di Luca Fumagalli

Prima di iniziare, per chi fosse interessato ad approfondire la figura di Johnson e quella di molti altri scrittori del cattolicesimo britannico, si segnala il saggio delle Edizioni Radio Spada Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secoloLink all’acquisto.

La prima e la seconda parte dell’articolo si trovano rispettivamente QUI e QUI

Sull’orientamento sessuale di Lionel Johnson e sui suoi problemi con l’alcol rimangono svariati punti interrogativi.

Se evidenze dell’omofilia del poeta emergono occasionalmente nel corso di tutta la sua vita, per quanto con una frequenza via via inferiore, non si ha notizia di alcuna relazione e, stando alle testimonianze di chi lo conobbe, pare che Johnson fosse a disagio anche solo ad affrontare esplicitamente certi argomenti. L’unica liaison che forse ebbe fu quella con “Bosie” Douglas, di cui si vociferava a Oxford, in ogni caso di breve durata. Allo stesso modo è innegabile che Johnson sia stato intimo di diversi membri del sottobosco omosessuale londinese e che abbia contribuito a periodici equivoci quali «The Chameleon» e «The Spirit Lamp», ma lo stesso può essere detto di Max Beerbhom e di altri autori eterosessuali.

Per quanto riguarda l’alcolismo, il poeta era un forte bevitore sin dall’adolescenza e la situazione degenerò ulteriormente col passare del tempo. Non così chiaro, invece, se l’attaccamento alla bottiglia fosse legato in qualche modo a un tentativo di assopire una pulsione sessuale da lui percepita come innaturale e scandalosa. Quel che è certo è che dopo la conversione al cattolicesimo Johnson dovette rassegnarsi a portare una croce ben pesante, resa un po’ più sopportabile solo quando qualcuno dei suoi conoscenti decideva di seguirlo nella Chiesa: «[Lionel] si adoperava per la salvezza spirituale degli amici», annotava Richard Le Gallienne, «ed era ansioso che potessero trovare rifugio dove lui stesso l’aveva trovato».    

La prima raccolta poetica di Johnson

Tra il 1890 e il 1891 Johnson prese a collaborare con diversi periodici – tra cui lo «Yellow Book», il «Savoy», il «Merry England», la «Pall Mall Gazette», il «Month» e il «Daily Chronicle» – e fino alla prematura scomparsa rimase piuttosto noto negli ambienti letterari. A dispetto dell’indole schiva, incline alla vita ritirata, fu inoltre membro di diversi circoli, tenendo conferenze per la Catholic Truth Society e per altre organizzazioni.

Tuttavia il suo nome è oggi associato soprattutto al Rhymers’ Club, un laboratorio artistico che esercitò una notevole influenza sui poeti modernisti. Gli editori John Lane e Elkin Mathews, titolari della Bodley Head e abili nell’intercettare i gusti del pubblico, furono rapidi nell’assemblare due collezioni del gruppo, The Book of the Rhymers’ Club (1892) e The Second Book of the Rhymers’ Club (1894), in cui figurano pure versi di Johnson.

Già nel 1891 Lane lo aveva avvicinato con una commissione per un saggio dedicato a Thomas Hardy. Questi accolse con favore la proposta e si mise immediatamente all’opera, intavolando una corrispondenza con il famoso romanziere. The Art of Thomas Hardy fu pronto nel novembre del 1892, ma a causa di una serie di contrattempi, tra cui la rottura tra Lane e il socio, venne dato alle stampe due anni più tardi dal solo Mathews. Lo stesso Hardy fu contento del risultato e il volume, al netto dei limiti, seguita a occupare un ruolo importante tra gli studi critici a lui dedicati.

Johnson in un disegno di Edwin J. Ellis

Forse la perdita più tragica del periodo è una raccolta di articoli letterari che Johnson offrì a Mathews e che non venne mai pubblicata – la sua prosa, a detta di tutti, era affascinante e sorprendentemente accessibile –, una perdita solo in parte compensata dall’uscita di Poems (1895), uno dei libri più iconici del decennio, che contiene alcuni dei migliori componimenti del poeta. Purtroppo l’improvvisa morte di Pater, che certo avrebbe potuto recensire la raccolta dandole un certo risalto, e l’inizio dei processi a Wilde, con il conseguente disgregamento dell’ambiente letterario che gravitava intorno a lui, contribuirono alla sua eclissi.

