di Luca Fumagalli
«Era un uomo oltre in un luogo oltre»
(Lord Ramsey, in occasione del centenario della morte di Hawker)
Fu il suo primo biografo, Sabine Baring-Gould, che contribuì più di tutti a relegare ingiustamente Robert Stephen Hawker nel limbo dei vittoriani eccentrici. Da allora il mito ha sostituito la realtà, e se Hawker, che trascorse l’intera vita ai margini del palcoscenico londinese, vicario anglicano della sperduta parrocchia di Morwenstow, nel nord della Cornovaglia, fu indubbiamente un tipo curioso – umorale, ipocondriaco, che pretendeva pure di parlare con gli angeli nel segreto della sua chiesa – allo stesso tempo, a detta di quanti lo conobbero, fu un eccellente predicatore e pastore d’anime, così come le sue raccolte poetiche, in particolare la più nota, Cornish Ballads and Other Poems (1869), evidenziano un talento fuori dal comune. Sfortunatamente in vita non godette mai del successo che avrebbe meritato e la cosa, inutile dirlo, fu per lui causa di profonda costernazione: «Sembra non esserci nemmeno un’ombra di simpatia tra gli uomini della mia generazione e me».
Per di più, nonostante la sua conversione alla Chiesa di Roma avvenne solamente sul letto di morte, Hawker può essere a buona ragione considerato uno dei pionieri del cosiddetto Catholic Literary Revival se non altro per il deciso allontanamento dalla coeva tradizione romantica: il Medioevo, per lui, non era un mero repertorio di immagini ed episodi da cui attingere per dare corpo a opere dalla superficie anticheggiante, ma un’epoca ideale, un modello comunitario e teologico a cui ispirarsi e, soprattutto, un periodo in cui terra e cielo convivevano senza soluzione di continuità, abitato da persone che davano prova di quel sano realismo a cui il mondo moderno, accecato dall’egoismo e dalla folle corsa al progresso materiale, aveva colpevolmente rinunciato.
Nato a Plymouth il 3 dicembre 1803, Hawker era nipote di Robert Hawker, vicario di Charles Church e uno dei più noti predicatori del suo tempo, un calvinista molto richiesto anche a Londra dove aveva avuto modo di tenere i suoi sermoni alla presenza di Giorgio III. L’uomo, che trasmise al nipote una certa inclinazione al facile millenarismo, gli fece da tutore per quasi tutta la giovinezza, mentre il padre, Jacob, rimase una figura sempre piuttosto in ombra: dopo aver rinunciato a una carriera da medico, aveva preso gli ordini ed era diventato vicario di Stratton, nel nord della Cornovaglia, trascorrendo le sue giornate a fianco di una consorte, Jane Elizabeth Drewitt, di cui si sa poco o nulla.
Da ragazzo Hawker manifestò sin da subito uno spirito esuberante, incline alla ribellione e agli scherzi, probabilmente prodotto da una reazione al soffocante clima puritano dell’ambiente domestico. Dopo una breve permanenza alla Liskeard Grammar School, dove faticò a integrarsi, passò per qualche tempo a lavorare presso l’ufficio di un avvocato. Fu allora che una zia si assunse la responsabilità della sua educazione e gli pagò l’iscrizione alla Cheltenham Grammar School. Qui i molti talenti dello studente riottoso, compreso quello per la scrittura, iniziarono finalmente a manifestarsi, e nel 1821, appena diciottenne, pubblicò la sua prima raccolta poetica, Tendrils, le cui liriche imitavano lo stile di Lord Byron e Thomas Moore. Tuttavia in esse erano toccati alcuni temi quali il mondo degli spiriti, il folklore, l’amore, il mare e la memoria, destinati a diventare centrali nella sua produzione successiva.
Il 1823 fu l’anno in cui Hawker si immatricolò al Pembroke College di Oxford e sposò la sua prima moglie, Charlotte I’ans, di vent’anni più anziana. Figlia di un colonnello in pensione, Charlotte era una donna di vasta cultura, apprezzava la musica e conosceva il tedesco. Fu quindi in grado di aiutare il marito nella stesura di molte delle sue poesie, in particolare quelle connesse alle leggende germaniche. Nel complesso il loro fu un matrimonio singolarmente felice, testimoniato, tra l’altro, dal fatto che quando Charlotte morì, nel 1863, Hawker ne fu così devastato che cercò consolazione nell’oppio, fumato in un capanno da lui costruito presso la scogliera di Morwenstow. A sposarli era stato il padre di lui e la luna di miele l’avevano trascorsa a Tintagel, luogo legato al mito di Re Artù.
