Nota di RS: continua con un nuovo nome una rubrica storica e la collaborazione di un grande amico di RS con il nostro blog. Ne sono ovviamente onorato e auguro a quest’appuntamento di crescere e fiorire sulle nostre pagine virtuali. Sono certo che, data l’acribia e la DEDIZIONE del suo curatore, essa manterrà una moderata continuità, malgrado questi tempi bellici e infelici, frantumati e irregolari. Buona lettura! (Piergiorgio Seveso, Presidente SQE della Fondazione Pascendi ETS)

di Cardinale Albus

Non v’è dubbio alcuno circa la superiorità del Carnevale romano in fasto, giocondità e colore. Ne è vivida testimonianza il brillante racconto del martedì grasso del 1838 scaturito dalla penna di Alexandre Dumas nel suo capolavoro ‘Il conte di Montecristo’: «Alle tre pomeridiane lo strepito dei mortaretti, che sparavano ad un tempo in piazza del Popolo e presso il palazzo Venezia, avvisò che cominciavano le corse. Le corse e i moccoli sono due osservabili episodi degli ultimi giorni di carnevale. All’udire lo sparo dei mortaretti, le carrozze ruppero subito le file e si rifugiarono ognuna nella via laterale più vicina. Quasi subito, in mezzo ad un clamore immenso, universale, inaudito, si videro passare sette od otto cavalli eccitati dalle grida di trecentomila spettatori e dalle castagnette di ferro che saltellavano loro sulla schiena; quindi il cannone di Sant’Angelo sparò tre colpi per indicare essere stato vincitore il numero tre».

Risulta singolare la convivenza nel medesimo quadro dell’agitarsi della folla, caotica e frenetica, con gli spari, austeri e solenni, provenienti dalla prigione pontificia. Ma tutto ciò non deve sorprendere: avendo i sommi pontefici posto il loro dominio sull’Urbe, essi sono giustamente tenuti eredi degli antichi imperatori, e ne conviene che anche gli arcani giochi pagani siano parte di cotanta dote spettante ai successori di san Pietro. Già in tempi remoti, teste l’ordine liturgico della città di Roma di secolo duodecimo a opera del dotto Benedetto canonico di San Pietro, si trovano cenni del giuoco di Carnevale (De ludo Carnevalari): la prima domenica di Quaresima, finito il pranzo, gli aristocratici e i popolani bevevano tra loro (bibunt inter se), in seguito questi si dirigevano al Testaccio, quelli cavalcavano con il prefetto dell’Urbe verso il palazzo del Laterano, dove attendevano il papa. Dopodiché, egli, scortato dai detti cavalieri, raggiungeva i popolani sul Testaccio, ove con immenso concorso di popolo si dava inizio al giuoco, il tutto alla presenza del papa (in conspectu pontificis). Quello che avveniva era certamente cruento, giacché erano massacrati nell’ordine: un orso, una giovenca e un gallo (animali che simboleggiavano rispettivamente il Diavolo, la Superbia e la Lussuria). Nel corso dei secoli gli avvenimenti della ‘Domenica del Testaccio’ – dove ancora oggi come allora non a caso è sito il macello – si perpetuarono e si amplificarono nell’articolata successione di corse e sfilate che si tenevano a Roma durante il Carnevale. L’impegno economico necessario era tale che gli amministratori dell’Urbe dovettero esigere eccezionali imposte cui con speciale enfasi era invitata a contribuire la ricca gente che abita(va) il Ghetto. Del resto, pure in altre occasioni i Romani erano soliti prorompere in manifestazioni di giubilo così chiassose da superare il Carnevale stesso: è questo il caso della cavalcata dei papi verso il Laterano dopo l’Incoronazione in San Pietro, allorché, vivificando la tradizione degli antichi imperatori, aveva luogo la colorita e picaresca messa in scena del Mimo.

Come le arcaiche insegne dell’imperium di Roma adornavano l’autorità pontifizia, dunque, anche le frivole amenità dell’Urbe altro non erano che una radiosa (e certo lievemente scomposta) espressione della plenitudo potestatis del Vicario di Cristo. Con lagrimevole rimpianto ricordiamo, infine, come a far morire questa giocosa e mirabile tradizione carnascialesca furono nel 1874 gli occupanti piemontesi, il cui reuccio Vittorio Emanuele II, usando a pretesto un incidente, abolì con pelosa e untuosa diligenza quella grande macchina festosa dell’Urbe papale che è stata per secoli il Carnevale romano.

Fonte https://www.flickr.com/photos/78492580@N02/9617321576 (e Wikipedia: free use)

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