di Domenico Savino
“Ci salveranno le vecchie zie?” si domandava all’inizio degli anni 50 Leo Longanesi, fondatore di Omnibus, sferzando l’Italia e l’inconsistenza della sua borghesia: “Il prestigio della borghesia tramonta; ora, al sostantivo “borghese” tocca il ruolo di aggettivo dispregiativo” (p. 53).
Il mondo era diviso, la guerra fredda era “caldissima”, ma a tenere la trincea contro il “pericolo rosso” la politica non c’era: “La destra? Ma se non c’è nemmeno la sinistra in Italia! Qui non c’è nulla: né destra né sinistra. Qui si vive alla giornata, fra l’acqua santa e l’acqua minerale”.
Restavano solo loro, le vecchie zie, le «vestali dell’ordine classico», le maestrine con diploma, gonne lunghe e tacchi bassi, solide convinzioni, senso del dovere, fervore etico, zelo religioso, abbecedario, educazione civica e rosario.
Sobrie, solide, silenziose.
Ma non bastò.
E non furono le divisioni di Stalin ad occupare l’Italia, contro cui le vecchie zie erano pronte a immolarsi in nome dei buoni costumi di un tempo, ma un vento strano che soffiava da Ovest, al ritmo dello swing di Fred Buscaglione, del boogie-woogie di Carsone e degli chansonnier francesi. Sul grande schermo la bellezza irresistibile di Lucia Bosè era lì ad ammiccare con la sua fredda eleganza agli italiani, che già avevano perso l’innocenza con le gambe nude di Silvana Mangano in Riso amaro e l’omicidio di Ostia del caso Montesi. Poi arrivò il Concilio, il Boom economico e la “dolce vita”.
E infatti l’Italia non si salvò, travolta dall’uragano Occidentale, mentre le vecchie zie erano ancora lì, schierate a battaglia contro “il pericolo rosso” dalla parte sbagliata del fronte, proprio mentre, nelle serate in Via Veneto, era ai tavoli della borghesia che il “rosso” diventava il colore di moda: “La conversazione – scriveva Longanesi – si svolge come un rotolo di carta igienica velour, da cui si strappano con mano leggera i fogli: Marx, Hegel, Proust…Le signore odorano, annusano: il pensiero è anche odore; un’idea ha un odore, come ha un colore…. Rosso, rosso Marx; rosso Proust, rosso mestruazione, rosso sofà Café de Paris… Odore di Proust, di rosso melmoso, mondano, che si decompone nell’analisi di nebbiosi peccati in casa Swann. (p. 63).
Tramonto dell’Occidente?
No, questo era già accaduto decenni prima. Qui eravamo di fronte all’ultimo Occidente, travolto dall’Oriente, dallo yoga, dal buddhismo, dalla meditazione trascendentale, dalla nuova guerra dell’oppio, che i Servizi USA (la CIA in specie) scatenavano ora nel fronte interno per controllare le masse.
Finita la seconda guerra mondiale, infatti, la gioventù americana avrebbe bruciato se stessa, cercando “on the road” la via per dare un senso ad un’esistenza disperata e placata solo dalla droga e dall’alcool. I “vagabondi del dharma” andavano alla deriva in un’esistenza narcotizzata, che ne avrebbe isterilito ogni velleità rivoluzionaria.
Fu la carne a perdere l’Occidente, non le divisioni di Stalin.
E alla carne si diede il nome di amore: “Fate l’amore, non fate la guerra!”
I Paradisi erano gratis per tutti e artificiali: “Drop acid, no bombs!” scrivevano sui loro cartelli i pacifisti nelle marce per il Viet-nam.
Ma già prima, quando nacque la beat generation in California, prepararono la “Sommer of love”, una stagione intera di sballo e confusione, di criminalità e degrado, di ricerca del proprio posto nel mondo e appunto di amore libero, come cantavano i “figli dei fiori”: «If you’re going to San Francisco, Be sure to wear some flowers in your hair, If you’re going to San Francisco, You’re gonna meet some gentle people there, For those who come to San Francisco, Summertime will be a love-in there…».
Uno degli ideatori della manifestazione, Allen Cohen, disse: “Volevamo creare una celebrazione dell’innocenza. Non eravamo colpevoli di usare sostanze illegali. Stavamo celebrando la coscienza trascendentale. La bellezza dell’universo. La bellezza dell’essere“.