L’università, al contrario, non fu un’esperienza particolarmente significativa. Hawker mal sopportava lo studio memonico dei classici, considerando più importanti l’intelligenza e l’originalità. Anche i suoi “Thought Books” – come chiamava i propri quaderni d’appunti, pubblicati nel 1922 dal nipote C. E. Byles col titolo Stones Broken from the Rocks – rivelano all’epoca un ventaglio di letture tanto ampio quanto asistematico, che andava dalle opere di autori come Dante fino ad arrivare a quelle dei più recenti esponenti del romanticismo. Anche dal punto di vista politico Oxford non esercitò alcuna reale influenza su di lui: non solo Hawker non fu mai iscritto ad alcun gruppo o partito, ma non fu nemmeno toccato dal generale clima conservatore che si respirava nella cittadina universitaria; secondo Piers Brendon, uno dei suoi migliori biografi, «rimase l’unione anomala di un reazionario e di un radicale». Allo stesso modo rivendicava la propria indipendenza anche in ambito religioso, rifiutando qualsiasi identificazione con la “Chiesa alta” o con la “Chiesa bassa”.
Se non si distinse come studente, a Oxford Hawker fu quanto meno in grado di aggiudicarsi nel 1827 il prestigioso Newdigate Prize con il poemetto Pompeii, regolarmente ristampato nelle sue raccolte degli anni seguenti. Pompeii è più che altro un colto esercizio letterario, fin troppo saturo di rimandi, non così originale e interessante come “The Song of the Western Man”, una ballata che il giovane aveva dato alle stampe qualche tempo prima in forma anonima. Si tratta di quella che ancora oggi è la sua poesia più famosa, nel frattempo divenuta inno della Cornovaglia, di cui è particolarmente noto il ritornello:
And shall Trelawny live?
Here’s twenty thousand Cornish men
Will know the reason why!
I suoi versi raccontano dell’imprigionamento di Sir Jonathan Trelawny, vescovo di Bristol, per ordine del sovrano Giacomo II. Purtroppo per Hawker, però, “The Song of the Western Man” fu scambiata da Walter Scott, Lord Macauly, Charles Dickens e altri per un’originale del XVII, vedendosi così negato ogni merito. Con quell’autocommiserazione affettata che sapeva sfoggiare in certe occasioni per vincere la simpatia dell’interlocutore, nel 1862 si lamentava in una lettera che «in tutti questi anni la “Song” è stata venduta e comprata, messa in musica e applaudita, mentre io ho vissuto tra queste rocce remote da sconosciuto, senza alcun guadagno e alcun riconoscimento. Questa è la sintesi della mia vita. Altri hanno tratto profitto dal mio cervello mentre sono stato abbandonato nell’oscurità, non corrisposto e dimenticato».
Nondimeno sarebbe sbagliato credere che a Morwenstow Hawker fosse trascurato del tutto dalle personalità di una certa fama. In un’occasione venne a trovarlo John Keble, ma pure Charles Kingsley e Tennyson; Edward Arnold, fratello minore di Matthew, giunse in Cornovaglia per ispezionarne la scuola parrocchiale – con esito più che favorevole – e anche vari nobili e vescovi si scomodarono per incontrarlo.
Tornando al 1828, ottenuta la laurea, Hawker optò per la carriera ecclesiastica. Venne ordinato diacono nel 1829 per poi essere mandato a servire, in qualità di curato, nel paesino di North Tamerton (l’ordinazione sacerdotale avvenne invece nel 1831). L’incarico, poco oneroso, gli lasciava parecchio tempo libero che impiegò per coltivare una posa stravagante ormai manifesta: uno degli aneddoti più noti vuole che andasse a visitare le case dei fedeli accompagnato da Gyp, il suo maiale domestico, che lo seguiva fedelmente come un cane.
Hawker poté dedicarsi con continuità pure alla scrittura di nuove poesie, le migliori delle quali vennero raccolte in Records of the Western Shore (1832). Tra le ballate, costituenti il nerbo del volume, spicca “The Silent Tower of Bottreaux”, che parla dei misteriosi rintocchi di alcune campane disperse in mare, in un sapiente gioco di variazioni che conduce a una quasi perfetta sovrapposizione tra suono e senso. Il ritornello della prima strofa è stato da allora inciso su molte campane della Cornovaglia e non solo:
“Come to thy God in time!”
Thus saith their pealing chime:
“Youth, manhood, old age past,
Come to thy God at last.”
Hawker rimase a North Tamerton fino al 1835, quando il vescovo di Exeter gli affidò il vicariato di Morwenstow, dove avrebbe risieduto per il resto della vita, un incarico al quale si aggiunse nel 1850 quello di curato della parrocchia di Welcombe, nel Devon, vicino al confine.
La disamina della vita e delle opere di Hawker continua nel prossimo articolo.
Seguite Radio Spada su:
- Telegram: https://t.me/Radiospada;
- Gloria.tv: https://gloria.tv/Radio%20Spada;
- Instagram: https://instagram.com/radiospada;
- Twitter: https://twitter.com/RadioSpada;
- YouTube: https://youtube.com/user/radiospada;
- Facebook: https://facebook.com/radiospadasocial;
- VK: https://vk.com/radiospada.
Fonte immagini: http://www.robertstephenhawker.co.uk; https://criticalreadings.com/2023/01/23/cr-episode-159-the-sangraal-of-robert-stephen-hawker/; https://images.squarespace-cdn.com/content/v1/5bf5ad6b5cfd7924050b55fa/1563400164045-OCWHOU1E5Y504ZIOWBFA/A+FEW+DAYS+IN+NORTH+DEVON+-+HAWKERS+HUT+%26+MORWENSTOW