Sintesi della 707° conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano, preparata nell’anniversario della morte di Papa Pio XII (9 ottobre 2022) e postata durante l’Ottava di Ognissanti (5 novembre 2023). Relatore: Silvio Andreucci (testo raccolto a cura di Piergiorgio Seveso).

Saulo, Saulo perché mi perseguiti?”(Atti 9: 10-1).

Si tratta di quel presentimento della Verità che tanto guari’ l’apostolo Paolo di Tarso dalla cecità della persecuzione cruenta, quanto illumino’ in fase matura Leo Moulin.… conducendolo nei paraggi della conversione al Cattolicesimo, educendolo sulla infondatezza delle “Leggende Nere” che la storiografia di matrice illuminista, giacobina prima e poi azionista divulgava con velenosa acredine nei confronti della storia della Chiesa Cattolica.

E pur Moulin si arrestò sulla soglia della Conversione, non reputandosi degno di ricevere il dono della Grazia Sopranaturale.

Si, per l’ appunto Leo Moulin, storico e storiografo segnatamente della cultura medievale e monastica, pur con piglio agnostico, sociologo, nonché cultore di agronomia e gastronomia(1)

Eppure un’impostazione illuminista, liberale, massonica aveva imbevuto la formazione dello storico belga sin dal 1924, allorché si era iscritto all’ “Universite’ libre de Bruxelles” ed era stato nominato presidente del ” Cercle du libre examen”, fondato il 14 gennaio 1928(2).

Presso questa associazione, legata alla stessa ” Universite’ libre”, si divulgava l’ illuministico “principio del libero esame”, secondo cui l’ approccio storico- storiografico avrebbe dovuto espungere ogni “principio di autorità” e “sudditanza ai dogmi”, fondarsi risolutamente sulla individuale “ragione emancipata” e sulla ” tolleranza”…l”intollerante tolleranza” del blasfemo Voltaire, ma anche l’ indifferentismo etico di Henri Poincare’ furono dunque inevitabili ingredienti della formazione culturale del Moulin.

Presso il” Cercle du libre examen” l’agnosticismo in materia religiosa era considerato pressoche’ un dovere.

Peraltro Leo Moulin era stato nel 1937 uno dei fondatori dei “Cahiers du libre examen” assieme a Ilya Prigogine, Arthur Haulot, Jean Bourgers che si distingueranno per la propaganda e resistenza clandestina contro il nazismo

Non vi fu dunque né nell’ambiente culturale , né tanto meno in quello famigliare per Moulin occasione di apertura alla Trascendenza.

Con spirito agnostico, ma al contempo con il metodo dell’obiettività storica scrisse opere sulla cultura medievale, quali ad esempio “La vita quotidiana dei monaci nel Medioevo” ( Jaka Book,1989), La Civiltà dei monasteri” ( Jaka Book,1989),” Il mondo dei religiosi”( jaka book, 2021).

Invero, incedendo la maturità, il Nostro a poco a poco prese coscienza dell’infondatezza, del carattere pretestuoso e puramente “ideologico”, della propaganda anticattolica promossa dalla storiografia illuminista- iacobina-massonica. La coscienza comune e le masse hanno finito, a giudizio di Moulin, per essere ottenebrati da questa propaganda luciferina (il cui obiettivo era in fondo precisamente quello di espungere le radici cristiane dalla coscienza e dalla cultura dei popoli).

Ora, ” Liberte'”, “Egualite'”,” Fraternite'”, che la Rivoluzione dell’ ’89 ha impugnato come “sconsacrata trinita” sono all’ origine valori nobili, il cui retaggio e fondamento è cristiano. Dissociati da questo logos cristiano, si sono tradotti per dirla con Chesterton, in idee impazzite, in violente utopie: la ” Liberte” si è tradotta in anarco-individualismo, la ” Egalite” in egalitarismo astratto, la ” Fraternite'” in indifferentismo massonico.

E se l’Occidente progredito dal punto di vista civile e tecnologico dovesse non riconoscere il proprio debito alla civiltà medievale ed espungerla dal proprio retaggio, segherebbe il ramo stesso su cui poggia.

