Nel quadro del dibattito in corso volentieri pubblichiamo questo settimo contributo inviatoci dall’Avv. Guido Ferro Canale.
Lo status quaestionis nel diritto canonico del tempo
Rispetto al saeculum obscurum, le novità essenziali sono due: la nascita della scienza giuridica canonica e l’istituzione del procedimento inquisitorio. La seconda viene dopo in ordine cronologico, ma possiamo trattarla per prima perché richiede decisamente meno spazio.
Inquisitio ha un significato tecnico-giuridico ben preciso: è il processo penale avviato d’ufficio, ossia senza che qualcuno si assuma la veste e l’onere dell’accusatore. Questa notevole innovazione nell’ambito della procedura, portata a compimento sotto Innocenzo III nel pieno della lotta all’eresia catara, si è resa necessaria per far fronte a tutte quelle situazioni in cui, per il forte radicamento del fenomeno ereticale nella società o perché i sospetti sono persone di notevole prestigio o potere, gliaccusatori latitano, ma anche, in misura minore, per i casi di eresia occulta; inoltre, a partire almeno dal IV Concilio Lateranense, è stata estesa a reati diversi dall’eresia, in particolare quelli commessi dai superiori ecclesiastici, così difficili ad accusarsi secondo le Decret ali pseudoisidoriane, che perdi più arrivavano a pretendere ben settantadue testimoni.
Nella nuova procedura, il ruolo dell’accusatore cioè portare a conoscenza dell’autorità ecclesiastica la possibile esistenza del delitto e far sì che la macchina giudiziaria si avvii è svolto dalla pubblica fama, in altre parole dalle voci che corrono corrono (64) quasi denunciante fama vel deferente clamore , dice il testo legale in X.5.1.24, Qualiter et quando ), nonché dalle denunce in senso tecnico, (65) ossia dall’iniziativa di singoli che, senza assumersi la responsabilità di accusare qualcuno, mettono a parte i superiori ecclesiastici dei loro sospetti nei suoi riguardi e, punto quasi più importante, della sua fama (66)
Ci sono alcuni limiti, ad es. non possono essere ammessi a denunciare come non lo sono ad accusare i nemici del denunciato. Sul lato passivo, normalmente non si possono aprire processi a carico dei morti, ma vi sono alcune eccezioni e la più importante ai nostri fini riguarda proprio il delitto di eresia: (67) del resto, all’epoca e ancora per lungo tempo gli effetti della scomunica non cessavano con la morte, ma ad es. precludevano i suffragi.
Il processo inquisitorio è rigorosamente scritto, dove la segretezza che contraddistingue la fase di raccolta delle prove è controbilanciata, in qualche modo, dal fatto che tutte le deposizioni debbono essere raccolte a verbale, tutti i documenti inseriti negli atti, (68) e Quod non est in actis non est in hoc mundo , perché il giudice non può decidere sulla scorta di quel che sia venuto a sapere per altre vie, neppure per una sua conoscenza diretta dei fatti. Durante la fase istruttoria, non è ritenuta necessaria la partecipazione del sospettato e meno ancora della sua difesa, poiché è innanzitutto l’autorità che deve convincersi che ci siano elementi a carico bastanti per dare il via ad un processo; nel momento in cui raggiunge una condizione almeno di prova c.d. semipiena, in cui cioè rimangono dubbi ma sembra probabile che l’inquisito abbia effettivamente commesso il delitto, può disporne l’interrogatorio, eventualmente sotto tortura (e l’esistenza della cattiva fama ha un peso notevole nella scelta di torturare o meno). La condanna presuppone infatti una confessione e ci sono limiti volte ad assicurare che quelle conseguenti alla tortura siano comunque genuine oppure le deposizioni concordi di almeno due testimoni diretti e al di sopra di ogni sospetto (Testis unus, testis nullus) (69).
Possiamo ora passare alla nascita della scienza giuridica canonica e ai suoi effetti sul nostro tema.
Rispetto a prima, senz’altro il panorama giuridico si è notevolmente chiarito. Adesso, tutti cioè tutti quelli che contavano qualcosa hanno ricevuto un’istruzione universitaria e il testo da cui sono partiti è sempre il Decretum di Graziano o Concordia discordantium canonum , una serie di lezioni di diritto in ciascuna delle quali sono incorporati i testi rilevanti, discussi po i dal Maestro nell’intento, in massima parte riuscito, di conciliare le apparenti antinomie tra le varie auctoritates . Sulla sua base, quantunque a volte in dissenso con Graziano stesso, si è sviluppata tutta una letteratura, prima in forma di glosse e poi di commenti, e la stessa attività legislativa dei Pontefici ha tenuto in debita considerazione l’autorevolezza del Decretum (70)
Sul nostro argomento, Graziano raccoglie, come sempre, testi autentici e testi spuri, in particolare il c.d. Fragmentum A del Card. Umberto da Silva Candida, (71) cioè quello che per primo a quanto ne sappiamo “salda” esplicitamente le due tradizioni fin lì attestate, applicando apertis verbis anche al Papa l’eccezione prevista per i vescovi in genere, nisi forte deprehendatur a fid e devius . Accolto in precedenza già dal Decretum di S. Ivo di Chartres, la collezione più diffusa prima di Graziano, a quest’ultimo perviene, però, tramite la storia ecclesiastica del Card. Deusdedit, che lo attribuisce a S. Bonifacio martire, l’apostolo della Germania. Vale la pena di riportarlo per esteso
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Se il Papa, non curandosi della salvezza propria e dei fratelli, è biasimato come inutile e fiacco nelle proprie azioni, e inoltre muto quando dovrebbe richiamare al bene (a bono taciturnus) (72) il che nuoce maggiormente a lui e a tutti nondimeno trascina con sé, a frotte, innumerevoli popoli, [è] destinato ad essere flagellato per l’eternità, con molti colpi, insieme con il primo schiavo della Geenna in persona. (73)
Nessuno dei mortali nell’aldiquà ha l’ardire di accusare le colpe di lui, perché chi è chiamato a giudicare tutti non deve, egli stesso, essere giudicato da nessuno, a meno che per caso non sia scoperto fuori della fede. Per la sua ininterrotta prosperità, la totalità dei fedeli prega con insistenza tanto maggiore quanto più comprendono che, dopo Dio, la loro salvezza dipende più da vicino dalla sua incolumità. Salvo infatti, com’è giusto, il mistero dell’onnipotenza divina, al secondo posto rispetto ad essa si può applicare alla santa Chiesa di Roma il noto passo del beato Giobbe: ‘Qualora essa distrugga, non c’è nessuno che costruisca; e qualora rinchiuda un uomo, non c’è nessuno che gli apra; qualora argini le acque con una diga tutte le cose seccheranno e, se le rilascerà, sconvolgeranno la terra’; e non a torto, poiché essa, in S. Pietro, detiene in modo molto speciale le redini del cielo e della terra. Costei essendo madre spirituale in Cristo di tutti i fedeli, nessuno deve rifiutare di essere ferito dalla sua disciplina, o corretto dal suo giudizio, secondo quei Proverbi di Salomone: ‘Non abbandonare la legge di tua madre, tienila sempre legata nel tuo cuore: chi disprezza la disciplina, infatti, è uno sciagurato e lo stolto disprezza la propria madre’; e di nuovo: ‘è maledetto da Dio chi esaspera la madre, e la maledizione della madre sradica le fondamenta’, senz’altro quelle .che si dimostrano separate con arroganza dalla Sede di colui al quale è stato detto: ‘Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa’, e poste sulla sabbia della concupiscenza carnale o della presunzione umana: non si fa andar bene il corso di un fiume, qualora lo si separi dalla sua sorgente. (74)
