa frequente menzione.
Dunque l’ impostazione è sostanzialmente critica verso i “conquistadores” e tuttavia, Prescott non esaspera mai i toni della polemica. Non di rado l’ invettiva polemica cede il passo all’ stanza di storicizzazione e comprensione storica.
Invece, ci ha pensato Piero Jahier, il prefatore dell’ opera ad esacerbare i toni della polemica, alimentando (ca va sans dire) la ” Leggenda Nera” della conquista spagnola del Nuovo Mondo.
Per quanto riguarda la valutazione della monarchia spagnola, Prescott pronuncia parole di profonda stima nei confronti dell’operato di Ferdinando il Cattolico e della Santa Isabella di Castiglia (cui come già accennato all’esordio dedicò una monumentale opera), avendo essi edificato un prospero e glorioso regno durato sino al 23 gennaio 1516, allorché le redini passarono a Carlo, non altrettanto stimato, definito” un sovrano concepito dal popolo come straniero ritornato nella terra dei suoi padri nel 1517 dopo lunga assenza”.
Sotto il regno di Isabella la Santa, la Spagna aveva goduto di prosperità economica( in virtù di un notevole impulso dato ai commerci e alle manifatture e alla stabilizzazione del debito pubblico), elevato grado di libertà costituzionale e rappresentanza politica per il popolo, una monarchia centralizzata che aveva posto fine alla precedente frammentazione in numerosi stati, fioritura delle arti più eleganti e della letteratura. L’ impero spagnolo era allora ancora circoscritto a importanti conquiste in Africa e in Europa, mentre attendeva di affacciarsi sul Nuovo Mondo che prospettava tesori di incalcolabile ricchezza ed apriva uno sconfinato campo ad onorevoli imprese(14).
Ferdinando il Cattolico e la sua consorte avevano a cuore il bene del loro paese e altrettanto, il cardinale Ximenes che aveva assunto la reggenza nei due anni di interregno tra la conclusione del regno di Ferdinando il Cattolico e l’ avvento di Carlo.
Con l’ingresso in Castiglia di re Carlo, si inaugura un periodo di declino per l’ amministrazione, di imposizione fiscale esorbitante, e di favoritismi; Carlo a malapena parlava lo spagnolo, era concepito dalla popolazione come straniero sotto tutti i punti di vista, circondato da avidi cortigiani fiamminghi ai quali il sovrano concedeva profittevoli e onorati impieghi nel regno, come quello di Gran Cancelliere della Castiglia.
Tanto pacifico fu il regno di Ferdinando e Isabella la Santa, quanto funestato da rivolte fu il regno di Carlo
(” o scontento dopo aver suppurato a lungo scoppiò nella guerra delle ” comunidades” che scosse lo stato nelle sue fondamenta”)
L’ impresa di Grjialva, nipote del celebre governatore di Cuba Velasquez, che nel 1518 fu il primo navigatore ad approdare sul suolo messicano può considerarsi il preludio della futura prossima conquista del Messico(15).
Tanto a tinte fosche viene descritta dal Prescott la personalità di Velasquez, temperamento impulsivo, autoritario, sempre pronto a scaricarsi di dosso le proprie responsabilita(16)’, quanto con ammirazione viene descritta quella del Grjialva: capace di instaurare rapporti amichevoli con gli Indios, un favorevole baratto commerciale, in lui notevoli doti diplomatiche si congiungevano con capacità di ponderazione; nonostante le sollecitazioni dei suoi seguaci e Velasquez, allora governatore di Cuba premesse in questo senso, Grijalva realizzò che fosse impresa vana e proibitiva fondare allora una colonia a Cuba, dato che si trattava di un’ isola potente e popolata.
Velasquez naturalmente non avrebbe desistito da questo intento, prefiggendosi di affidare l’ impresa della fondazione della colonia nei territori recentemente scoperti a Hernan Cortez, nato con ogni probabilità nel 1485 da un capitano di fanteria, Martin Cortez de Monroy e da una gentildonna, Catalina Pizarro Altamirano, più proclive alla professione delle armi e all’avventura che non agli studi di giurisprudenza, cui il padre inizialmente lo aveva indirizzato.
Menzionando il proposito del governatore di Cuba di affidare le prossime operazioni di conquista del Vecchio Messico a Cortez, viene introdotta la figura di questo celebre conquistador, che non sempre ebbe rapporti idilliaci con Velaquez, anzi spesso burrascosi.
Dimostrando sempre volontà e margine di iniziativa autonoma e insofferenza ai diktat del governatore di Cuba(17). Intanto, una volta insignito dal Velasquez del titolo di “Capitano Generale dell’ Armada, avrebbe soddisfatto alla sua brama di conquista.
