Alme, che nelle fiamme, e ne’ tormenti
purgate il fango, onde v’asperse il mondo,
senza spavento del morir secondo,
e certe di salir fra pure menti.
Quasi tante ali, e tanti preghi ardenti,
che sparge alta pietà di cor profondo,
e i miei sospiri, or che ‘l mio petto inondo,
come a gran volo sian benigni venti.
E fra l’eterne sedi a noi promesse
l’un mio parente e l’altro il Cielo accolga,
pria, che rinchiuda l’ossa il bianco marmo;
mova all’alta vittoria, e i nodi sciolga,
e ‘nsieme que’ delle mie colpe istesse
il buon Gregorio, or che di fede io m’armo.
Il sonetto, tratto dalle Rime spirituali, si apre con la descrizione dello stato delle anime del Purgatorie, certe della salvezza. Quindi il poeta passa a considerare il dovere di carità che ogni cristiano ha verso di esse: il dovere della preghiera. Il Tasso anzitutto prega per le anime dei suoi genitori: l’anima della madre, che il poeta non vide l’ultima volta quand’aveva appena dieci anni, e l’anima del padre, cui fu legatissimo. La poesia che si era aperta con il gran quadro del Purgatorio, si restringe verso un quadro più intimo e si chiude con l’immagine dell’uomo Torquato che prega san Gregorio Magno, figura strettamente collegata al culto delle anime sante, per sé stesso, perché possa vincere i legami del peccato.
Giuliano Zoroddu
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fonte immagine aleteia.org