Non si può certo dire che il testo faccia sconti al Papa peccatore, quand’anche fosse tale “solo” per negligenza . Tuttavia è chiaro che il rapporto gerarchico insito nel compito di giudice, che al Papa spetta su tutti gli altri anche quando è peccatore, impedisce di giudicarlo; l’unica eccezione viene ipotizzata e ammessa se lo si scopra a fide devius , dunque eretic o o apostata, ma non viene giustificata né si dice cosa dovrebbe avvenire in tal caso. Domande tanto più legittime in quanto Graziano accoglie, soprattutto alle distt. 19, 21 e 96, una moltitudine di testi che insistono sull’immunità come corollario del pr imato del Papa. Certo, il canone stesso suggerisce, nella parte finale, che il peccato in qualche modo separi dalla Sede di Pietro; ma ciò, più che risolvere il problema, lo complica, dovendosi poi spiegare perché si traduca in giudicabilità del delitto soltanto per l’eresia, (75) tanto più che il Decretum accoglie anche Ennodio, per cui ogni Papa è sanctus per i meriti dell’Apostolo. (76)
Il Maestro, al riguardo, dice ben poco: l’introduzione alla dist. 40 si limita a menzionare il dovere del vescovo di essere adorno di tutte le virtù e di non credere che l’ufficio comporti una licenza di peccare. Però, egli da un lato insiste sull’immunità del Pontefice, dall’altro ammette la possibilità che nelle decretali si trovi qualcosa di contrario al Vangelo, come ritiene s ia accaduto per le ordinazioni conferite da Acacio nella pronuncia di Anastasio II, che egli considera “ripudiato” dalla Chiesa Romana per questo; (77) inoltre, afferma in generale, e si direbbe anche per il Papa, che i prelati non sono tenuti a permettere un giudizio sulle accuse portate dagli inferiori, ma possono farlo per umiltà, seguendo l’esempio di Cristo (il che spiegherebbe benissimo il caso di Simmaco), mentre per l’incidente di Antiochia vale il principio della salvaguardia della fede, che si applica tanto al pastore che cade in eresia quanto se allontana dalla retta via altri exemplo vel verbo. (78) Quindi, è probabile che davvero egli non spieghi nulla perché reputa tutto già perfettamente chiaro. (79)
La riflessione posteriore, tuttavia, si è avveduta delle lacune che restavano e non ha mancato di lavorare a colmarle. In particolare, se già la Summa Parisiensis aveva aperto ad un ampliamento dell’eccezione a fide devius , includendovi la simonia, da tempo equiparata all’eresia, e se l’inclusione dello scisma a non ha mai creato particolari problemi, nella Glossa ordinaria questo punto
fondamentale del c. Si Papa è chiosato in maniera ben altrimenti estensiva. (80)
A fide devius : Uguccione intende, quando il Papa non vuol essere corretto. Se infatti fosse pronto a d esser corretto, non potrebbe essere accusato, come in C.24 q.1 c. 36 Aperte e c 35 Ait e c. 14 Haec est fides , nonché C.24 q.3 c. 29 Dixit Apostolus .
Ma perché non può essere accusato di un altro delitto? Poniamo che il suo delitto sia notorio o per conf essione o perché il fatto è sotto gli occhi di tutti, perché non viene accusato? Oppure riguardo al delitto di simonia o di adulterio: anche quando viene ammonito è incorreggibile e la Chiesa si scandalizza per la sua condotta? Certamente credo che, se il suo delitto è notorio, ogniqualvolta e per ciò si scandalizzi la Chiesa, e egli sia incorreggibile, perciò possa essere accusato. Infatti la contumacia è detta eresia, come in dist. 81 c. 15 Si qui sunt presbyteri , e il contumace è detto privo di fede, com e in dist. 38 c. 16 Nullus (81).
Qui tuttavia si fa in special modo menzione dell’eresia per questo, che perfino se fosse occulta l’eresia, di quella potrebbe essere accusato. Ma di un altro delitto occulto non potrebbe.
Parimenti, si può forse denunziare il delitto del Papa secondo la regola ‘Se il tuo fratello avrà peccato contro di te , posto che con il nome di ‘fratello’ si intende ogni cristiano, come in C.11 q.3 c. 24 Ad mensam ? Ma dico che riguardo a lui il delitto non si può denunciare, a meno che non p otesse perciò essere accusato, infatti [altrimenti] la denuncia sarebbe inutile. Parimenti, il Papa
può forse stabilire per legge che non può essere accusato di eresia? Rispondo di no, perché in ragione di ciò sarebbe messa a repentaglio la Chiesa intera, il che non è lecito (v. infra, C.25 q.1 c. 6 Sunt quidam ), poiché ciò accade in quel caso in cui cessa di essere capo della Chiesa e così la [sua]costituzione non regge”. (82)
Mi sembra il caso di precisare subito che, nella riflessione posteriore, la porta qui spalancata alla giudicabilità del Papa per qualunque delitto notorio che dia scandalo e da cui non si ravveda è stata richiusa: commentatori e teologi dei secoli posteriori non l’ammettono che per eresia, apostasia e scisma. Resta salva, però, la possibilità di considerar siffatti delitti come indizi di mancanza di fede, come abbiamo visto che è accaduto (a torto o a ragione).
Inoltre, pur richiamandosi ad Uguccione, qui Giovanni Teutonico fa saltare alcuni limiti da lui posti nelle sue glosse, che ammet tono tranquillamente l’accusa nel caso di un’eresia già condannata, “ Ma ecco, il Papa inventa una nuova eresia, qualcuno vuol provare che quella è un’eresia, il Papa dice che non è un’eresia ma la fede cattolica, dev’essere assunta la prova di costui? Credo di no. Parimenti: segue di nascosto un’eresia già condannata. Alcuni tuttavia lo sanno e vogliono provareche il Papa segue tale eresia. Egli tuttavia nega. Debbono essere ascoltati? Credo di no. (83) Per Uguccione, nel caso dell’eresia, non occorre che il delitto sia notorio, ma basta la pubblicità del fatto (84) dunque egli non concorda sulla possibilità di un giudizio per eresia occulta, come non
concorderà buona parte della dottrina successiva successiva (85) purché però sia certa la sua qualificazione ereticale: dina nzi ad una dottrina effettivamente eretica, ma nuova e non ancora condannata dalla Chiesa, che il Papa insista a difendere come espressione della fede cattolica, il processo contro di lui non gli sembra possibile. Il caso, peraltro, lungi dal restare accad emico, si verificherà di lì ad un paio di secoli, con la nota vicenda di Giovanni XXII e della visione beatifica. (86)
La distinzione di Uguccione tra eresia “vecchia” già condannata e “nuova”, quantunque non menzionata qui nella Glossa, è tuttavia rimasta centrale nella riflessione: a molti, infatti, sembra l’unico modo per ammettere che il Papa possa essere giudicato, poiché in tal caso egli sarebbe, a ben vedere, condannato in anticipo da quel suo predecessore che ha definito il dogma che costui nega. (87) Se invece si parla di denuntiatio evangelica , di rivelare il suo peccato occulto “alla Chiesa”, Uguccione (e non egli soltanto) reagisce in maniera netta: “ come si può denunciarlo alla Chiesa, quando egli stesso è la Chiesa?! (88)
Il problema dell’eresia “nuova” porta naturalmente ad interrogarsi su chi sia il giudice del Papa eretico, perché la questione si intreccia su quale sia l’ultima istanza in materia di fede. Qui incontriamo, in altre parole, lo spettro del conciliarismo, perché nella Glossa non mancan o lo vedremo tra un momento affermazioni che paiono individuarla nel Concilio Ecumenico.