L’ incidenza della civiltà monastica sul progresso civile nei secoli a venire è fuori discussione e su questo punto Moulin concordava con numerosi storiografi di formazione laica

” In effetti sembrerebbe più interessante alla fine domandarsi non se gli Ordini religiosi hanno avuto un ruolo nell’elaborazione della civiltà dell’ Occidente che è un dato di fatto accettato da tutti( le divergenze d’ opinioni riguardavano esclusivamente le dimensioni e la profondità di questo ruolo) ma piuttosto perché, per quali motivi, sotto l’ azione di quali fattori puramente naturali, umani, storici, socio culturali, spirituali è stato giocato questo ruolo”(3)

La tesi fondamentale che compenetra un’opera quale ” La vita quotidiana secondo San Benedetto” è ” Solo l’ humus storico- religioso – per noi cristiano- può spiegare l’ avventura europea in generale( persino fino alla Rivoluzione industriale dell’ 800′) e l’ avventura monastica in particolare.

” il Medioevo è ricco in scoperte ed invenzioni tecnologiche decisive per il destino dell’ Europa”

” la Regola di San Benedetto è un buon manuale per l’ imprenditore di oggi”

” Assistiamo allo sviluppo di un’economia agricola ricca e potente; vediamo utilizzate numerose tecniche protoindustriali”

Ancora:” Emergono momenti di alta tecnologia e di razionalità: il gotico circestense e la clessidra; si attesta il regime presidenziale di assemblea degli ordini generali e lo sviluppo delle tecniche elettorali e deliberative moderne”, ciò attesta che il diritto moderno affonda in buona parte le proprie radici nell’ elaborazione avvenuta in ambiente monastico (4) e che, contrariamente alla convinzione radicata, le tecniche assembleari ed elettorali moderne non sono retaggio del mondo classico greco e romano, ma della civiltà medievale, segnatamente di quella monastica.

In ultima analisi senza la indefessa opera dei monaci, l’ Europa non avrebbe conosciuto quel cospicuo progresso tecnologico e civile che possiamo attestare alla fine del XII secolo e che rimase pressoche’ sconosciuto agli altri continenti. Partendo da condizioni di oggettiva difficoltà economica, i monaci hanno messo in atto un’ indefessa attività imprenditoriale, gravida di conseguenze imponderabili per i secoli a venire, assurgendo a veri e propri ” istruttori economici”: nel settore agricolo, artigianale, persino metallurgico(5).

Hanno generato una sorta di “protoimpresa”.Secondo Moulin, nella Regola di San Benedetto si trovano” tutti i valori necessari al buon funzionamento di un’impresa.

Il lavoro è” sia esso intellettuale, manuale, artistico o artigianale, un elemento essenziale all’ identità monastica. Lo studioso belga, attingendo alla documentazione di storici autorevoli del Medioevo del calibro di G. Duby ed H. Pirenne, ha fornito nelle sue opere una relazione dettagliata sui guadagni dell’ indefessa ” attività imprenditoriale o comunque proto- imprenditoriale” dei monasteri in Italia e in Europa.

Un’ opera come ” La vita quotidiana secondo San Benedetto” va comunque scavata in profondità e meditata con riflessione; nel caso in cui la disamina non vada al di la del report minuzioso di invenzioni, scoperte, produzioni e opere che la civiltà monastica ha messo a punto nel campo tecnologico, agroalimentare, etc non sarebbe possibile oltrepassare la riduzionistica interpretazione di un” produttivismo” ed “efficientismo” (6) della società monastica, e più in generale medievale.

Se è vero che nella ” Regola di San Benedetto si trovano tutti i valori necessari al buon funzionamento di un’ impresa” , lo spirito “protoimprenditoriale” monastico è profondamente diverso dal paradigma dell’ avventuriero, del mercante, più in generale del capitalista del mondo moderno.