Le contestazioni nei campus qualche anno dopo sarebbero finite in grandi concerti di massa, inondati da fiumi di droga. Quando nacque il Rock, l’Occidente era già pronto a bruciare…
… a bruciare se stesso.
La “Chiesa”, nuova e rinnovata dal Concilio, ci era già cascata dentro e laddove l’Occidente perse la propria anima nell’Oriente mistico, la “Chiesa” perse la propria Fede. Ma anche qui il primo soffio e il più pericoloso era venuto da Oriente, molti secoli prima, e proprio dall’Oriente cristiano.
La questione centrale è la questione del “Filioque” e cioè: lo Spirito Santo procede solo dal Padre (come dicono le Chiese ortodosse) o dal Padre e dal Figlio (come ha sempre professato la Chiesa cattolica)?
… “questione di lana caprina” dicono i più, che o non capiscono una cippa o sono in cattiva Fede. E invece è questione centrale: togliete il Filioque e andrete a farvi le canne e a copulare liberamente alla Summer of love, darete la comunione ai divorziati-risposati, le nozze gay, la maternità surrogata, Tucho Fernandez e la Fiducia supplicans. Ma soprattutto un “dio a propria scelta” e la Pachamama al posto della Madonna.
Con lustri di anticipo, il grande teologo Romano Amerio in un articolo dal titolo impossibile (v. “La questione del Filioque, ovvero la dislocazione della divina monotriade.” in Romano Amerio, Il Vaticano II e le variazioni nella Chiesa Cattolica del XX secolo – FEDE & CULTURA, 2008) scriveva: “La celebrazione indiscreta che la Chiesa e la teologia ammodernata fanno dell’amore è una perversione del dogma trinitario, perché la nostra fede comporta che in principio sia il Padre, il Padre genera il Figlio, che è il Verbo, e, dal Padre e dal Figlio, si genera lo Spirito Santo, che è l’amore (Concilio di Firenze, Bolla Laetantur coali et exultet terra). Dunque l’amore è preceduto dal Verbo, cioè dalla cognizione e non si può fare dell’amore un “assoluto”. Facendone un “assoluto”, si cade nell’errore degli Orientali, che non accettano il Filioque del nostro Credo”.
Gli Orientali, cioè gli Ortodossi, che in realtà su questo non solo sono scismatici, ma anche eretici, dicono invece che lo Spirito Santo procede dal Padre, ma non dal Figlio. Per noi cattolici, al contrario, lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio “per modo di spirazione e d’amore”. Difatti l’Amore pro-cede dalla Conoscenza (Verbo o Logos) e non pre-cede la Conoscenza.
Quando si dice, invece, che l’amore non pro-cede dalla Conoscenza, si fa dell’amore un valore senza pre-cedenti, mentre nella Fede Cattolica c’è un valore che pre-cede l’amore ed è la Conoscenza, che è il Verbo, cioè il Cristo. Prosegue Romano Amerio: “Quindi l’esaltazione dell’amore in se stesso implica una distorsione del dogma trinitario e una perversione dello stesso amore”.
Dietro il rifiuto che lo Spirito proceda sia dal Padre che dal Figlio non vi è un teorema di astratta teologia, ma l’idea che il valore vero dell’uomo sia il fare, l’azione, il dinamismo.
Se l’amore è solo amore e se l’amore non ha logica, se l’amore prescinde dal Verbo (che è invece Conoscenza, verità e ordine delle cose), l’amore prescinde allora da ogni dottrina, religione, sesso, sicchè ogni religione sarebbe vera e quindi la nostra Fede inutile.
Le eretiche teorie teologiche del fu-cardinal Martini, espresse nelle sue interviste al «Sunday Times» e ad Alain Elkann, rivelano che il fondo degli errori è sempre il medesimo: “La nostra religione – diceva il sulfureo cardinale – non è ancorata nel Verbo, la nostra religione è fondata sull’amore“.
Quindi l’eretico Martini, mentore di Bergoglio, poneva un’equipollenza tra tutte le religioni, perché tutte le religioni, tutte le dottrine e tutte le eresie, giovano a sviluppare e a mantenere nel genere umano il senso religioso. Ma se così fosse, il senso religioso si troverebbe egualmente bene nella Chiesa cattolica, nella confessione protestante, nel buddismo e nell’islam… ed anche nella “summer of love” dei raduni hippies: l’unica cosa che conta sarebbe il senso religioso, cioè la tensione verso Dio, magari con l’aiuto di un po’ di “santa erba”…
I fatto è che la massima tensione verso Dio l’aveva l’essere più religioso di tutti, cioè Satana, una tensione così radicale verso la divinità da voleva essere Dio! E non solo viveva questa tensione scardinata, ma la suggerì ai Progenitori: “Voi sarete come dèi”. Quindi, quando si dice – come fa Martini e la neo-teologia eretica – che la nostra religione essenzialmente “è una tensione verso Dio“, si dice una cosa sbagliata, si raccoglie il suggerimento di Satana, vòlto ad annientare il Cristo, sola Ragione di ogni tensione.
