Dal XIII (e ultimo) volume della Storia universale della Chiesa a cura del Card. Hergenröther – Il Kulturkampf, il Concilio Vaticano I, i pontificati fino a Benedetto XV – presentiamo questo interessante estratto su un tema purtroppo poco conosciuto.


[…] Il patriarcato di Costantinopoli conservava la sua ampia giurisdizione temporale e secolare, in specie il suo illimitato diritto di riscossione, che conduceva a estorsioni e a simonia. Di più, esso restava strettamente legato al governo della Porta, cui nel 1848 riconobbe persino come giudice delle controversie religiose, e giaceva in tutto sottoposto al dispotismo di quello. Di fronte al patriarca ecumenico di Istanbul, gli altri patriarcati per lungo tempo non furono che semplici ombre; gli investiti delle sedi di Antiochia (con 50.000 anime) e di Alessandria (con 5.000 anime) risedevano nella città capitale, e quello di Gerusalemme, almeno durante l’estate, in quelle vicinanze, all’isola dei principi. Soltanto gli otto membri del sinodo permanente potevano, quando erano concordi, esercitare un’azione sul patriarca; e questi era spesso anche deposto arbitrariamente dalla Porta. L’alto clero greco si trovava a suo agio sotto il giogo laico, il quale gli rendeva possibile il dissanguamento della popolazione e la dominazione tirannica. Né esso favoriva punto le aspirazioni dei cristiani alla libertà, né i propositi di riforma della stessa Porta, parte preparati da essa medesima, parte impostile dalle potenze europee.

Già il sultano Selim III aveva vagheggiato disegni di riforma; ma era stato destituito nel 1807 da una congiura di ulani e di giannizzeri. Mahmud II, nel 1826, soppresse questi ultimi, la cui istituzione era tanto perniciosa, benché non mai combattuta dal clero greco, e introdusse molte migliorie nell’impero. Abdul-Megid (1839-1861) con l’Hatt-i-Scerif di Gulhana, il 3 novembre 1839, dette promesse di alleviare la sorte dei suoi sudditi cristiani; ma l’editto non fu osservato per il fanatismo turco e per l’astuzia e l’ipocrisia delle autorità. Anche l’Hatt-i-Humayun, promulgato il 18 febbraio 1856, dopo la guerra con la Russia e per impulso delle potenze occidentali, non fu attuato. Nel luglio 1860 si ebbero spaventose carneficine dei cristiani in Siria, le quali provocarono un intervento europeo; ma neppure il viaggio intrapreso dal sultano Abd-ul Aziz nel 1867 a Parigi, a Londra ed a Vienna, portò un miglioramento nella condizione dei suoi sudditi cristiani. Tumulti scoppiarono nell’isola di Creta, in Bosnia e nell’Erzegovina e la questione orientale assunse un aspetto sempre più minaccioso. Come l’impero turco, così anche il patriarcato di Costantinopoli si veniva continuamente smembrando, sia per l’urto delle nazionalità, sia per il progressivo scadimento delle signorie musulmane. Così seguirono le dichiarazioni d’indipendenza per parte delle chiese serba, greca e bulgara, del metropolita greco (non unito) di Carlowitz in Austria, dell’arcivescovo del Monte Sinai, dei Ciprioti e dei Montenegrini. […]

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