di Luca Fumagalli

Isaac Rosenberg è uno dei war poets più originali e affascinanti. I sui versi, considerati dal critico F. R. Leavis addirittura al livello di quelli di Keats e di Hopkins, non sfigurano affatto accanto alla produzione di commilitoni ben più noti come Wilfred Owen, Siegfried Sassoon o Rupert Brooke. Tuttavia, a differenza di questi, Rosenberg era un soldato semplice, un pacifista convinto, che cedette alle lusinghe dell’arruolamento solamente perché disoccupato, desideroso di racimolare qualche soldo per sostenere la madre. Di conseguenza nella sua poesia non vi è traccia alcuna di slanci eroici o di sacrifici patriottici; al contrario, essa si risolve in una profonda quanto drammatica riflessione sugli effetti disumanizzanti della carneficina che si consuma fra le trincee e di cui lui è testimone diretto.

Nato a Bristol nel 1890 in una famiglia di ebrei ortodossi emigrati dall’Europa orientale, Rosenberg si trasferì in seguito con i genitori nell’East End londinese, diventando apprendista in uno studio d’incisore a Fleet Street. Grazie alle donazioni di alcune abbienti signore ebree, poté studiare pittura alla prestigiosa Slade School of Fine Arts presso l’University College di Londra, e sotto la guida di Edward Marsh e Laurence Binyon iniziò seriamente a scrivere versi. Nel 1912 pubblicò la sua prima raccolta, un esile volume intitolato Night and Day, a cui tre anni dopo seguì Youth. Ma né l’attività letteraria e nemmeno quella di pittore sembravano offrire sbocchi promettenti e così, allo scoppio della Grande Guerra, Rosenberg decise di arruolarsi. Data la salute cagionevole – soffriva di bronchite cronica – e il fisico gracile, venne spedito in Francia nei Bantams, i battaglioni riservati agli uomini di statura inferiore al metro e sessanta. La morte lo colse sul campo di battaglia il 1 aprile 1918, probabilmente vittima di un cecchino. 

Il paradosso agrodolce di tutta questa vicenda è che per Rosenberg la poesia di guerra, quella che l’avrebbe reso celebre, non aveva grande importanza. La considerava una parentesi, qualcosa di occasionale in attesa di dedicarsi a tutt’altro.

In effetti i suoi primi componimenti erano prevalentemente a tema biblico-ebraico, e in essi Rosenberg esplorava la propria religiosità e la propria identità giudaica, caratterizzata pure da timide simpatie per il sionismo socialista. Sotto l’aspetto formale è piuttosto evidente l’influenza dei romantici inglesi della seconda generazione, ma notevole è anche l’influsso di certi metafisici e di poeti-artisti quali Blake e Rossetti. Ciononostante la sensazione è che queste poesie siano più che altro preziosi esercizi con cui Rosenberg affinò i suoi strumenti alla ricerca di una voce originale, quella che venne trovata solamente in guerra, quando l’eloquio raffinato finì per sposarsi con l’esperienza, tragica e violenta, del campo di battaglia. L’esito è una poesia spiazzante, dai forti elementi visivi, emotivamente distaccata, inserita nell’immaginario cupo della morte e del tempo che passa.

Se Spunta il giorno in trincea (Break of Day in the Trenches) è una delle migliori liriche mai scritte sulla guerra, un inno alla fratellanza umana e una denuncia dell’assurdità del conflitto, La discarica dei morti (Dead Man’s Dump) è un vero e proprio pugno allo stomaco, una devastante rassegna di budella, sangue e fango al limite dell’espressionismo. Altre celebri trench poems di Rosenberg sono i divertissement dedicati ai pidocchi – Gli immortali (The Immortals) e Caccia ai pidocchi (Louse Hunting) – nonché Primavera 1916 (Spring 1916), dove il conflitto assurge a turbamento cosmico, e Tornando, udiamo le allodole (Returning, We Hear the Larks), la descrizione di uno scampolo di serenità in una realtà dominata dall’angoscia.

Alla casa editrice Interno Poesia va il merito di offrire per la prima volta ai lettori italiani una selezione delle migliori liriche di Rosenberg, tradotte per l’occasione da Francesco Dalessandro. Il libretto, intitolato semplicemente In trincea, è una preziosa occasione per (ri)scoprire e apprezzare la poesia di un war poet talentuoso e imprevedibile, cantore della devastante conclusione di quell’epoca in cui l’umanità si era ingannata di essere guarita da ogni peccato originale.

Il libro: Isaac Rosenberg, In trincea, a cura di Francesco Dalessandro, Interno Poesia, Latiano, 2023, 116 pagine, Euro, 15.

Link all’acquisto: https://internopoesialibri.com/libro/in-trincea/



Seguite Radio Spada su:


Fonte immagine di copertina: http://blogs.bbk.ac.uk/bbkcomments/2023/01/15/isaac-rosenberg-artist-and-poet/