di Massimo Micaletti
Il documento Dignitas infinita, firmato personalmente dal Cardinal Hernandez, ha avuto l’effetto rassicurante – per alcuni – di confermare l’insegnamento della Chiesa sulla tutela della vita dal concepimento fino alla morte naturale: si tratta di temi che, come è noto, stanno molto a cuore ai “conservatori” che hanno dovuto mandar giù parecchie cose negli ultimi tempi, da Pachamama a Fiducia Supplicans (e che evidentemente erano un po’ distratti mentre si creavano le premesse per tutto questo). In effetti, però, un esame più approfondito del testo mostra come esso non ribadisca tutto quanto la Chiesa abbia affermato finora nel campo della bioetica (e del resto, occhio: DI non è un documento di bioetica!), ma anzi segni un arretramento delle posizioni per lasciare una sorta di “terra di nessuno” in cui, tra un discernimento e l’altro, il Nemico troverà modo di piazzare più di una bandierina.
Mi limito a due profili, ce ne sarebbero altri.
Il silenzio sulla fecondazione artificiale. Se va dato atto che il Pontefice ha sempre condannato l’aborto e senza mezzi termini, non altrettanto si può dire della fecondazione artificiale che è anzi assente dai pronunciamenti della Chiesa ormai da oltre un decennio: l’ultimo documento che ne ha trattato è stata l’Istruzione Dignitas Personae del 2008. E’ vero, ci sono i punti 2376 e 2377 del “nuovo Catechismo” ma va sottolineato come in Dignitas infinita si trovi un passaggio che calzerebbe alla perfezione alla produzione dell’uomo in provetta: “Ogni bambino, infatti, dal momento del concepimento, della nascita e poi nella crescita come ragazzo o ragazza, diventando adulto, possiede infatti una dignità intangibile che si esprime chiaramente, benché in modo singolare e differenziato, in ogni fase della sua vita. Il bambino ha perciò il diritto, in virtù della sua inalienabile dignità, di avere un’origine pienamente umana e non artificialmente indotta, e di ricevere il dono di una vita che manifesti, nello stesso tempo, la dignità di chi dona e di chi riceve. Il riconoscimento della dignità della persona umana comporta, inoltre, anche quello della dignità dell’unione coniugale e della procreazione umana in tutte le loro dimensioni. In questa direzione, il legittimo desiderio di avere un figlio non può essere trasformato in un “diritto al figlio” che non rispetta la dignità del figlio stesso come destinatario del dono gratuito della vita”. Parole incontestabili, solo che DI le riferisce specificamente all’utero in affitto e non alla fecondazione artificiale che dell’utero in affitto è la necessaria premessa tecnica e soprattutto antropologica e morale e che nei fatti distrugge migliaia e migliaia di concepiti ogni anno, molto più dell’aborto. Nel catalogo delle violazioni della dignità umana, per Hernandez dunque è la gravidanza su commissione che attenta alla dignità del bambino, della coppia, della procreazione mentre il caso enormemente più diffuso della produzione dell’uomo in vitro – omologa o eterologa che sia – non viene neppure menzionato. E’ come dire che le bombe al fosforo sono gravemente dannose senza parlare dei bombardamenti in generale.
Seconda lacuna: neppure una parola sulla manipolazione degli embrioni ad uso scientifico. Anche in questo caso – come per la fecondazione artificiale – si potrebbe considerare il tema come sussunto nelle dichiarazioni sul paragrafo sull’aborto ma lascia alquanto perplessi il dato oggettivo che dapprima si faccia una elencazione – sebbene dichiaratamente non esaustiva – degli attentati alla dignità umana e si usino anche parole molto chiare su alcuni di essi ma si taccia completamente su quelli che sono o più diffusi e silenziosi. Dalla sciagurata esperienza della proposta “Nuovo millennio” con cui, venti anni fa, si tentò di porre un limite alla tecnica della produzione umana in laboratorio, pare che l’accento su questi temi sia sempre più sfumato e la questione della manipolazione degli embrioni a fini sperimentali (praticata pressoché ovunque nel mondo e con tecniche che non tengono in nessun conto la vita e la dignità del concepito) non viene più sollevata anche in contesti pro vita.
In definitiva, Dignitas Infinita, è un documento che parla in maniera estremamente chiara e netta sulle questioni macroscopiche, viene da dire “elementari”, della tutela della vita umana (lodevole, ad esempio, che finalmente si condanni senza mezzi termini l’eutanasia senza impantanarsi nel concetto estremamente insidioso di “accanimento terapeutico”; oppure che si accosti con estrema chiarezza l’aborto all’omicidio del debole, a pochi giorni dalla discussione nell’europarlamento dell’introduzione dell’interruzione di gravidanza tra i diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione Europea) ma tace su quelle più delicate, complesse e spinose.
Ora, quale può essere il senso di questo tacere? Se il silenzio è oggettivo, le sue spiegazioni possono essere solo ipotetiche: ne suggerisco due, entrambe poco rassicuranti.
Una è la distrazione, intesa sia come sottovalutazione delle gravissime questioni che ho menzionato il che avrebbe portato ad includerle tout cour nella questione aborto senza necessità di spendere parole sulle loro specificità, sia, su un piano maggiormente preoccupante, come non considerazione delle stesse come problematiche. Da questo secondo punto di vista, non può tacersi che la linea – stavolta sì, in punto specificamente bioetico – è stata tracciata poco prima da “La gioia della vita”, testo della Pontificia accademia pro vita che presenta numerose criticità proprio (guarda un po’) su fecondazione artificiale o dichiarazioni di fine vita, tra le altre.
Un altro motivo potrebbe essere – e questo sarebbe ancor più allarmante – la volontà di non entrare in collisione col tempo presente su questioni che, se affrontate alla luce dell’insegnamento cattolico come rettamente tramandato per un paio di millenni, potrebbero mettere in discussione anche certe recenti scelte “pastorali”. Solo per dirne un paio, mi riferisco, ancora una volta, all’atteggiamento espressamente a favore della fecondazione artificiale omologa ormai consolidato anche in seno alla PAV (cfr. “La gioia della vita”, paragrafo 173) ma già espresso dieci anni fa dal Pontefice o alla “questione dell’omosessualità” per come declinata in Fiducia Supplicans e che quindi certo non può essere annoverata da DI tra i pericoli.
Resta la gravità oggettiva dell’omissione su questioni di capitale rilevanza, che stride coi toni forti e netti adottati su altri temi. Si ripete: Dignitas Infinita non è un testo propriamente di bioetica ma con la bioetica ha molto a che fare e concorre a tracciare i fondamenti della riflessione cattolica sulla vita quantomeno nel breve e medio periodo (le “evoluzioni”, nell’era Fernandez, sono sempre possibili e repentine e lo si è capito subito). Le risposte a ciò su cui DI tace però ci sono e si possono trovare nel retto Magistero. Bisognerà poi fare i conti con ciò che questi documenti affermano, postulano e condannano e ciò che oggi si legge, e nel fare questi conti il fedele è da solo: e questo è il vero dramma.
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