Affermare l’importanza in sè di questa tensione, di questo dinamismo spirituale, affermare come nella dichiarazione di Abu Dhabi che anche nelle altre religioni c’è questa tensione verso la divinità, che è la medesima della nostra religione e di qualunque religione, significa affermare che la fede vera è in tutte le religioni, con ciò determinando l’annientamento di quella cattolica.
E’ bene evidenziare – aggiunge Amerio – che contro il Filioque sono stati e sono tutti i totalitarismi, i nazisti e i comunisti di ieri e – aggiungo io – ancor più l’odierno totalitarismo liberale: tutti infatti sono accomunati dallo stesso dinamismo e tecnicismo, caratteristici della modernità e ancor più della post-modernità.
Tutti costoro ripudiano la natura dell’uomo, che si regge sulla ragione e si legge con la ragione. L’azione, in questi sistemi totalitari, non ha alcuna legge al di fuori di quella presente nell’azione stessa e questo proprio perché ripudia il Filioque.
Essi dicono: l’amore è un agire che non non “pro-cede” da qualcosa, ma soltanto “pre-cede” ogni cosa. Ora se l’amore “pro-cede” da qualcosa, c’è qualcosa da cui esso riceve Legge e Ordine (amore in Dio), ma se “pre-cede” ogni cosa, si ordina da sè e con tutto si combina e si conforma (libero amore).
Contro l’idea che in principio sia il Verbo, il Faust di Goethe gridava infatti: «No, non può essere il Verbo! Ma: “In Principio era l’Azione”!». Questo è il principio moderno del dinamismo, dell’impeto, del moto, della filantropia, questa carità orbata della ragione a cui è ordinata.
Così l’unico amore è “fare l’amore”.
E questo è il peccato mortale della “Chiesa” del Vaticano II.
Il primato del fare sul conoscere, della pastorale sulla dottrina, dell’azione sulla contemplazione hanno trasformato il cattolicesimo in “totalitarismo cattolico”, in una pseudo-fede che si “fonda da sè”, sulla propria autocoscienza determinatasi in forma comunitaria, sinodale, conciliare: “facendo cose insieme”.
La pseudo-chiesa che ne deriva annuncia falsamente un amore universale, che pre-cede la vera conoscenza di Dio e la Sua Legge iscritta nel Verbo. Dunque essa diventa una pseudo-chiesa autoreferenziale, perchè non pro-cede dalla Conoscenza (e dalla Dottrina, che non a caso bergoglio definisce “insipida”), ma pro-cede da sè medesima, dalla propria autocoscienza ecclesiale. In conseguenza di ciò l’amore di cui parla non è l’amore di Dio e da Dio, ma l’amore per l’uomo e dell’uomo, un amore di sè.
Questo amore esclusivamente umano è quindi un amore ab-solutus, cioè sciolto dal Logos di Dio, che si pretende sia ispirato direttamente dallo Spirito (senza o contro il Verbo!). Ma per la retta Fede questo non non può essere lo Spirito Santo, perchè in Dio non può esservi contraddizione, nè Amore senza Ordine.
Quanto sia pervertita e perfida la nuova dottrina, si evince da una dichiarazione – citata da Amerio – di José Maria Pires, vescovo di Paraiba in Brasile, morto nel 2017: “La prostituzione è una missione d’amore. Presso i poveri, è un servizio di carità; e una suora, in certe circostanze, la deve preferire alla sua missione religiosa”.
Ora a parte che Monsignore – se crede – certi consigli li può dare a sua sorella (e poi vediamo la reazione!), capite da soli quale aberrazione vi sia nell’idea – peraltro coerente con la nuova teologia postconciliare – che una suora dovrebbe prostituirsi purché si prostituisca per carità, perché non c’è nulla che precede l’amore: l’amore non ha limiti, non ha remore; qualunque azione tu faccia “con amore”, quell’azione è buona ed è ispirata dallo Spirito Santo (pare che proprio così taluni taluni ecclesiastici si siano approcciati alle suore loro affidate…).