A rigore, potrei forse ritenermi dispensato dall’affrontare il tema, dal momento che qui sto semplicemente ricostruendo l’evoluzione storica che ha portato al ius quo utebamur ai tempi di Bonifacio VIII e di Clemente V: ogni lettore appena avveduto, dopotutto, capirà da sé che lo status quaestionis, chiarissimo per noi che abbiamo la grazia di vivere dopo e definizioni del Vaticano I, diversi secoli prima poteva esserlo assai meno. Proprio sul piano storico, però, si incontra l’interrogativo se, o fino a che punto, decretisti e glossatori possano considerarsi conciliaristi; e a questo proposito vale la pena di osservare che la tesi corrente fino a metà del Novecento, secondo cui il conciliarismo risalirebbe a Marsilio da Padova e Guglielmo di Occam, è stata ormai completamente abbandonata. In realtà non è nata come tesi propriamente storica, bensì come (legittima) arma polemica di Papa Eugenio IV contro il conciliabolo di Basilea; (89) ma è evidente che, se già nella Glossa troviamo le menzionate tracce di pensiero conciliarista e se già nel 1297 i cardinali Colonna, nel celebre manifesto di Lunghezza, hanno denunciato l’illegittimità dell’elezione di Bonifacio VIII facendo appello al Concilio generale, Marsilio e Occam hanno lavorato su un quid che preesisteva e, semmai, si tratta di stabilire fino a che punto abbiano innovato. (90)
Diciamo che attualmente il consenso degli storici depone nel senso che la riflessione giuridica precedente contiene tutti i mattoni, per così dire, dell’edificio conciliarista, però è molto più discusso fino a che punto contenga l’edificio come tale. (91) E per dar conto dell’affermazione, non trovo mezzo migliore che cedere la parola alla stessa Glossa ordinaria e alle sue affermazioni almeno in apparenza antitetiche.
– Glo. Praesumitur a dist. 21 c. 2 Sicut , la celebre lettera dove S. Gregorio Magno dichiara di venerare i quattro Concili ecumenici (cui aggiunge il quinto) come i quattro Vangeli: Sembra dunque che il Papa non possa abrogare quel che il Concilio ha stabilito, perché l’orbe è più grande dell’Urbe, dist. 93 c. 24 Legimus , verso la (92) perciò il Papa richiede il consenso del Concilio, dist. 19 c. Anastasius . Si argomenta in contrario sulla scorta di dist. 17 § Hinc etiam e di X.1.6.8, Significasti , dove si dice che un Concilio non
può imporre una legge al Papa, e di C.35 q.9 Veniam . Ma intendi che qui lo si afferma riguardo agli articoli di fede: C.25, q.1, c. Sunt quidam (93)
– Glossa Concilio a dist. 19 c. 9 Anastasius : Sembra dunque che il Papa sia tenuto a richiedere un Concilio di vescovi, il che è vero quando si tratta della fede, e allora il sinodo è superiore al Papa, dist. 15 c. 2 Sicut , verso la fine. Si argomenta in tal senso da dist . 93 c.24, Legimus.”. (94)
– Glossa Reconciliata C.24 q.1 c.6 Quodcumque : Si sostiene che l’opinione di tutta la Chiesa deve essere preferita a quella di Roma se in qualcosa si contraddica, sulla scorta di dist. 93 c. 24 Legimus . Ma credo il contrario, sulla scorta del c. 14 Haec est fides , più
avanti in questa stessa questione, a meno che non sbagliasse la Chiesa di Roma, il che non credo che possa succedere, perché Dio non lo permetterebbe, cfr. più avanti in questa stessa questione c. 9 A recta e c. 33 Pudenda (95)
– Glossa Novitatibus a C. 24, q. 1, c. 9 A recta : Chiedo di quale Chiesa tu intenda che non possa errare. Se del Papa stesso, che è la Chiesa, sopra nella stessa questione [vi è] il c. 6 Quodcumque , e in C.7 q.1 il c. 7 Scire debes . Ma è certo che i l Papa può errare, dist. 19 c. 9 Anastasius , dist. 40 c. 6 Si Papa . Rispondo: qui si dice Chiesa la stessa comunità dei fedeli, come in de consecratione dist. 1 c. 8 Ecclesia , e tale Chiesa non può non esistere, come [è detto] più avanti in questa stessa q uestione, c. 33 Pudenda . Infatti il Signore in persona ha pregato per la sua Chiesa, dictum ante dist. 21 c. 1, e non sarà defraudato di ciò che ha voluto ottenere con le proprie fatiche.”. (96)
Per noi, non è difficile ricomporre i frammenti di verità sparsi in queste riflessioni in un quadro compiutamente cattolico: certo, nessun Papa può cambiare un articolo di fede (se potesse, gli sarebbe impossibile cadere in eresia, nel senso che la sua opinione del momento diverrebbe il nuovo articolo di fede) (97) e, una volta approvato, ogni Concilio definitorio è superiore sia al Papa che
lo ha approvato sia a tutti i suoi successori, nel senso che diviene intangibile anche per loro, o piuttosto è intangibile ciò che in esso si manifesta, una verità divinamente rivelata e infallibilmente proclamata. Ma da ciò non segue che solo il Concilio sia infallibile e molto meno – per quanto riguarda il nostro tema di indagine – che un Concilio imperfetto possa definire nuovi dogmi per poi condannare il Papa che li contesti (qui torna a proposito la riflessione uguccioniana sull’eresia “nuova”, con il rilievo aggiuntivo che all’epoca esisteva la realtà, ma non ancora il concetto del Magistero ordinario e universale). L’inerranza della Chiesa di Roma, poi, è un concetto più ampio dell’infallibilità papale, ma la include a tutti gli effetti, sicché in caso di definizione dogmatica da parte del Papa si sa subito da che parte stare. E se è verissimo che la Chiesa è indefettibile, quindi l’universalità dei fedeli non può sbagliarsi nel credere, questo criterio di verità non fonda, però, un potere, una sorta di tribunale popolare della fede, già solo per il fatto che l’universitas fidelium, oltre ad avere una costituzione gerarchica, è veramente concorde solo se i semplici fedeli seguono i pastori.
Nello stesso tempo, però, è altrettanto facile comporre, con le medesime tessere, un mosaico conciliarista: il lettore lo vedrà bene da sé. E dunque, come dobbiamo valutare il pensiero della Glossa e di quanti si sono basati su di essa?