” Non sarebbe stato più condannato a una vita di fatiche mercenarie, né a essere confinato entro i confini di una misera isola, ma sarebbe stato collocato in un teatro d’ azione nuovo e indipendente, e una illimitata prospettiva si sarebbe aperta alla sua vista”(18).
La figura di Cortez, come prevedibile, riveste un ruolo centrale e preponderante nella narrazione
In conclusione, la ricostruzione della conquista del Nuovo Messico che Prescott offre è inevitabilmente ulcerata dal pregiudizio anglosassone che, in chiave ” nazionalista” e antispagnola ha contribuito a foraggiare la ” Leggenda Nera” della Conquista spagnola; utilizzando le esagerazioni del frate domenicano Bartolome’ de las Casas(19) sostanzialmente per mascherare gli effettivi soprusi commessi nel Nuovo Mondo, in Africa e in Asia dal colonialismo britannico purtroppo anche i francesi e, talvolta i portoghesi non hanno dato proprio un buon modello di evangelizzazione). Ma la”Leggenda Nera” ha da tempo ormai perso mordente anche in campo storiografico anglossasone(20).
Prescott non fa eccezione e nella sua opera prevale una lettura critica dell’opera dei “conquistadores”, in quanto distruttiva di civiltà precolombiane un tempo fiorenti.
Il Nostro avrebbe dovuto maggiormente soffermarsi sulle cause della caduta dell’Impero Azteco, la cui implosione era inevitabile dopochè l’ imperatore Montezuma II aveva espanso a tal punto i confini dell’impero, da renderlo una costruzione sempre meno amministrabile, paragonabile a “un vasto e mal connesso edificio”.
Peraltro, non si può passare sotto silenzio il fatto che gran parte dei popoli indigeni erano quantomeno mossi da un conato di attrazione- repulsione verso i “conquistadores”; la diffidenza e il rancore per la distruzione dei loro culti era compensata dalla favorevole accoglienza di questi stranieri, ché li avrebbero emancipati dall’opprimente tirannia degli Aztechi( da cui comunque la bellicosa repubblica di Texcala aveva sempre mantenuto la propria indipendenza).
Ma la lettura di Prescott non è denigratoria a trecentosessanta gradi e, a tratti, l’ invettiva storica si ritira per lasciare il legittimo spazio alla contestualizzazione storica.
Alla fine Prescott ha finito per trovarsi bersaglio di due fuochi incrociati contrapposti; la storiografia apologetica cattolica e quella anglosassone, incline ad affermare che Prescott non abbia stigmatizzato in maniera sufficientemente severa l’ opera dei ” conquistadores”.
Egli stesso affermò” Ai lettori inglesi e americani che accettano una regola morale del vivere così diversa da quella del secolo X VI , può darsi che io sembri troppo indulgente verso gli errori dei conquistatori; a uno spagnolo, abituato all’assoluto panegirico di Solis, può sembrare che mi sia comportato troppo duramente con essi. A ciò posso soltanto replicare che , mentre da un lato non ho esitato a descrivere con le tinte più forti gli eccessi dei Conquistatori, dall’altro ho concesso loro il beneficio di quelle attenuanti che possono essere suggerite dalle circostanze e dal periodo in cui hanno vissuto”(21).
Questo è stato lo sforzo di contestualizzazione storica del Prescott, cioè fare in modo di ” circondare il lettore dell’ atmosfera dei tempi” e, per quanto possibile, renderlo ” un contemporaneo del XVI secolo”.
Note
(1) Questa conferenza si basa sulla consultazione della ” Conquista del Messico” di Talcott Prescott, pubblicata nel 1958 per Einaudi. Opera munumentale di circa 900 pagine,la cui esposizione si estende dalla descrizione delle primitive civiltà dell’Antico Messico sino alla carriera di Cortez successiva alla conquista dell’ Impero Atzeco. È suddivisa in sette sottovolumi.
(2) Cfr. T.Prescott,”La conquista del Messico, cit., I, p.40
(3)ibidem
(4)Lorenzo Boturini Bernarducci(1698-1749) è stato storico,antiquario ed etnologo. È noto principalmente in quanto cultore delle civiltà precolombiane,nonché per aver edificato durante il suo soggiorno in Nuova Spagna durato otto anni una vasta collezione di dipinti,mappe e manoscritti. Essa è considerata la più copiosa collezione di antichità messicane mai realizzata da un europeo. Sempre nella Nuova Spagna,come riferisce Prescott,visitò il celebre santuario di Guadalupe e raccolse testimonianze atte a dimostrare la sua Apparizione. Cfr. T.Prescott, ” La conquista del Messico, cit.,I, p.106
(5) con ogni probabilità lo pseudonimo di ” Motolinia” venne attribuito al Benavente dagli stessi Indios con cui aveva familiarizzato. In merito alla controversia tra il Benavente e il de las Casas è possibile supportare l’ ipotesi che essa dipendesse dai metodi troppo autoritari del frate domenicano,che peraltro avevano ingenerato insofferenza nei suoi stessi confratelli, al punto dal promuoverne l’ allontanamento dalla sede vescovile di Chiapa.
