Nota di RS: continua la collaborazione fattiva e amichevole di Pietro Ferrari, già autore di tre libri per la nostra casa editrice ovvero “Fascismi” [ancora disponibile], la “Questione monetaria” e “Non Possumus”. Si tratta un esponente di punta del cattolicesimo integrale nostrano. Come ebbi modo di dire in passato: nel panorama del laicato “tradizionalista” di lingua italiana, piuttosto brullo e disadorno (per tacere di cuspidi acuminate e omicide), Pietro Ferrari spazia con passione e sprezzatura in vari campi: ecclesiologia, economia, diritto, politologia. Lo fa con prese di posizione anche fortemente polemiche e che possono suscitare dibattiti e forti controversie. Radio Spada esiste anche per questo: per ribadire le Verità cattoliche definite e certe e per incrementare dibattiti sulle materie libere. (Piergiorgio Seveso Presidente SQE della Fondazione Pascendi ETS)
La decisione è precipua categoria del “politico” secondo Carl Schmitt e lo Stato ne detiene il monopolio. Abbiamo in temporalibus una sorta di “sede impedita”? Seguiamo la polemica lanciata su Twitter da @ProVitaFamiglia
LA CONSULTA STIA NEI LIMITI. Il Presidente della CorteCostituzionale non ha nessun titolo per “bacchettare” il Parlamento, organo rappresentativo della sovranità popolare. Sono anni che la Corte Costituzionale italiana emette sentenze politiche sui temi eticamente più sensibili perseguendo quell’Agenda progressista che la Sinistra parlamentare non riesce a realizzare per mancanza di voti, cioè di consenso sociale. Su Fine Vita e temi LGBTQXYZ (=utero in affitto) non “urge” nessuna legge. I divieti sono già una precisa scelta legislativa, perfettamente in linea con la Costituzione.
Quello che URGE davvero è che i Giudici costituzionali rispettino l’autonomia del Parlamento e la volontà popolare espressa con le elezioni. Nei prossimi mesi il Parlamento dovrà nominare diversi nuovi Giudici costituzionali per la scadenza del mandato di altri. Auspichiamo che siano scelte figure davvero super partes che non interpretino il loro ruolo in chiave prettamente politica […]
Augusto Antonio Barbera (85 anni) è l’attuale Presidente della Corte Costituzionale. È stato in Parlamento per 18 anni, eletto nella circoscrizione di Bologna prima col Partito Comunista e poi col PDS – Partito Democratico della Sinistra (dal 1976 al 1994). […] Oggi ha detto che il Parlamento si deve adeguare al famigerato spirito dei tempi e che se non farà leggi su eutanasia e adozioni gay allora ci penserà la Corte Costituzionale, perché il diritto “evolve” e la Costituzione lo esige
Nella Relazione annuale ha auspicato sia “un intervento del legislatore che dia seguito alla sentenza n. 242 del 2019 (il cosiddetto caso Cappato), sul fine vita”, sia “un intervento che tenga conto del monito relativo alla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso”. Rispondendo poi alle domande dei giornalisti, il Presidente della Corte costituzionale Augusto Barbera ha precisato: “Sul fine vita le regioni vanno moltiplicando iniziative a supplenza del Parlamento il cui intervento non è avvenuto. Non posso anticipare nella maniera più assoluta un giudizio. Ma sottolineo un punto: il fatto che abbiamo coinvolto il Parlamento nella disciplina del fine vita, non è come talvolta si è detto che intendiamo fermarci e dire adesso è compito del Parlamento”.
La questione infatti è tornata di stretta attualità dopo una nuova ordinanza di rinvio firmata dal Gip del Tribunale di Firenze (Agnese De Girolamo) che ha riproposto la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale – già modificato dalla sentenza costituzionale 242 del 201 – nella parte in cui richiede che la non punibilità di chi agevola il suicidio sia subordinata anche alla condizione dell’essere “tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale” per contrasto con gli articoli 2, 3, 13, 32, e 117 della Costituzione.
“Noi chiamiamo il Parlamento – ha proseguito Barbera – a collaborare nella identificazione dei parametri che fanno riferimento a valori e che sono letture non così accertabili con ragionamenti di soli interessi, ma richiedono una lettura che deve essere integrata anche dalla opinione e volontà delle assemblee espressive della volontà popolare…Fermo restando – conclude – che se resterà inerzia la Corte non potrà che intervenire”.