A non tener distinto l’aspetto teologico da quello storico, si rischia di fare cattiva teologia e pessima storia. Il mondo dei secc. XI-XIII sperimentava l’esercizio costante del primato romano, il cui oppositore principale era semmai l’imperatore, che non di rado provocava scismi di Papi; porre il Concilio generale come sede di soluzione di simili conflitti equivaleva a negar legittimità ai Sinodi imperiali più o meno addomesticati, se non avessero almeno provato a far partecipare i vescovi di tutto il mondo, ed è comunque ben altra cosa rispetto a Costanza, quando l’esperienza comune a tutti erano quattro decenni di Grande Scisma e c’era davvero chi pensava che il Concilio potesse essere trasformato in un organo effettivo di governo quasi quotidiano della Chiesa: delle idee conciliariste, questa almeno è del tutto estranea ai secoli precedenti (e, sia detto en passant, si è dimostrata del tutto impraticabile a Basilea, assise che si è trovata sommersa da diecimila piccole questioni amministrative e contenziose). In altre parole, qui non troviamo i prodromi del decreto Frequens, però forse dell’Haec sancta, se inteso come riferito al caso di scisma, e senz’altro del consenso successivo degli autori circa la competenza del Concilio imperfetto.(98)
Invero, proprio dall’esame della letteratura canonica si scopre che l’affermazione della competenza del Concilio (non ancora definito “imperfetto”) a giudicare il Papa eretico non è dipesa tanto dalla questione dell’istanza suprema in materia di fede, quanto dall’accostamento, proprio della mentalità giuridica, con altre ipotesi in cui è necessario dichiarare la Sede vacante senza che il
titolare apparente sia morto, vuoi perché questi rinuncia, vuoi perché l’elezione è nulla. Per il principio dell’actus contrarius, chi ha il potere di eleggere ha anche quello di dichiarare la nullità dell’elezione, oltre a dover accertare la vacanza della Sede; e infatti, più di un decretista (Sicardo da Cremona, Uguccione, Lorenzo Ispano) e di un teologo ha concluso per la competenza dei Cardinali anche quando si tratti del Papa eretico. (99) La Glossa ordinaria, poi, nel contesto dei poteri imperiali di intervento nell’elezione papale, contempla l’eventualità che il Pontefice si sottometta, per il caso di eresia, al giudizio dell’imperatore.(100)
Ma già la Summa parisiensis prevedeva che questi fosse giudicato a tota Ecclesia, (101) espressione che si addice solo ad un Concilio, e il massimo canonista del sec. XIII, il Card. Enrico da Susa Hostiensis, si è espresso per la competenza del Concilio, sia pure con qualche incertezza (forsan). (102)
Quest’evoluzione delle tesi degli autori si deve all’influsso di un canone che in apparenza non c’entra proprio nulla, dist. 79 c. 8 Si duo forte contra fas: si tratta di un rescritto dell’imperatore Onorio a Papa Bonifacio I, che, vecchio e malato, temeva che alla propria morte si ripetessero i disordini che avevano segnato la sua elezione, quando gli era stato contrapposto un rivale, Eulalio. L’imperatore ebbe dunque a disporre che, se contro il diritto divino (contra fas), per la temerarietà dei contendenti, fossero stati eletti due soggetti contrapposti, nessuno di loro sarebbe diventato Papa, ma si sarebbe dovuto procedere ad una nuova elezione, stavolta unanime. (103)
Graziano, nel suo dictum post, nota che questo canone non si applica quando la prima elezione è nulla, ma l’usurpatore tiene l’Urbe in suo potere e impedisce di ripetere lì la procedura: in questo caso, infatti, prevalgono le disposizioni pontificie posteriori, che danno al Collegio cardinalizio il potere di scomunicare l’intruso e contrapporgli un secondo eletto che sarà, però, il Papa legittimo. Ai nostri fini, però, è più importante quel che scrive la Glossa: “E perciò non prevale nessuno dei due, come in X.1.6.10 Consideravimus, né i Cardinali sono privati, in questo caso, del potere di eleggere, contrariamente a X.1.6.7 Cum in cunctis [§3]. Ma chi sarà il giudice di questo, se l’elezione sia contraria al diritto divino? Non i Cardinali stessi: perché, se sì, sarebbero giudici in fatto proprio. Infatti non si può trovare alcun superiore [al cui giudizio ricorrere], come [si legge] in X.1.6.6 Licet, verso la fine. Di’ che questo canone si applica quando nessuno dei due è stato eletto dai due terzi dei votanti. Oppure di’ che sarà convocato un Concilio generale.”. (104) Il senso è chiaro: i Cardinali non possono essere giudici e valutare se questo canone debba applicarsi, dal momento che sono anche parti in causa, poiché si tratta delle loro azioni, anche se non rischiano di perdere il diritto di eleggere. Quindi, o si circoscrive l’ambito di applicazione a casi di assoluta evidenza come il mancato raggiungimento del quorum, che a rigore implica che un’elezione non sia neppure avvenuta, oppure si trova un giudice diverso, che, senza per questo essere superiore alla Chiesa di Roma, sia immune da questi conflitti di interesse. Tanto più che i Cardinali, in genere, sono anche i più importanti testimoni, se non gli unici, su quel che è avvenuto durante l’elezione di un Papa, cosicché si rischierebbe di far loro ricoprire addirittura tre ruoli incompatibili. (105)
Ma queste considerazioni, una volta ammesse, evidentemente acquistano una portata ben più ampia del casus legis: tutte le volte in cui i Cardinali siano parti in causa e/o testi, non possono essere giudici. Ad es., nel caso del Papa eretico, ciascuno di loro è in una certa misura sospetto, già solo per il fatto di aver collaborato con lui, vivendo oltretutto a stretto contatto con un soggetto che, se colpevole, per il diritto dell’epoca doveva esser rifuggito come un appestato. Oppure – ed è il caso del manifesto di Lunghezza – se si ipotizza che la rinuncia del Papa precedente sia nulla, ipso facto tutti i Cardinali sarebbero almeno materialmente rei di un delitto gravissimo, avergli eletto un successore a Sede non vacante. Tali situazioni, dunque, non possono che venir attratte nella sfera di competenza del Concilio generale; i cardinali Colonna, nel 1297, non hanno inventato nulla – sarebbe stato, del resto, un momento pessimo per le nuove trovate – e forse l’unico aspetto dell’iniziativa di Filippo il Bello che allora non gli sia stato contestato da nessuno, neppure dallo stesso Bonifacio VIII, è proprio l’astratta competenza del Concilio.