L’entusiasmo per l’Irlanda – unitamente al legittimismo giacobita – seppe offrire al poeta nuovi spunti: come ricorda Victor Plarr, il suo lavoro finì per combinare «con successo nazionalismo e cattolicesimo in un modo che Yeats non avrebbe potuto». Nel corso degli anni Johnson visitò l’isola di smeraldo in diverse occasioni, un luogo che divenne per lui quasi una seconda casa, circondato da correligionari tanto rumorosi quanto gioviali con cui si sentiva a proprio agio, e nel 1897 fu data alle stampe Ireland with Other Poems, una seconda raccolta costituita per la maggior parte dalle liriche scartate dalla prima.

Nel medesimo 1893 in cui approdò per la prima volta Dublino in compagnia di Yeats, Johnson firmò The Dark Angel, quella che ancora oggi è la sua poesia più letta e studiata. Il componimento, che tratta di un inquietante angelo oscuro, simbolo del peccato, che turba l’esistenza della sua vittima, è un ottimo esempio della capacità dell’autore di miscelare materiale proveniente da fonti diverse – in questo caso il Veni creator spiritus, il rito dell’esorcismo, la messa, San Paolo, il Libro di Giobbe, Sant’Agostino, Plotino e Lucrezio – per dare corpo a una creazione originale ed emotivamente intensa.

Johnson verso la fine del XIX secolo

A confronto di The Dark Angel, la restante parte della sua produzione è relativamente sconosciuta, e a dispetto di ciò che ci si potrebbe aspettare l’elemento decadente non è affatto preponderante. Le poesie di Johnson, che affrontano temi che vanno dalla fede all’amore, dalla cultura celtica al valore militare, sono rese ostiche dall’alta intertestualità dei versi, colmi di rimandi e riferimenti, caratterizzati inoltre da un lessico arcaico e ricercato e da una punteggiatura che segue gli usi del XVII e del XVIII secolo. Numerose sono anche le inversioni e ogni strofa è costruita con grande attenzione formale, motivo per cui Pound accostò il suo stile a quello di Théophile Gautier. Elemento unificante è la voce, ossia la presenza di qualcuno che parla intimamente al lettore in una volontà di rapporto ribadita pure dal frequente uso della seconda persona singolare.

A partire dal 1895 il poeta fu costretto più volte a cambiare casa, trasferendosi prima al 7 di Gray’s Inn Square, poi al numero 8 di New Square, Lincoln’s Inn e infine all’8 di Clifford’s Inn. Questi incomodi, assommati all’aggravarsi dei problemi con l’alcol e a una vita notturna sempre più vagabonda, contribuirono al deteriorarsi della sua salute e spesso Johnson si trovava costretto a rimanere a letto per giorni interi. Non giovarono nemmeno le manifestazioni di sciovinismo che accompagnarono il giubileo del 1897 e lo scoppio della Guerra Boera, le quali, anzi, non fecero altro che incoraggiare il suo allontanamento dalla società.

Nel 1898, mentre Wilde raccomandava che una copia de La ballata del carcere di Reading fosse inviata a Johnson, certificando una stima che ancora durava, il poeta contribuì alla stesura dell’omelia di una messa, celebrata a Boston, per l’anima del disegnatore Aubrey Beardsley, recentemente scomparso.

La tomba di Johnson al St. Mary’s Catholic Cementry di Kensal Green

Secondo l’inchiesta ufficiale, Johnson morì di emorragia cerebrale il 4 ottobre 1902, dopo essere collassato al locale The Green Dragon in Fleet Street (la storia che venne investito e ucciso da una carrozza è dunque un mito). Venne condotto d’urgenza al St. Bartholomew’s Hospital ma non vi era più nulla da fare: al suo direttore spirituale, padre Thomas Dawson, che nel frattempo era stato mandato a chiamare, non restò che amministrare gli ultimi riti. 

Fu sepolto al St. Mary’s Catholic Cementry di Kensal Green quattro giorni dopo e consegnato così alla leggenda insieme agli altri artisti della «generazione tragica». Strano che a nessuno sia venuto in mente di incidere sulla sua lapide, a mo’ di sfida cristiana alla morte, il motto di famiglia, Vicisti et vivimus, (“hai vinto e noi viviamo”): sarebbe stato un epilogo semplicemente perfetto.



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Le immagini a corredo dell’articolo sono tratte da R. ASCH, Lionel Johnson. Poetry and Prose, Saint Austin Press, 2021.