Come meditazione natalizia offriamo al lettore il celeberrimo passo del primo Sermo de Nativitate pronunciato da san Leone Magno e ancora oggi cantato dalla Chiesa Romana nelle lezioni del Mattutino di Natale. A questo capitale testo patristico e pontificio è legata una particolare cerimonia della Cappella Papale della Notte di Natale, caratterizzata dalla benedizione dello stocco e del berrettone. Infatti la la parte «In questo conflitto etc.» era cantanta «dal nobile che aveva ricevuto il berrettone e lo stocco, se era presente. Egli era preceduto dal Chierico di Camera con le insegne benedette (che stavano posate sull’altare). Il nobile indossava la cotta, il piviale sulla spalla, cingeva la spada e indossava il berrettone. Toltosi il cappello e fatta vibrare virilmente la spada, chiedeva genuflesso la benedizione al Papa e poi cantava la lezione al leggio nel mezzo del coro. Alla fine, si recava a baciare i piedi del Papa» (don M. Tranquillo, La notte di Natale alla Corte pontificia).
O dilettissimi, è nato il nostro Salvatore esultiamo. Poiché non può esser luogo a tristezza allorché nasce la vita: la quale, dissipando il timore della morte, ci riempie di gioia per la promessa dell’eternità. Nessuno è escluso di partecipare a tanta allegrezza. Tutti hanno lo stesso motivo di letizia: perché nostro Signore, distruttore del peccato e della morte, siccome non trovò nessuno libero da reato, così è venuto per liberar tutti. Esulti il giusto, perché è vicino alla palma: gioisca il peccatore, perché è invitato al perdono: prenda animo il Gentile, perché è chiamato alla vita. Infatti il Figlio di Dio nella pienezza dei tempi fissata dalla imperscrutabile profondità del divino consiglio, assunse la natura umana per riconciliarla col suo autore, affinché l’inventore della morte, il diavolo, fosse vinto con quella stessa natura onde aveva vinto.
In questo conflitto impegnatosi per noi, si combatté con grande e ammirabile lealtà, poiché l’onnipotente Signore combatté contro il crudelissimo nemico non nella sua maestà, ma nella nostra infermità: opponendogli la stessa forma e la stessa natura soggetta sì, alla nostra mortalità, ma scevra d’ogni peccato. Giacché è alieno da questa natività ciò che si legge di tutti gli uomini: «Nessuno è senza macchia, neppure il bambino, la cui vita sulla terra è appena di un giorno» (Job. 14,4). Nulla dunque della concupiscenza della carne entrò in questa natura singolare, niente ci s’infiltrò della legge del peccato. Viene scelta una Vergine regale, della stirpe di David, la quale dovendo portare nel seno il sacro rampollo, prima che corporalmente concepisse l’Uomo-Dio spiritualmente. E affinché, ignara del disegno celeste, non si spaventasse a sì inusitato annunzio, apprende mediante colloquio angelico quel che lo Spirito Santo doveva operare in lei: così ella che presto diverrà Madre di Dio, non teme più alcun danno per il suo pudore.
Rendiamo dunque grazia, o dilettissimi, a Dio Padre per il suo Figlio, nello Spirito Santo: poiché «per l’infinita sua carità onde ci amò, ebbe pietà di noi» (Ephes. 2,4); e «mentre eravamo morti per i peccati, ci ha reso la vita in Cristo» (Coloss. 3,9), perché noi fossimo in lui nuova creatura e nuova opera. «Deponiamo dunque l’uomo vecchio colle sue azioni» (Coloss. 3,9); e fatti partecipi della nascita di Cristo, rinunziamo alle opere della carne. Riconosci, o Cristiano, la tua dignità: e, «divenuto partecipe della divina natura» (2 Petri 1,4), non volere con una indegna condotta ritornare all’antica abbiezione. Ricorda di qual capo e di qual corpo sei membro. Rifletti, che «strappato alla potestà delle tenebre» (Coloss. 1,13), sei stato trasferito nella luce e nel regno di Dio.
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