Note
64 Su quest’aspetto fondamentale, cfr. da ultimo J. THÉRY-ASTRUC , ‘Fama’ : Public Opinion as a Legal Category. Inquisitorial Procedure and the Medieval Revolution in Government (12th 14th centuries) centuries), in Micrologus 32 (2024), pagg. 153-93 (particolarmente interessante, e quasi coevo al nostro caso, il processo addotto come esempio, quello contro il vescovo Bernard de Castanet, ivi, pagg. 157-63: il primo pass o dell’inchiesta consiste nell’appurare non se siano veri i fatti, ma la fama negativa dei confronti del vescovo, riferita dai due denuncianti, che una volta confermata basta da sola a giustificare la sua sospensione dall’ufficio; che poi sussistesse davve ro è confermato dal fatto che quasi tutti i centoquattordici testi della successiva inquisitio veritatis fossero a carico dell’imputato; ma l’esito finale è stato una bolla papale di assoluzione, che dichiarava perentoriamente che egli “d’ora in avanti sar ebbe stato di buona fama”, seguita dal trasferimento ad una sede assai meno importante). In precedenza esisteva il concetto giuridico di infamia , mutuato dal diritto romano, ma si trattava di uno status , o di una serie di conseguenze
giuridiche negative, c he conseguiva ad una condanna; ora questa infamia iuris si vedeva affiancata dall’ infamia facti , ossia la semplice cattiva reputazione, a segnalar la quale si ammettevano denuntiantes e informatores . I risultari furono davvero notevoli: “ Canons and monks now regularly came apud Sedem apostolicam , more often than not in pairs, from all parts of Christendom, to reveal to the papal audience the fama con cerning bad deeds committed by their bishops or abbots. Indeed, the inquisitorial ordo, at least regarding c rimes of the ecclesiastic hierarchy, absorbed the old procedure of charitable denunciation (which had never benefited from the legal modalities that would make it a true alternative to denunciation). The inquisitorial court cases against the prelates often had their origins in an action taken by their subordinate clerics to make sure that the infamia of their superior would be brought to the attention of the competent judge. The best qualified for this task were the members of the cathedral chapter or of t he monastic community under the authority of the accused prelate. These informers actually composed only a small part of the stream that now flowed towards the central bodies of the Church which developed significantly as from the first half of the 13th century and were soon to blossom into a vast administrative apparatus.” (pag. 168)
65 Il termine denuntiatio, d’altronde, era già in uso in precedenza per indicare l’iniziativa di chi, senza intentare un processo, mette l’autorità ecclesiastica al corrent e di un atto di ingiustizia commesso da altri nei propri riguardi, in modo che essa provveda prima alla correzione fraterna, poi se del caso alle sanzioni canoniche. Anche se le differenze non sono trascurabili, si tratta senz’altro di un antecedente del p rocesso inquisitorio. Cfr. P. BELLINI , ‘Denunciato evangelica’ e ‘denunciatio iudicialis privata’: un capitolo di storia disciplinare della Chiesa , Milano, 1986.
66 Risale in ultima analisi alla dicotomia tra processo inquisitorio e accusatorio a distinzione, tuttora presente in diritto penale italiano, tra “denuncia” e “querela”: semplice esposizione di fatti che si assume costituiscano reato la prima, mentre la seconda deve contenere in più una dichiarazione di volontà che i colpevoli siano puniti, e questo perché è la lontana erede dell’accusa di un tempo.
67 Cfr. glossa Quod autem a d. p. C.24 q.1 c. 42 Coepit Ermenegildus (ma in realtà un’introduzione alla quaestio II).
68 È in origine il c. 38 del Lateranense IV, Quoniam contra falsam.
69 Non mi addentro qui ulteriormente nei dettagli della procedura, perché ai nostri fini non è necessario; mi limito a dire che, se inizialmente l’inquisitore era insieme accusatore e giudice (ma pure difensore, almeno nel senso che era obbligato a ricercare anche gli elementi pro reo), in seguito è nata la figura del c,d. avvocato fiscale, antenato del Pubblico Ministero nell’ambito statale e oggi chiamato Promotore di Giustizia nel foro canonico: in pratica, un accusatore pubblico, il cui compito istituzionale è sottoporre ad altro organo pubblico, il giudice, tutte le accuse che non appaiano manifestamente infondate. Quanto alla difesa, nel processo inquisitorio essa generalmente entra in gioco dopo che l’autorità ritiene di aver completato la raccolta delle prove; può ovvi amente segnalare ulteriori elementi a discarico, ma deve fare i conti con il problema che, spesso, l’inquisito è già stato sottoposto a tortura e ha rilasciato una confessione, che per prima cosa l’avvocato cercherà di far annullare. In pratica, il ruolo d el difensore è soprattutto quello di mettere in moto, mediante l’appello o altri rimedi, i procedimenti di controllo sulla correttezza di quanto è già stato fatto, nonché di presentare il materiale raccolto nella luce più favorevole possibile.
70 Basti dire che la collezione di decretali di Gregorio IX, il Liber extravagantium , raccoglie appunto quelle che “vagano fuori” del Decretum , perché posteriori e dunque in esso non incluse; di raccogliere le precedenti non c’è bisogno, si sa già dove trovarle. Beninteso, il Liber Extra , come viene comunemente chiamato, è una collezione ufficiale , autentica ed esclusiva : proviene dall’autorità papale, è dotata di forza di legge, perciò innova il testo delle disposizioni che include (e che quasi sempre abbrevia) privando di valore legale la vecchia versione; infine ma non da ultimo, abroga tutte le decretali posteriori al Decretum in essa non incluse. Viceversa, l’opera di Graziano è privata , non autentica e a maggior ragione non esclusiva : soltanto la sua abilità nel raccogliere e armonizzare il materiale fece cadere in disuso le altre collezioni, ma, anche quando il Decretum ebbe un’edizione ufficiale (la c.d. Editio Romana del 1582), non ricevette per forza di legge e i testi in esso non accolti continuarono ad aver lo stesso valore di prima.
71 Sul quale cfr., anche per le diverse interpretazioni, S. VACCA , Prima Sedes a nemine iudicatur. Genesi e sviluppo storico dell’assiona fino al Decreto di Graziano , Roma 1993, pagg. 175 80.
72 Commenta la glossa ad voc . : “Tacere quando si dovrebbe parlare è peccato mortale in un prelato”.
73 Ovviamente il diavolo, come spiega la glossa.
74 Si papa suae et fraternae salutis negligens reprehenditur inutilis et remissus in operibus suis, et insuper a bono taciturnus, quod magis officit sibi et omnibus, nichilominus innumerabiles populos catervatim secum ducit, primo mancipio gehennae cum ipso plagis multis in aeternum vapulaturus. Huius culpas istic redarguere presumit mortalium nullus, quia cunctos ipse iudicaturus a nemine est iudican dus, nisi deprehendatur a fide devius; pro cuius perpetuo statu universitas fidelium tanto instantius orat, quanto suam salutem post Deum ex illius incolumitate animadvertunt propensius pendere . Salvo enim divinae omnipotentiae mysterio, ut dignum est, loc o ab ipsa secundo illud B. Iob non incongrue aptari Sanctae Romanae Ecclesiae potest: ‘Si destruxerit, nemo est qui aedificet; et si incluserit hominem, nullus est qui aperiat ei; si continuerit aquas omnia siccabuntur, et si emiserit eas subvertent terram ‘, nec immerito: cum ipsa specialius in Petro coeli terraeque retentet habenas. Haec cu omnium fidelium in
Christo spiritalis sit mater, nemo debet renuere illius feriri disciplina, vel emendari censura, iuxta illa Proverbia Salomonis: ‘Ne dimittas legem m atris tuae, liga eam in corde tuo iugiter: qui enim abiicit disciplinam, infelix est, et stultus homo despicit matrem suam’, et rursus ‘Est maledictus a Deo, qui exasperat matrem; et maledictio matris eradicat fundamenta’, illa utique, quae arrogant[er] di visa a sede illius, cui dictum est: ‘Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam’, et super arenam concupiscentiae carnalis, et praesumptionis humanae probantur posita: cursus rivi minime prosperatur, si a suo fonte dividatur. ”. Dist. 40, c . 6 Si Papa , sotto la rubrica Damnatur Apostolicus, qui suae et fraternae salutis est negligens .