Oltre a quanto già segnalato in nota, facendo riferimento all’acuta disamina di Massimo Fini, rimarchiamo che nella civiltà monastica era assente (e reputato con disprezzo) il calcolo individuale del profitto, la concorrenza, l’anelito a primeggiare, tutti aspetti banditi rigorosamente dalla “Regola di San Benedetto” e da tutti i capitoli monastici( mentre questi aspetti permeano lo spirito borghese mercantile moderno).

Si trattava di una visione comunitaria in cui si provvedeva al fabbisogno di tutti e segnatamente, dei più deboli. La proprietà privata stessa era soggetta a limitazioni vincolanti, in ossequio al Magistero secondo cui la destinazione dei beni, agricoli e non, è universale…tanto è vero che questa visione comunitaria dell’ economia agricola, paradigmatica della civiltà monastica e medievale, finirà laddove comincerà la pratica della recinzione dei terreni e dei poderi.

Senza dubbio, allora, nel XII e nel XIII secolo, capitava non di rado che la produzione offrisse surplus ed eccedenze, ma di base si trattava ancora di un’economia di sussistenza, finalizzata quindi al soddisfacimento dei fabbisogni della comunità.

Era certo inevitabile nell’economia monastica una certa ” pianificazione” del lavoro, che rispondeva a criteri di ordine morale e pratico, alla legge naturale e a quella divina…e tuttavia qualcosa di estraneo al pianificazionismo che caratterizzerà le società industriali moderne.

Infine la dicotomia tra “lavoro intellettuale” e “lavoro manuale” non era contemplata dalla civiltà del tempo e sarà invece una cifra del mondo moderno; in equilibrio ed armonia i monaci ottemperavano ad entrambi, produzione e contemplazione coesistevano e giammai l’una doveva prevalere sull’altra.

Osserva il Moulin nel VI capitolo della sua ” Vita quotidiana secondo San Benedetto”: ” Troviamo nella Regola di San Benedetto i valori( moderni) di ordine, gerarchia, regolarità, organizzazione, inquadramento del personale e secondo me, due valori tipici del mondo industriale moderno, soprattutto protestante:la puntualità e l’ attenzione totale ,a tutto”.

Senza ambagi, possiamo affermare che l’etica protestante, segnatamente nella sua versione calvinista, se da una parte ha fatto tesoro di questi valori tramandati dalla civiltà monastica, dall’altra li ha stravolti, portandoli alla deriva del parossismo e del farisaismo.

L’ affarista – mercante calvinista intende apparire puntuale, scrupoloso, onesto, puritano perché ritiene che in tale effigie farisaica possa meglio addurre a se stima e buona riuscita degli affari, la cifra della benedizione divina e della predestinazione alla “salvezza”.Il monaco benedettino si comporta in maniera proba perché persegue l'”imitatio Christi”…senza anelito a tracotanza alcuna.

Come ben rimarca lo studioso belga , quei monaci che intendessero cogliere dai buoni frutti della propria attività occasione di supponenza e vanagloria, venivano severamente puniti ed esposti a pubblico ludibrio da San Benedetto. Chi si atteggiava a primo della classe…veniva sine mora ridimensionato ed emarginato tra gli ” ultimi”.

D’ altronde, Moulin non esita a stigmatizzare il mondo protestante per una miscela di etica farisaica, contegno prepotente negli affari, grigiore dell’esistenza, mancanza di raffinatezza nell’arte culinaria

Attraverso la paziente ricostruzione della civiltà monastica e medievale dello studioso belga è stato inferto un altro colpo decisivo alla tendenziosa “Leggenda Nera” della storiografia giacobina ….ché la civiltà medievale fu permeata dal ” lumen fidei christianae”, bussola per tanti monaci ed ecclesiasti di tanta indefessa e lungimirante attività ” imprenditoriale”….altro che ” secoli bui” pervasi dall’oscurantismo e dall’ immobilismo sociale.

E Leo Moulin fini’ per trovare il sale della verità frequentando pensatori cattolici dall’ autorevolezza e dalla Carità di Vittorio Messori, di cui fu amico e con cui collaborò presso il Centro Culturale di Milano, ben più che al cospetto di tendenziosi laicisti anticlericali.