(6) cfr. .T.Prescott, ” op.cit.”, I, p.137
(7)ibidem, II, p.254
(8) testimonianze tangibili, talora anche in campo protestante, non una semplice intenzione apologetica,avvalorano l’ ipotesi che la conquista spagnola del Nuovo Mondo non fu un’ opera predatoria, ma profondamente evangelizzatrice.
Mentre il colonialismo francese,anglosassone e belga miro’ alla sradicazione della civiltà degli Indios,questi invero sopravvivono ancor oggi nelle terre colonizzate dagli spagnoli. Inoltre gli Indios, una volta convertitisi al cattolicesimo, poterono conservare la propria identità culturale e il proprio testamento. Cfr. J.Dumont, Il Vangelo nelle Americhe, Effedieffe, Mi, 1992, p.88
(9) T.Prescott, op.cit,I, p.13
(10)ibidem, p.29
(11) ibidem, p.27 Mentre presso gli Aztechi il potere legislativo risiedeva nelle mani del sovrano,quello giudiziario veniva esercitato da un giudice supremo nominato dalla Corona,con giurisdizione” primaria” e ” definitiva” sia nei casi civili che in quelli penali.
(12)T.Prescott,” op.cit.”, prefazione, p.XXVIII
(13) T.Prescott, op.cit.., II, p.193
” la religione cattolica ha, conviene ammetterlo, alcuni decisivi vantaggi v sopra quella protestante in rapporto al proselitismo .La pompa abbagliante delle funzioni e il suo commuovente appello alla sensibilità tocca l’ immaginazione dell’incolto figlio della natura molto più potentemente delle fredde astrazioni del protestantesimo, il quale indirizzandosi alla ragione richiede un certo grado di raffinatezza e cultura mentale da parte dell’uditorio per essere compreso”.
(14)c.f.r T.Prescott, op cit, II, p.141
(15) il regno di Carlo V conobbe non solo la guerra delle “comunidades” che determinò scompiglio nelle istituzioni ma anche da malcontento popolare e disapprovazione di parte della nobiltà verso l’operato del sovrano.
(16) il 1 marzo 1518 Grjialva aveva allestito una piccola flotta ed era approdato a quella che egli stesso denomino’ “Isla de los Sacrificios”, che recava tangibili le reliquie degli aberrranti sacrifici rituali compiuti dagli Indios. Una volta giunto a Panuco dovette nondimeno fare retromarcia e ritornare in patria data la difficoltà di doppiare il capo tempestoso.
(17 )Prima che a Cortez fosse conferito il titolo di “Capitano generale dell’ Armada” le relazioni tra Cortez e Velasquez, governatore di Cuba, avevano raggiunto il culmine dell’acredine, allorché il futuro conquistador aveva appoggiato una dimostrazione di rivoltosi malcontenti dell’ perato del governatore a Cuba.
(18) Cfr. T.Prescott, op.cit.,II, p.163
(19) pure le rimostranze e denunce del De Las Casas dovevano avere una notevole potenza di convinzione, dato che il frate domenicano godeva di molto ascendente presso la monarchia spagnola. Ricordiamo che Juan Gines de Sepulveda,avversario di De Las Casas, non ottenne sotto la monarchia di Carlo V l’autorizzazione per la pubblicazione della sua ” Apologia” antilascasiana, che invero poté essere pubblicata a Roma grazie all’ azione del canonista e vescovo di Tarragona .
Sotto Filippo II, non poteva circolare il trattato ” Arte de contratos”(1573) del giurista antilascasiano Bartolome’ Frias de Albornoz.
Infine Filippo III vietera’ la pubblicazione della ” Confutazione di Las Casas”, opera del capitano e storiografo Bernardo de Vargas Machuca. Era viva sollecitudine della monarchia spagnola che le tesi del Las Casas non fossero contraddette ma sostenute Cfr J .Dumont, op cit, p.59
(20) ad esempio, Henri Hawks, mercante inglese protestante che aveva trascorso cinque anni nella Nuova Spagna attesto nella sua ” Relazione”(1572) che gli Indiani, una volta convertitisi al cattolicesimo,avessero molta riverenza verso i religiosi e attesta altresi che i tribunali avevano particolarmente a cuore la protezione degli Indios in caso di offesa e la salvaguardia dei loro diritti
Cfr. Jean Dumont, op.cit., p.41
(21) Cfr.T.Prescott, op.cit., pp7-8
Fonte immagine: Pixabay
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