Meditiamo il sovrano mistero dell’Uomo-Dio rileggendo le chiare spiegazioni del Catechismo del Concilio di Trento ordinato da Pio IV nel 1564 e promulgato da san Pio V nel 1566.
Come il concepimento di Cristo supera ogni ordine di natura, nella sua natività parimente nulla cogliamo che non sia divino. Nacque Gesù infatti dalla Madre – che cosa si sarebbe mai potuto immaginare di più miracoloso? – senza detrarre alcunché alla materna verginità. Come più tardi egli uscirà dalla tomba chiusa e sigillata, e penetrerà nel luogo dove saranno radunati i discepoli, nonostante le porte serrate (Jn 20,19); o come i raggi del sole, per non uscire dall’ambito del l’esperienza naturale di ogni giorno, attraversano la compatta sostanza del vetro senza romperla o comunque lederla, in maniera molto più sublime Gesù Cristo usci dal seno materno, senza la minima offesa alla dignità verginale della sua Genitrice. Per questo ne celebriamo con lodi giustissime l’incorruttibile e perpetua verginità. Privilegio attuato per virtù dello Spirito santo, che assiste la Madre nel concepimento e nel parto, in modo da conferirle la fecondità, conservandole la permanente integrità verginale …
Essendo tanto numerose e insigni le meraviglie racchiuse nel concepimento e nella natività, fu opportuno che la divina Provvidenza ne preannunziasse l’avvento con molte immagini e predizioni. I santi Dottori hanno interpretato, come pertinenti a questo mistero, molti passi scritturali. Principalmente hanno inteso come figurativa la porta del santuario, che Ezechiele vide serrata (Ez 49,2); la pietra che, secondo la visione di Daniele (Da 2,34), si stacca, senza intervento umano, dalla montagna e, divenuta a sua volta un alto monte, riempie tutta la terra; la verga di Aronne che, unica tra le verghe dei capi di Israele, miracolosamente fiorisce (Nb 17,8); il roveto infine che Mosè vide ardere, senza consumarsi (Ex 3,2). Del resto l’evangelista narra minutamente la storia della natività di Gesù Cristo (Lc 2), e a noi non conviene insistervi, potendo il Parroco leggerla direttamente …
Riflettere spesso alla maniera in cui Dio volle umiliarsi per comunicare la propria gloria agli uomini, fino ad assumerne la fragile infermità; meditare la degnazione di un Dio che si fa uomo e pone a servizio dell’uomo quella sua infinita maestà, al cui cenno, secondo la parola biblica, tremano di sbigottimento le colonne del cielo (Jb 26,11); contemplare il mistero della nascita sulla terra di chi è nei cieli adorato dagli angeli, costituiscono senza dubbio l’esercizio più utile ai nostri spiriti, il più efficace per debellare la nostra superbia. Se Dio compi tutto ciò per noi, che cosa non dovremo far noi per obbedirgli? Con quanta prontezza e alacrità d’animo non dovremo noi prediligere e attuare tutti i doveri dell’umiltà!
Riflettano i fedeli di quanta salutare dottrina Cristo pargolo ci nutre, prima di articolare parola. Ecco: nasce povero; è respinto dall’albergo; nasce in una miserrima stalla a mezzo inverno. Scrive infatti san Luca: E avvenne che, mentre ivi si trovavano, si compi per lei il tempo del parto e partorì il suo Figlio primogenito; lo fascio e lo pose in una mangiatoia, perché non trovarono posto nell’albergo (Lc 2,6-7). Avrebbe potuto l’evangelista nascondere sotto parole più umili la maestà e la gloria, che riempiono il cielo e la terra? Non dice genericamente che non v’era più posto nell’albergo; ma che non ve n’era per Colui che può dire: Mia è la terra, con quanto contiene (Ps 49,12). Tale testimonianza ha la conferma di un altro evangelista: Venne nella sua proprietà, e i suoi non l’accolsero (Jn 1,11).
Mentre mediteranno tutto ciò, i fedeli non dimenticheranno che Dio volle sottostare all’umile fragilità della nostra carne, affinché il genere umano fosse innalzato al più alto livello della dignità. Sufficientemente traspare la nobiltà insigne, conferita all’uomo per dono divino, dal fatto che fu uomo Colui che era nel medesimo tempo vero e perfetto Dio. Noi possiamo ormai dire con orgoglio che il Figlio di Dio è ossa e carne nostra; cosa che non possono fare gli spiriti beati. Ha detto l’Apostolo: Ha assunto la natura dei figli di Abramo, non la natura angelica (He 2,16).
Guardiamoci bene dal far si che, per nostra disgrazia, come non trovo posto nell’albergo per nascere, cosi non ne trovi nostri cuori, quando viene per nascervi, non corporalmente, ma spiritualmente. Desidera egli, bramosissimo com’è della nostra salvezza, questa mistica natività. Perciò, come egli si fece uomo, nacque e fu santificato, anzi fu la santità stessa, per virtù dello Spirito santo, in maniera soprannaturale; cosi occorre che noi nasciamo, non da sangue, né da voler di carne, né da voler di uomo, ma da Dio (Jn 1,13); e che dopo ciò procediamo nella vita come creature rinnovate in novità di spirito (Rm 6,4-5 Rm 7,6), custodendo gelosamente quella santità e integrità di mente, che si addicono ad individui rigenerati nello spirito di Dio. Cosi ritrarremo in noi stessi una qualche sembianza di quella concezione e natività del Figlio di Dio, in cui crediamo fermamente e che accogliamo e adoriamo come il mistero che racchiude il capolavoro della sapienza divina (1Co 2,7).
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fonte maranatha.it
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