La stessa impostazione marxista, secondo cui, diritto, arte, morale, religione sono ” soprastrutture” dell’ ” infrastruttura” economica viene dallo studioso belga rovesciata. L’ economia monastica, al contrario, è palesemente ” soprastruttura” di un'” infrastruttura” di natura spirituale, l’ “imitatio Christi” prescritta dalla Regola benedettina(7)

E percepiva più affinità di vedute ed empatia con il cattolicesimo che non con il protestantesimo, gioia e libertà nel vivere l’Avvenimento Cristiano nei paesi mediterranei e mitteleuropei di fede cattolica ,di contro, la religione vissuta come” cappa di piombo” nei paesi anglosassoni di fede protestante.

Notevole è anche la critica dello studioso belga al panteismo, alla sua fumosa identificazione tra ” creatura” e “Creatore”; l’ avvento decisivo del monoteismo ebraico- cristiano, che stabilendo la dipendenza della natura da Dio, ha compiuto un'” opera di desacralizzazione” , ha sostituito il concetto di” sacralita”, che dice riferimento a una visione naturalista- immanentista con quello di Santità che, all’opposto, dice riferimento alla Trascendenza(8).

Taluni sono forse tentati di ascrivere la concezione del Moulin nella galassia degli” atei devoti”,” cristianisti” o ” neoconservatori che dir si voglia?

Invero, si tratterebbe di un’ operazione di pensiero miope e illegittima.

Si può aggiungere che il farisaismo degli” atei devoti” occidentalisti, con le loro crociate di comodo finisce, laddove comincia l’umile agnosticismo, in cammino verso la Trascendenza, di Moulin .Sinceramente i “Pubblicani”, come Moulin, cresciuti in una cultura Illuminista, ma disposti a metterla in discussione, destano più simpatia dei “Farisei neocons”, illuministi fino al midollo, mai disposti a mettere in discussione le proprie matrici culturali, e pur sempre pronti a improvvisarsi “crociati” per accattivarsi il consenso di certa” destra cattolica”(9).

Per dirla con Luigi Copertino, Leo Moulin è una sorta di “scherzo dello Spirito Santo”: approdò al cattolicesimo come intellettuale, ma senza godere del dono della Fede(10).

Perché non compì il passo decisivo della Conversione e si sentì indegno di ricevere la Grazia Soprannaturale?

A mio giudizio, qui S. Kierkegaard ci ha visto bene. Non è sufficiente possedere una scienza oggettiva della civiltà cristiana (di fatto, Moulin ha dato prova di possederla in maniera invidiabile in qualità di ” medievalista agnostico”) per potersi definire cristiano(11). Il fondo della Conversione, che trascende ogni sia pur enciclopedica “scienza del cristianesimo”, consiste nella disponibilità a compiere il passo decisivo dell’ abbandono a Dio, scandalo per l'”intollerante tolleranza illuminista”.

Cari amici di Radio Spada e della Comunità Antagonista Padana, grazie per l’attenzione.

Note

(1) Moulin aveva infatti interessi che spaziavano dalla storia del Medioevo all’agronomia e all”arte culinaria; era stato professore universitario presso l'” niversite’ libre de Bruges” e l”Università Cattolica di Lovanio”. Fu borsista presso la fondazione Jan Jacobs di Bologna, che si occupava del settore culinario e che fu fondata dall’orafo fiammingo Jan Jacobs (1575-1650). Vittorio Messori, che lo incontrò nel corso di un viaggio, attesta che egli fu autore di una storia culturale- religiosa della gastronomia in cui ben evidenzio’ il nesso tra visione religiosa e stile di vita da una parte e cultura culinaria dall’ altra….dimmi come mangi e ti dirò chi sei.” La cucina è una spia dell’ incoscio dei popoli”. L’ ottima gastronomia dei paesi cattolici, come la Polonia, è espressione di un modo sereno di vivere la religione. I popoli cattolici sono molto più raffinati dei protestanti nell’ arte culinaria. La tendenza degli anglosassoni a “mangiare generalmente male e in fretta” è al contrario indice di popoli che vivono la religione in una pressoché insopportabile cappa di piombo. Così i protestanti che concepiscono la Salvezza come un affare con il “Padre Eterno”, senza il supporto delle mediazioni ecclesiastiche contemplate invece dal cattolicesimo. Il protestantesimo, secondo Moulin, ha compresso la “joie de vivre”.c.f.r Vittorio Messori,” Pensare la storia”, Paoline, Mi, p.167-168