75 Invero, “ L’importance de la restriction apportée (« à moins qu’il ne dévie de la foi ») est mise en relief par la description des dangers extrêmes représent és par un compor tement gravement immoral du pape et l’impossibilité de le condamner pour ce seul motif. La discussion sur la signification, l’extension et les conséquences de la réserve suscitèrent une intense réflexion. ”. T. SOL , Nisi deprehendatur a fide devius: les décrétistes face à l’hypothèse d’un pape hérétique , in C. DOUNOT – N. WAREMBOURG – B. BERNABÉ (curr.), La déposition du pape hérétique. Lieux théologiques, modèles canoniques, enjeux constitutionnels , Parigi 2019, pagg. 29-55 , qui pag. 39
76 Non nos beatum Petrum (sicut dicitis) a Domino cum sedis privilegiis, vel successores eius, peccandi iudicamus licentia m suscepisse. Ille perennem meritorum dotem cum hereditate innocentiae misit ad posteros. Quod illi concessum est pro actuum luce, ad illos pertinet, quos par conversationis splendor illuminat. Quis enim sanctum dubitet esse, quem apex tantae dignitatis at tollit? In quo si desunt bona acquisita per meritum, sufticiunt, quae a loci decessore praestantur. Aut enim claros ad haec fastigia erigit, aut qui eriguntur, illustrat.”. Dist. 40, c. 1, ascritto a Papa Simmaco perché si riteneva che l’ Apologeticus di Ennodio fosse stato da lui approvato.
77 Cfr. rispettivamente, da un lato, dict. ante dist. 21 c. 3, “ In his omnibus, quanto gradus celsior, tanto maior auctoritas invenitur. In maioribus siquidem est regendi et iubendi potestas, in minoribus obsequendi neces sitas ”, dict. ante dist. 22 c. 1, “ Quia ergo maior a minori iudicari non debet, videndum est, quae inter ceteras ecclesias primum locum, quae secundum, vel tertium obtineat.”, e dict. post dist. 17 c. 6, a proposito del caso di Simmaco e dei vescovi che “suggesserunt, ipsum, qui dicebatur impetitus, debere synodum convocare: scientes, quia eius sedi primum Petri apostoli meritum, deinde secuta iussione Domini conciliorum venerandorum auctoritas singularem in ecclesiis tradidit potestatem, пес antedictae sed is antistitem minorum subiacuisse indicio. ” (cfr. anche C.2, qu. 7, d.p.c. 41, §§9 10); dall’altro lato, dict. ante et post dist. 19, c. 8: “ Hoc autem intelligendum est de illis sanctionibus vel decretalius epistolis, in quibus nec raecedentium Patrum decr etis, nec evangelicis praeceptis aliquid contrarium
invenitur. Anastasius enim secundus favore Anastasii imperatoris, quos Acacius post sententiam in se prolatam sacerdotes vel Levitas ordinaverat, rite fungi acceptis officiis debere decrevit […] Quia ergo illicite et non canonice, sed contra decreta praedecessorum et successorum suorum haec rescripta dedit, (ut probat Felix et Gelasius, qni Acacium ante Anastasium excommunicaverunt, et Hormisda, qui ab ipso Anastasio tertins eundem Acacium postea damnavit), ideo ab Ecclesia Romana repudiatur, et a Deo percussus legitur fuisse hoc modo L’uso del presente repudiatur esclude che Graziano si stia riferendo alla separazione di molti chierici da Anastasio II, menzionata subito dopo nel c. 9 che sta introducendo ; è forte la tentazione di pensare ad un “ripudio” in senso tecnico, all’analogia con la Legge mosaica che permetteva il divorzio, quale si trova ad es. in Innocenzo III proprio riguardo all’eventualità che il Papa cada in eresia; ma il semplice fatto che Graziano si accinga a citare dal Liber Pontificalis
rende difficile pensare che, senz’altra elaborazione, egli possa qui implicare che, da un certo momento in avanti, la Chiesa non consideri più Anastasio vero Papa; sembra piuttosto che la sua decretale si a inserita nel Decretum solo per essere respinta.
78 Cfr. C. 2, q. 7, d.p.c. 39 : “ Christus, qui erat pastor pastorum, ovibus suis, […] ait: ‘Si male locutus sum, testimonium perhibe de malo’. Item: ‘Quis ex vobis arguet me de peccato?’ At quicumque ad tes tificandum in aliquem vel ad arguendum admittuntur, ad eundem accusandum admitti possunt. Cum ergo oves, ut adversus pastorem suum testimonium ferant, et ut ipsum (si possunt) reprehendant, admittantur, patet, quod subditi possunt accusare prelatos suos. § 2. His ita respondetur: […]. §3. Respondetur et aliter. Aliud est, quod de rigore cogimus servare disciplinae, aliud, quod admittitur ex perfectionis consideratione. Christus Iudeos ad se arguendum admisit perfectione humilitatis, non severitate iuris. S i enim legis rigore essent admissi, hac auctoritate criminosi et infames in accusatione religiosorum essent recipiendi, cum essent sceleratissimi, qui, de Christi nece tractantes, innocentem
condempnare volebant. Hoc ergo exemplo prelati non coguntur recip ere subditos in accusatione sui, sed permittuntur §4. Item Paulus Petrum reprehendit, qui princeps apostolorum erat. Unde datur intelligi, quod subditi possunt reprehendere prelatos suos, si reprehensibiles fuerint. Sed hoc facile refellitur, si, unde sit reprehensus, advertitur. Petrus cogebat gentes iudaizare et a veritate evangelii recedere, cum Iudeis gregem faciens, et a cibis gentilium latenter se subtrahens. Par autem est in se a fide exorbitare, et alios exemplo vel verbo a fide deicere. Hoc ergo ex emplo non probantur prelati accusandi a subditis, nisi a fide forte exorbitaverint, uel alios exorbitare coegerint.”
79 Varrà probabilmente anche per lui quanto osserva T. SOL , op.cit ., pag. 32, per gli autori delle generazioni immediatamente successive: “ Que le pape puisse se tromper gravement, ne constituait pas pour les décrétistes une hypothèse sans fondement. Leurs réflexions se situaient peu de temps après la «réforme grégorienne» et se nourrissaient de l’expérience récente de dépositions et de renonc iations papales. papales.”. Nondimeno, que le pape soit «faillible» ne veut pas dire qu’il ne bénéficie pas d’une immunité, liée à la supériorité de sa fonction. Le principe de l’immunité papale (ne pouvoir être jugé par l’autorité civile ou par des inférieurs hié rarchiques) s’appuyait sur une longue tradition canonique, élaborée dès la fin du VIe siècle et consolidée durant tout le premier millénaire, certes en grande partie fondée sur des canons apocryphes, repris de façon constante dans les différentes collectio ns du Xe et XIe siècles avant d’être intégrés au Décret, qui affirme categoriquement dans nombre de passages que le pape est au dessus de tout jugement humain. humain.” Ibid ., pag.34)
80 Monumentale apparato di note a margine (glosse, appunto) che riporta e discute le diverse posizioni dei decretisti, curato da Giovanni Teutonico nel caso del Decretum : prende il nome di Glossa ordinaria perché si è preso a copiarlo in tutti i manoscritti ed è poi stato inserito nelle edizioni a stampa. Non di rado, gli autori successivi citano semplicemente un canone sottintendendo il riferimento all’interpretazione datane dalla Glossa, mentre il loro dissenso da quest’ultima è sempre segnalato: questo dice tutto sull’autorità della Glossa, mi pare.
