Dal XIII (e ultimo) volume della Storia universale della Chiesa a cura del Card. Hergenröther – Il Kulturkampf, il Concilio Vaticano I, i pontificati fino a Benedetto XV – proponiamo questo estratto sul presidente Gabriel García Moreno.


[…] L’Equatore, che per lungo tempo era appartenuto al Perù, poi col Venezuela e la Nuova Granada alla repubblica colombiana, fu esso pure per molti anni spadroneggiato dal liberalismo anticlericale. Anche dopo che esso era divenuto uno stato indipendente (1830), continuarono i torbidi. Fu proclamata la libertà di religione, si aprirono in Quito scuole protestantiche, le società segrete si accrebbero grandemente. Dopo la dissipazione dei beni dei gesuiti, quel paese non ebbe quasi più scuole e soltanto chiese spogliate; non vi erano strade utili, e ogni cosa mostrava la più profonda decadenza. Un vero benefattore della sua patria fu Garcia Moreno, educatosi in Europa e già professore di chimica in Quito. Egli, nonostante le molte calunnie dei suoi nemici, che l’accusarono di voler dare la misera repubblica in mano all’imperatore Napoleone III, riuscì nel 1859 a scuotere l’insopportabile giogo della soldatesca condotta dal Robles, dall’Urbina e dal Franco. Dal 1861 divenuto presidente della repubblica, attese con vigore e prudenza a sollevarla moralmente e materialmente; concluse, mediante un suo inviato in Roma, un concordato, il 26 settembre 1862; zelò la migliore educazione, sollevò gli istituti di insegnamento, chiamandovi anche gesuiti tedeschi; fece venire nell’Equatore i redentoristi, aiutò gli zelanti missionari nell’opera di conversione degl’indiani ancora selvaggi, e portò rapidamente lo Stato ad un insperato splendore. Le camere, su proposta di lui, votarono contribuzioni al Capo della Chiesa spogliato dei suoi stati; e l’egregio presidente dette il più splendido esempio di rispetto alla religione. L’arcivescovo di Quito tenne nel 1863 un sinodo provinciale, e un secondo nel 1869. Alle diocesi di Cuenca (1786), Guayaquil (1838) e Riobamba (1848) si aggiunsero ancora le diocesi di Loja e di Ibarra e il vicariato apostolico di Napo. Il popolo era contento e felice sotto questo suo capo veramente cattolico; ma l’odio degli increduli liberali perseguitava il meritissimo uomo, che il 26 agosto 1875 cadde vittima di un assassino; e a questo nefando delitto seguì l’avvelenamento dell’arcivescovo Giuseppe Ignazio Checa (dal 1868), avvenuto nel marzo del 1877[vi]. Da allora la massoneria spadroneggiò nell’Equatore, ed una gran parte della popolazione cadde vittima dell’immoralità e dell’irreligione. Tuttavia si appiccarono poi relazioni con Roma[vii].

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[vi] Kathol. Missionen 1874, p. 213 ss.; 1875, p. 71 ss.; 1876, p. 175, 1877, p. 23 s. Concordato del 1862 nel Nussi, Conv. p. 349 s. 356 s. Schneemann in Stimmen aus Maria- Laach 1871, p. 94, 121 ss. 207 ss. Kathol. Missionen 1875, p. 195 s. 217 ss. Civiltà Cattolica 1875, ser. 9, vol. VIII, 257 s.

[vii] Delegato apostolico in Acta Leonis XIII, III, 41, 65.

Immagine di Pub. Dom. modificata da qui: https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Gabriel_García_Moreno?uselang=it#/media/File:Eloy_Alfaro_Estampilla_08.jpg