(2) il “Circle du libre examen” pur essendo stato fondato nel 1928 risentiva comunque del retaggio culturale della “Repubblica delle lettere”, a partire dal X VI secolo, e anche di quello delle “Universitates Studiorum et Magistrorum” del basso Medioevo in cui gli studenti tendevano a raggrupparsi in Corporazioni simili a quelle degli artigiani e a ” emanciparsi dalla cultura monastica”, nonché a coltivare prevalentemente le scienze profane, a dare quindi ad esse una priorità sulla teologia, con un’ apertura alla secolarizzazione

(3) Cfr. Leo Moulin “L’ influenza della civiltà monastica sulla vita quotidiana dei secoli passati” in ” La Civiltà dei monasteri”, Jaka Book, Milano, 1989, p.1

(4) si tratta di passi sparsi tratti dal V I capitolo di ” La vita quotidiana secondo San Benedetto”, Jaka Book, Mi, 1989

(5) Nel campo delle scoperte infatti il Medioevo occupava un posto importantissimo nel campo delle scoperte, volutamente ignoto alla storiografia illuminista-giacobina; qualche cifra per dare un’ idea: 15 invenzioni prima dell’ XI secolo, 10 nell’ XI secolo, 36 nel XIIII secolo, 24 nel XIV secolo, 44 nel XV secolo

(6) e’ d’ uopo rimarcare che lo spirito “protoimprenditoriale” della civiltà monastica aveva caratteristiche ben differenti dallo “spirito- borghese” moderno; nel XII e XIII secolo non esisteva un sistema creditizio vero e proprio, la figura del mercante appena abbozzata, stigmatizzata dal Magistero l’usura, non esisteva la moneta come valuta e quindi le trattative avvenivano preferenzialmente attraverso baratto di beni in natura. Cfr. Massimo Fini, ” Il denaro sterco del demonio”, Marsilio,1998, Venezia, soprattutto pp.103- 140

(7) Cfr..” La vita quotidiana secondo San Benedetto, cit., VI, 4+

8) Cfr. Leo Moulin,” La vita quotidiana secondo San Benedetto”, cit.,VI,8

Il giudaismo dell’antica alleanza e poi in seguito il cristianesimo sono dunque religioni “demistificatrici”, nel senso che hanno distrutto l’ apparato “controllore del sacro” tipico del panteismo, in cui Dio e mondo si confondono. Affermando la distinzione tra Dio e mondo, il monoteismo ebraico – cristiano ha reso dunque il mondo accessibile e conoscibile

(9) Cfr. Luigi Copertino, ” Spaghetti cons. La deriva neoconservatrice della destra cattolica italiana, Il Cerchio, Rimini, 2008, p.185. Pur proveniente da una famiglia in cui si sacralizzavano i valori del laicismo ottocentesco e si “viveva irreligiosamente l’ antireligione, Moulin dopo una vita consacrata allo studio della filosofia medievale e moderna, arrivò a confidare a Vittorio Messori che i valori del mondo moderno, libertà, uguaglianza e fraternità, non fossero prodotti della libera ricerca umana, ma fossero retaggio della civiltà cristiana e quindi, incomprensibili senza di essa

(10) ibidem

(11) la Conversione implica una Passione infinita per la Beatitudine incommensurabile, secondo K.Kierkegaard, con la più sistematica conoscenza teologica. Cfr. Etienne Gilson, ” L’Essere e l’ Essenza”, Massimo, Milano, 2007, p.217. Moulin quindi era ancora fermo allo stadio di una “conoscenza oggettiva” del cristianesimo e di un “cattolicesimo intellettuale”.

Fonte immagine: Pixabay

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