81 “Contumacia”, qui, è l’ostinazione nel delitto. Seguire tutta la trama dei riferimenti della glossa ci porterebbe troppo lontano, ma val la pena di notare che nel c. Si qui sunt presbyter i S. Gregorio VII, dopo aver ordinato di astenersi dal frequentare gli uffici dei chierici concubinari, definisce privi di fede e pagani coloro che non obbediscono agli ordini della Sede Apostolica: il testo di riferimento è spesso trattato da glossatori e commentatori in un modo che, senza essere sbagliato, è certamente piuttosto disinvolto.
82 Glo. A fide devius , dist. 40 c. 6 Si Papa : Quod intelligit Huguccio cum Papa non vult corrigi. Si enim paratus esset corrigi non posset accusari, ut 24 q. 1 aperte (c. 36) et c. ait (c. 35) et hæc est fides (c. 14) et 24 q. 3 dixit Apostolus (c. 29). Sed quar e non potest accusari de alio crimine? Ponamus quod notorium sit crimen eius vel per confessionem, vel per facti evidentiam, quare non accusatur, vel de crimine simoniae, vel adulterii; etiam cum admonetur incorrigibilis est, et scandalizatur ecclesia per factum eius ? Certe credo quod si notorium est crimen eius quandocumque, et inde scandalizatur ecclesia et incorrigibilis sit, quod inde possit accusari. Nam contumacia dicitur haeresis ut 81 dist. si qui presbyteri (c. 15) et contumax dicitur infidelis ut 38 dist. nullus (c. 16). Hic tamen specialiter fit mentio de haeresi ideo quia et si occulta esset haeresis de illa posset accusari. Sed de alio occulto
crimine non posset. Item nunquid potest denuntiari crimen Papae secundum regulam istam Si peccaverit in te frater tuus; cum nomine fratris quilibet christianus dicatur, ut xi q. 3 ad mensam (c. 24)? Sed dico quod non potest denuntiari crimen de ipso, nisi inde posset accusari, nam inutilis esset denuntiatio. Item numquid Papa posset statuere, quod non poss et accusari de haeresi. Respondeo quod non; quia ex hoc periclitaretur tota ecclesia, quod non licet, infra 25 q. 1 sunt quidam (c. 6) quia hoc fit in eo casu quo desinit esse caput ecclesiae et ita non tenet constitutio ”. Può essere il caso di osservare che il c. Sunt quidam (attribuito ad un Papa Urbano non meno specificato, ma assente dagli atti conservati di Urbano I e di Urbano II) nega che il Papa abbia il potere di legiferare là dove si è espresso il diritto divino: “ Si enim quod docuerunt Apostoli e t Prophetae destruere (quod absit) niteretur, non sententiam dare, sed magis errare convinceretur. ” (e la Glossa precisa: haereticus esse convinceretur).
83 Set ecce, papa confingit novam heresim, aliquis vult probare illam esse heresim, papa dicit non esse heresim set fidem catholicam, estne recipienda eius probatio? Credo quod non. Item sequitur heresim dampnatam latenter. Aliqui tamen hoc sciunt et volunt probare papam sequi talem heresim. Ille tamen negat. Debent audiri? Credo quod non.”. Cit. in T. SOL , op.cit. , pag. 49, nt.
84 Cfr. Ibid ., pag. 50, nt. 78: Quare ergo facit Bonifacius potius mentionem de heresi quam de alio crimine notorio ? Dico quod gratia exempli hoc posuit vel forte in eo est differentia inter heresim et alia crimina notoria, scilicet quod de crimine heresis potest papa accusari si heresim publice predicat et non vult desistere quamvis tale crimen non sit notorium. Sed de alio crimine non potest accusari nisi sit notorium. Ergo de alio crimine non potest accusari nisi sit notori um. Ergo de occulto crimine accusari non potest.
85 La questione è complicata dai diversi significati dell’aggettivo, uno dei quali significa che non ci sono abbastanza prove per dimostrare il fatto in un processo: evidentemente, in tal caso, l’accusa sarebbe forse ammissibile in astratto, ma del tutto inutile in concreto, se non addirittura controproducente.
86 La differenza, semmai, sta nel fatto che quella dottrina era stata comune fino ad un secolo prima, era stata insegnata anche da Innocenzo III nel De sacro altaris mysterio e, dunque, poteva dirsi “nuova” soolo nella qualificazione ereticale frattanto assunta nel sentire più diffuso.
87 E in questo senso, sebbene in termini riferiti ad ogni eretico, già si era espresso Graziano: “ Qui vero heresim iam damnatam sequitur eius damnationis se participem facit ”. C. 24, q. 1, d.a.c. 1. 88 Ibid ., pag. 51, nt. 79 (sempre Uguccione): Sed ecce duo uel tres vel quattuor sciunt crimen pape occultum, non possunt eum inde accusare? Possunt post admonitionem denuntiar e illud crimen iuxta regulam ecclesiasticam, si peccaverit, etc.? Numquid illa regula evangelica non habebit locum circa papam? Nonne nomine fratris intelligitur quilibet fidelis et sic papa ut xi. q. iii ad mensam [C. 11, q. 3, c. 24]? Respondeo, videtur quod illa regula non habet locum circa papam propter defectum iudicis coram quo conveniretur, cum ipse sit superior iudex, aut cui ecclesie
fieret denuntiatio cum ipse sit ecclesia?
89 Cfr. EUGENIO IV, bolla Etsi non dubitemus , 20 aprile 1441, in G. HOFFMANN (cur.), Epistolae Pontificiae ad Concilium Florentinum spectantes , Pars III, n. 248.
90 Non va comunque trascurato il fatto che il loro pensiero non si può considerare sovrapponibile. Se Marsilio vuole rivendicare all’imperatore il monopolio della giurisdizione, negando che la Chiesa abbia potestà coercitiva per diritto proprio, per Occam è discutibile la stessa definizione di conciliarista, posto che per lui l’ultima istanza non è neppure il Concilio, ma la universitas fidelium, che potrebbe addirittura accogliere una nuova rivelazione e dimostrarla autentica per il solo fatto di averla accolta.
91 Cfr., su tutta la questione e anche per ulteriori riferimenti, T. SOL , op.cit.
92 Il c. Legimus è un lungo estratto di S. Gerolamo che qui, tuttavia, interessa solo per l’asserto maior est auctoritas orbis quam urbis : riferito, nel contesto di partenza, al caso di discordia dottrinale tra vescovi in genere, e dunque ad una sola urbs contrapposta all’accordo delle altre, è stato poi applicato in modo specifico alla Urbs per antonomasia.
93 Videtur ergo, quod Papa non possit destruere statuta Concilii: qui orbis maior est urbe 93 dist. Legimus circa medium. Una requirit Papa consensum Concilii, 19 dist Anastasius . Argumentatur contra 17 dist. § Hinc etiam et Extra, de electione, Significasti , ubi dicitur quod Concilium non potest Papae legem imponere, et C. 35 q.9 Veniam . Sed intellige, quod hic dicitur, circa articulos fidei, C. 25 q.1 Sunt quidam.”.
94 Videtur ergo quod Papa tenetur requirere concilium episcoporum, quod verum est ubi de fide agitur, et tunc synodus maior est Papa, 15 dist. sicut in fi. (c. 2). Arg. ad hoc 93 dist. legimus (c. 24)”.
95 Arg. quod sententia totius ecclesiae praeferenda est Romanae si in aliquo sibi contradicat, arg. 93 dist. Legimus (c. 24). Sed contrarium credo arg. infra eadem Hæc est fides (C. 21, q. 1, c. 14), nisi erraret Romana ecclesia quod non credo posse fieri, quia Deus non permitteret, arg. infra eadem c. A recta (C. 24, q. 1, c. 9) et c. Pudenda (c. 33).