Era, del resto, le logica dei teologi olandesi che, nell’immediato post-Concilio, cioè negli anni 1964-65 del secolo scorso, predicavano la bontà dell’unione sodomitica: “La sodomia non è un atto contro natura, non è un Peccato gravissimo che sta tra i quattro peccati che gridano vendetta davanti a Dio, no: la sodomia è uno dei nodi in cui si esprime l’amore” e gli olandesi arrivano al punto di celebrare i matrimoni tra omosessuali creando un rito proprio per la Messa di questi “matrimoni”, la Missa pro omophilis, che si legge nel bollettino della famosa Commissione per la riforma liturgica.
Vedete quant’è bergogliano il rifiuto del Filioque?
Capite perchè Bergglio pretende di dire che nella Trinità litigano?
Ora, a parte che la SS. Trinità non è la Curia Romana, nè Casa Santa Marta, ricordiamoci – come afferma Amerio – che “nella fede cattolica lo Spirito Santo ha sempre “pro- ceduto”: difatti, nell’Evangelo, è il Verbo che dice « Vi manderò lo Spirito Santo. E il Cristo, è il Verbo, è la Seconda Persona che annuncia: «Vi manderò lo Spirito Santo, quale vi insegnerà ogni verità”. E, dopo la resurrezione del Signore, gli Apostoli aspettano lo Spirito Santo che è stato promesso dal Cristo e che è nato dal Cristo. Non è che lo Spirito Santo venga, proceda, dal Padre per conto proprio. No: lo Spirito Santo è mandato alla Chiesa dal Verbo” e non sarebbe potuto venire se Egli non fosse tornato al Padre.
Chi dice che il “volere” non dipende dal “conoscere”, ma che è un valore in sé, che l’azione vale per se stessa, che l’amore non ha nessuna regola, nessun precetto e nessuna precedenza, tocca il punto più intimo della nostra Fede: il fine dell’uomo, infatti, secondo il nostro Catechismo, è di “conoscere e amare Dio [in questa vita] per goderLo poi nell’altra in paradiso”.
Ma come faccio ad amare chi non conosco?
Ecco perchè prima c’è “il conoscere” e poi c’è “l’amare”, dato che solo così è possibile capire in cosa consiste il godimento di Dio: in una “intellezione”, in una visione; alla quale visione solo segue l’atto d’amore.
Scrive Amerio: “La carità, che i beati hanno nella beatitudine del Cielo, è l’effetto della visione e in loro la carità cresce quanto cresce la visione. La carità, l’ardore dei beati, è proporzionale alla visione intellettiva, conoscitiva. Questa visione, poi, cresce per un lume soprannaturale, il lumen gloriae. Quindi, secondo la teologia cattolica, in specie in san Tommaso, la nostra beatitudine è commisurata alla nostra conoscenza: Dio avvalora, innanzitutto, la nostra conoscenza e questa conoscenza, così avvalorata, si infiamma naturalmente. Questa dottrina classica, nella teologia cattolica, è stupendamente esposta da Dante in un canto del Paradiso, il XIV:
«Quando la carne, gloriosa e santa, sia rivestita,
la nostra persona più lieta sia,
per esser tutta quanta;
perché s’accrescerà ciò che ne dona di gratuito lume
— conoscenza — il sommo Bene,
lume che, a Lui veder, me condiziona ».
E’ quello che i teologi chiamano lume di gloria: è un’aggiunta di conoscenza e di potenza conoscitiva, al di sopra della natura.
Ma poi si dice:
«Perché la visione crescer conviene.
E alla visione l’ardor s’accende».
Cioè: l’ardore, la carità, l’amore, si accende a seconda della visione. La visione dell’essenza divina è condizionata dal lume di gloria e quanto più cresce il lume di gloria, tanto più cresce la visione e conseguentemente tanto più cresce la carità”.
Per questo vogliono annientare gli ordini religiosi, specie se contemplativi. Anzi proprio perchè contemplativi!
Le suore di clausura fanno un sacco di cose pratiche, lavorano da mattina a sera, ma – separate dal mondo – essenzialmente non “fanno”, pregano, contemplano.
E contemplando, vedono e, vedendo, amano di vero Amore.
Satana questo non lo sopporta. E con lui tanti falsi ecclesiastici al seguito. Per questo le vogliono togliere di mezzo…
Ma “non prevalebunt”.
Altro che le vecchie zie, poverette!
Ci salveranno le suore, specie di clausura.
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