A stretto giro la risposta di Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia Onlus: “Su Fine Vita e ‘diritti Lgbt’ la Corte Costituzionale ha emesso sentenze politiche esautorando il Parlamento e violando la separazione tra poteri dello Stato. Non è affatto vero che su temi come il suicidio assistito o lo status dei bambini nati da utero in affitto la nostra Costituzione imponesse norme diverse da quelle esistenti prima delle forzature ideologiche operate dalla Consulta, né che tali forzature impongano oggi ulteriori interventi legislativi in senso progressista”.
Considerazioni solo emotivamente fondate, in quanto elusive del fatto che tale vuoto porti alla supplenza del potere politico da parte di quello giudiziario. Non è la prima volta che su questioni giurisprudenziali evolutive ma contraddittorie venga chiamato il potere legislativo a dare indicazioni che poi non dà.
Cosa aveva stabilito la Consulta?
Sentenza 242/2019
Giudizio: GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: LATTANZI – Redattore: MODUGNO
Udienza Pubblica del 24/09/2019; Decisione del 25/09/2019
Deposito del 22/11/2019; Pubblicazione in G. U. 27/11/2019 n. 48
Norme impugnate: Art. 580 del codice penale
Massime: 40813 42845
Atti decisi: ord. 43/2018
4.– In assenza di ogni determinazione da parte del Parlamento, questa Corte non può ulteriormente esimersi dal pronunciare sul merito delle questioni.
9.– Questa Corte non può fare a meno, peraltro, di ribadire con vigore l’auspicio che la materia formi oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore, conformemente ai principi precedentemente enunciati.
[…] dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione –, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2019.
Ufficio Stampa della Corte costituzionale
Comunicato del 22 novembre 2019
FINE VITA: QUANDO NON È PUNIBILE L’AIUTO AL SUICIDIO
L’esigenza di garantire la legalità costituzionale deve prevalere su quella di lasciare spazio alla discrezionalità del legislatore. E se la dichiarazione di incostituzionalità rischia di creare vuoti di disciplina che mettono in pericolo diritti fondamentali, la Corte costituzionale deve preoccuparsi di evitarli, ricavando dal sistema vigente i criteri di riempimento, in attesa dell’intervento del Parlamento. È quanto si legge nella sentenza n. 242 depositata oggi (relatore Franco Modugno) con cui la Corte costituzionale – decorso inutilmente il termine di circa un anno dato al Parlamento, con l’ordinanza n. 207/2018 per legiferare – spiega le motivazioni della decisione sul fine vita, anticipata con il comunicato stampa del 25 settembre 2019.
La Corte aveva quindi disposto, con l’ordinanza emessa lo scorso anno, un rinvio dell’udienza di trattazione delle questioni, in modo da consentire al Parlamento di intervenire in materia (si vedano anche i comunicati stampa del 24 ottobre e del 16 novembre 2018). Poiché non è stata approvata nessuna normativa, la Corte ha ritenuto di dover porre rimedio, comunque sia, alla violazione riscontrata.
Occorre ribadire come il nostro sia un ordinamento giuridico “aperto” al diritto internazionale e comunitario e che un qualunque ricorso potrebbe mettere in difficoltà la ritrosìa del sistema politico parlamentare che si nasconde dietro un dito. L’inerzia non è bastevole.
La Corte Costituzionale aveva dato al Parlamento il tempo per legiferare sull’eutanasia, altrimenti si sarebbe sostituita ad esso il 24 Settembre; già nel settembre 2019 il governo Conte ribadiva l’emergenza. Se il Parlamento fallisce e viene scavalcato dalla Magistratura, chiedetevi due cose:
1) che senso ha ancora la polemica politica sui temi bioetici se la politica non se ne vuole occupare;
2) che senso ha continuare a parlare di esproprio della democrazia e della categoria del Politico da parte di altri poteri se tali poteri non fanno altro che “sanare” (a modo loro) il vulnus omissivo della politica.
Photo by kullanmıyorum: https://www.pexels.com/photo/an-animal-peeking-through-the-doorway-4533107/
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