96 “Quaero de qua eccle sia intelligas quod dicitur quod non possit errare ? Si de ipso Papa qui ecclesia dicitur, supra eadem Quodcumque (c. 6), et 7 q. 1 Scire debes (c. 7). Sed certum est quod Papa errare potest, 19 dist. Anastasius (c. 9), 40 dist. Si Papa (c. 6). Respondeo, ipsa congregatio fidelium hic dicitur ecclesia ut de cons. dist. 1 Ecclesia (c. 8), et talis ecclesia non potest non esse ut infra eadem, Pudenda (c. 33). Nam ipse Dominus rogavit pro ecclesia, 21 dist. § 1 (dictum ante D. 21, c. 1) et voluntate laborum su orum non fraudabitur”.
97 Può essere utile ricordare, en passant , che Brian Tierney, nel suo noto studio sull’infallibilità pontificia, la considerava appunto come un limite alla “sovranità”. Ho i miei dubbi che possa definirsi “sovrano” il Vicario di Qualcun altro, e ovviamente aborro la sola idea che il dogma in discorso sia un’invenzione, ma al fondo del ragionamento sta comunque un’intuizione valida: ogni atto di esercizio dell’infallibilità “lega le mani” a chi verrà dopo, o piutosto rende chiari limiti che erano già lì, ma si vedevano male.
98 Sia la differenza tra Frequens ed Haec Sancta sia il persistente disaccordo sull’interpretazione di quest’ultimo sfuggono, curiosamente, a R. DE MATTEI , L’Haec Sancta, un documento conciliare che fu condannato dalla Chiesa ,in Corrispondenza Romana n. 1449, 20 luglio 2016: non solo egli riprende pari pari la Etsi non dubitemus (chiamandola peraltro Etsi dubitemus , quasi che i Papi fossero soliti iniziare le bolle solenni, per giunta in materia didottrina, ammettendo un dubbio…), come se gli ultimi decenni di studi non avessero cambiato le prospettive sule origini del conciliarismo, ma adotta un titolo che fa pensare ad una condanna formale che invece non è mai stata pronunciata , dà per certa l’approvazione pontificia Haec Sancta , a suo dire addirittura triplice, quando invece è controverso se vi sia mai stata e in che senso (cfr. al riguardo T.M. IZBICKI , Papalist Reaction to the Council of Constance: Juan de Torquemada to the Present , in Church History 1989, pagg. 7 20), e finisce poi nel controsenso di attribuirvi un valore “disciplinare e pastorale”, mentre è ovvio che l’eresia, se di essa veramente si tratta, è sempre un disvalore in tutti i sensi e in tutti gli ambiti. Una simile débâcle storica si spiega però agevolmente e per questo
merita di essere segnalata nel su o valore di monito: qui, infatti, l’illustre accademico si cala nella parte del teologo polemista e fa di tutto per trovare un esempio di Concilio legittimo ma sconfessato, meglio se dopo un tentativo di ermeneutica della continuità”, per sostenere che lo stesso potrebbe accadere con il Vaticano II. Nulla da ridire sull’obiettivo, molto sull’obiettività. Oltretutto, aveva a disposizione un esempio più che sicuro: il Decretum pro Armenis del Concilio di Firenze, dottrinale ma non definitorio, sconfessato a distanza di secoli da Pio XII quanto all’asserto che la consegna degli strumenti è materia del Sacramento dell’Ordine.
99 Quanto ai primi, cfr. l’ampia e documentata rassegna di T. SOL , op.cit ..; tra i secondi, cfr. almeno Pietro di Giovanni Olivi, le cui Qu aestiones de Romano Pontifice , via via edite in maniera frammentaria, sono state finalmente raccolte in un solo volume, con ampia presentazione del suo pensiero sul Papa: v. spec. M. BARTOLI , Olivi e il potere del Papa , in I D . (cur.), Petri Iohannis Olivi Quaestiones de Romano Pontifice , Grottaferrata 2002, pagg. 74-85 (interessante notare che, per lui, il Collegio cardinalizio ha sia il potere di accertare l’eresia del Papa sia quello di accettare la sua rinunzia e tra le due ipotesi è istituita analogia).
100 Glo. Apostolicam a dist. 63 c. 23 In Synodo : Sed numquid Papa posset ei potestatem dare, ut deponeret ipsum? Sic in haeresi, & de consensu Cardinalium: immo in omnibus se potest subiicere ei, ut C.2 q.7 Nos si incompetenter”. Non è chiaro se il consenso dei Cardinali sia un requisito aggiuntivo per il caso di eresia o un’ipotesi a sé stante.
101 Cfr. T. SOL op. cit ., pagg. 43-4.
102 Papa ergo tamquam superior omnes judicat, & ipse a nemine iudicatur. ut C.9 q.3 Aliorum . & c. seq. supra,[Extra] de etectione, Licet , in fine, & Venerabilem . Excipitur unum solum crimen, super quo Papa accusari potest, convocato forte super hoc concilio generali, ut dist. 40 Si Papa , & patet in his quae notavi supra de ofticio legati […]. Sed & Papa aliquando se submittit iudicio Imperatoris, ut C.2.q.7. Nos si incompetenter , quia quamvis minor sit est tamen receptum quod imperio minoris iudicis se submittere possit. possit.”; Ipsemet etiam se deponit, ut dist. 21 c. 7 Nunc autem”. ENRICO DA SUSA , Summa Aurea , ad 5.1 De accusation ibus , §7, ed. Venezia 1570, ff. 379r e 84r. 103 La glossa Nullus qui nota, giustamente, che si fa un’eccezione rispetto alla regola generale di dist. 63, c. 36 Si forte , secondo cui, se nelle elezioni i voti si dividono, a giudizio del Metropolita deve prev alere chi sia più desiderato e più meritevole; ma lì la divisione è fisiologica e proviene da bonus zelus , qui da malus zelus .
104 Glo. Contra fas a dist. 79 c. 8 Si duo forte contra fas : Et ideo neuter obtinet, ut Extra de electione Consideravimus , nec privantur Cardinales hoc casu potestate eligendi, contra id, Extra de electione, Cum in cunctis . Sed quis erit iudex de hoc, an electio sit contra fas? Non ipsi Cardinales: quia si sic, essent iudices in proprio. Nam nullus superior potest inveniri, ut Ext ra de electione, Licet , in fine. Dic istud canon locum habere quando neuter est electus a duabus partibus. Vel dic quod Concilium convocabitur.
105 Queste considerazioni diverranno cruciali al tempo del Grande Scisma: si dirà, anche se i Cardinali avevano sulle prime pensato di trovarsi dinanzi ad un caso di nullità dell’elezione per timore grave, nondimeno avrebbero dovuto considerare di essere parte in causa, appunto perché si dicevano vittime di vis et metus , e in più potevano dirsi testimoni per quanto riguardava il comportamento dei colleghi. E dunque il giudizio sui contendentes de Papatu spetta al Concilio. Di fatto Costanza, pur non avendo deciso chi fosse stato Papa nel frattempo, ha applicato il Si duo forte contra fas, vietando di rieleggere uno dei tre contendenti.
Fonte Immagine: wikipedia (pubblico dominio con modifiche)
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