di Luca Fumagalli

Hilaire Belloc (1870-1953), giornalista e scrittore, è stato uno dei più importanti apologeti del cattolicesimo in terra inglese nel periodo compreso tra le due guerre mondiali. Con G. K. Chesterton, amico di una vita, condivise il gusto per l’anticonformismo e il desiderio di fare della cultura uno strumento a sostegno della verità di Cristo e della Sua Chiesa, mentre sul scivoloso terreno politico si spese lungamente per sostenere i diritti degli ultimi e degli oppressi, giungendo addirittura a farsi eleggere in parlamento. A lui si deve inoltre la prima teorizzazione del cosiddetto distributismo, un movimento che predicava una via economica alternativa al capitalismo e al comunismo sulla scorta della dottrina sociale della Chiesa.

Anche grazie alle sue opere di taglio storico, Belloc finì per esercitare un certo ascendente sulle future generazioni di cattolici inglesi più vicini a una mentalità “conservatrice”, nemici della degenerazione spirituale e morale della modernità.

Buona parte della sua vis polemica gli derivò degli insegnamenti del cardinale Henry Edward Manning (1808-1892), colui che aveva convinto sua madre, Bessie Parkes, a farsi cattolica prima del matrimonio. Manning, arcivescovo di Westminster e sostenitore delle posizioni infallibiliste durante il Concilio Vaticano I, si distinse sul piano sociale per la difesa delle classi più deboli, ed è in questa commistione tra tradizionalismo teologico e radicalismo politico che va cercato il primo elemento di contatto tra i due, il principale motivo per cui Belloc, allora un giovane studente la cui visione del mondo era radicata nella filosofia cristiana e nei principi repubblicani della rivoluzione francese, aveva intravisto nel cardinale uno spirito affine.

L’attività pastorale di Manning andò a ispirare pure l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII (1891), un documento che il Belloc maturo, quello della lotta alla partitocrazia e del distributismo, sventolò come un vessillo di battaglia.      

Tuttavia la lezione più importante che quest’ultimo apprese da Manning – da lui definito «il più grande inglese del nostro tempo», le parole del quale furono per la sua vita come un «faro» – fu senza ombra di dubbio che «ogni conflitto umano è ultimamente teologico» (e non può essere altrimenti dato che le persone vivono sempre e comunque in funzione di una religione, qualunque essa sia, comprese quelle ben poco spirituali del denaro e del successo).

Una curiosità finale: il medesimo aforisma di Manning che piacque tanto a Belloc torna nuovamente, sebbene con formula lievemente modificata, nel finale della trilogia di romanzi La spada dell’onore di Evelyn Waugh, quando il protagonista, il soldato Guy Crouchback, accetta di allevare come se fosse suo il figlio che la moglie ha avuto da un altro uomo. Meditando sulle ragioni che lo hanno convinto a compiere il primo gesto puramente altruistico della sua vita, Guy ricorda che una volta qualcuno aveva detto che «tutte le differenze sono differenze teologiche».



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